Ritmi latino-americani, nostalgia, radici e nuove linfe coreutico-musicali dal Brasile. A tracciarne i percorsi tra culture, geografia e storia è il nuovo volume di Gildo De Stefano (nelle foto), critico musicale e giornalista napoletano classe 1953, jazzofilo militante in prima linea, “Premio Nazionale di Giornalismo" nel 1993, direttore artistico del Festival Italiano di Ragtime, attento studioso dell’universo musicale, con particolare predilezione per quello nero-americano, attivo sul duplice fronte delle trasmissioni radiofoniche sul jazz con collaborazioni Rai al via dal 1985 e il costante impegno giornalistico su testate sia italiane che straniere.
"Saudade Bossa Nova. Musiche, contaminazioni e ritmi del Brasile": duecentosessantaquattro pagine più illustrazioni edite da LoGisma, con prefazione di Chico Buarque de Hollanda, emblema della musica brasiliana, e postfazione del giornalista Gianni Minà. Volume che va ad aggiungersi, per la Collana "Civiltà musicale", ad una già cospicua produzione critico-letteraria sul genere di cui si ricordano II canto nero (1982), Storia del ragtime (1984), Trecento anni di jazz (1986), Jazz moderno (1990), Vesuwiev Jazz (1999) oltre alle monografie su Frank Sinatra (1991), Vinicio Capossela (1993), Francesco Guccini (1993), Louis Armstrong (1997). A presentare l'opera è stato lo stesso autore, giovedì scorso nella Casina Pompeiana della Villa Comunale, a Napoli, accanto ai giornalisti Stefano De Stefano e Antonio Filippetti. A cornice dell'evento, l'ascolto di famose canzoni brasiliane eseguite alla chitarra da Paolo Palopoli con la voce di Valentina Ranalli.
«L’identità creativa del Brasile, la sua originalità rispetto alla tradizione artistica ed estetica europea, il suo essere altro sito. È quanto l’opera - spiega Gildo De Stefano - intende offrire entro un quadro completo e articolato dei suoni e delle danze tradizionali di quella terra. È un libro che vuole essere anche una storia degli usi e costumi del popolo brasiliano attraverso la loro musica, nonostante l’ambizione di coprire un arco di tempo così lungo». Il saggio arriva infatti fino al Brasile del neo-presidente Lula, ad ogni modo senza preconcetti e deviazioni accademiche, in assoluta normalità. «A cominciare dalle tradizioni musicali degli indigeni e dei salmi, i canti di origine Bantù, l’evoluzione del samba - prosegue De Stefano - fino alle contaminazioni moderne sia della bossa nova che del jazz-brasiliano di João Donato e ultramoderne del rock dei Sepultura, forte richiamo delle masse giovanili dell’ultima generazione, passando attraverso la rivoluzione generazionale dei tropicalisti per approdare al soave lirismo di Vinícius. I protagonisti sono di tutte le generazioni, da Carmen Miranda a Elis Regina, Jobim e Gilberto, Chico Buarque de Hollanda e Toquinho, i germani Veloso e Bethãnia, e gli altri che hanno, paradossalmente, cantato un Paese che è insieme immensa tragedia e immensa commedia».
Storia variegata e complessa, quella della mùsica popular brasileira fra contaminazioni di etnie diverse, ma che tuttavia da anni, attraverso le ricerche e gli studi di Gildo De Stefano, trova un'aggiornata prospettiva di studio e di ricostruzione dei fatti come delle delle storie, quindi una nuova interpretazione degli stili e delle vicende umane scavando in terreni diversi per rintracciare elementi tali da poter imporre una nuova visione d'insieme, oltre i vecchi steccati, a una materia dalle caratteristiche e dagli esiti molteplici.
SCARICA PDF