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  • Paola De Simone

Successo al Circolo Canottieri di Napoli per i tanti colori sul Novecento musicale del vecchio e nuovo mondo narrati in duo dal clarinettista Giambattista Ciliberti e dal pianista Piero Rotolo nell'ambito dei Concerti targati Fondazione Franco Michele Napolitano



Un Novecento musicale prismatico, dagli stili e dalle suggestioni molteplici, osservato e restituito in circa settanta, serrati minuti di concerto evidenziandone con puntualità e non comune bellezza di suono l’invenzione mirabile e le radici fra vecchio e nuovo mondo, fra le tante disparità di tecnica, forma, temi e linguaggi, con eventuali e relativi innesti nel classico di materiali d’avanguardia, del blues afroamericano, del tango nuevo argentino o creati per il cinema in primis italiano firmato Fellini.

A proporlo, nell’ambito della Stagione di Concerti di quest’anno organizzata al Circolo Canottieri di Napoli dalla Fondazione Franco Michele Napolitano per la direzione artistica della pianista Maria Sbeglia, un ben rodato – quanto particolarmente apprezzato nell’occasione – duo da camera del nostro Sud, fondato e formato a Bari dal clarinettista Giambattista Ciliberti e dal pianista Piero Rotolo, entrambi pugliesi.

Nelle premesse, la costruzione di un programma-itinerario dal titolo "I colori del Novecento" già di per sé felice nel sapiente accostamento di pagine celeberrime a brani più desueti ma emblematici del primo e pieno Ventesimo secolo britannico, pensato a specchio e a confronto fra quattro diversi angoli del globo puntando a una modernità di scrittura tanto d’impatto quanto di assoluta fruibilità. Il tutto, spiegandone inoltre agli ascoltatori con efficacia di sintesi di volta in volta contesto e dettagli grazie alle note introduttive illustrate a braccio dal pianista in campo.

Negli esiti meritatamente applauditi, un percorso interpretativo ad alta densità tecnico-espressiva e al contempo d'impegno funambolico per metrica, articolazione e tornitura di cifra al salto di ogni stile.

Si inizia con le fluide e luminose sonorità della Première Rhapsodie di Debussy che, nata fra il 1909 e il 1910 come pezzo a prima vista per il concorso di clarinetto al Conservatorio di Parigi, vede svettare sul motore degli arabeschi pianistici un’intera gamma di risorse clarinettistiche, da Giambattista Ciliberti saldamente governate e valorizzate al meglio ricorrendo ad attacchi del suono sempre molto morbidi, di sensibilità raffinata, per poi caricare in pentagramma accenti incisivi, volute ampie ed intense, repentini passaggi di registro, lucenti squilli all’acuto, trilli impeccabili. Su analogo filo formale ma cambiando continente, la Rhapsody in Blue di George Gershwin nel 1924 esordiente nel mondo jazz di Paul Whiteman porta gli interpreti a puntare, in tutt’altro registro, sugli scarti dinamici, sui metri veloci, sulle toccanti inflessioni del blues. Il pubblico s’infiamma e risponde con ampi consensi a chiusura di pagina. Non meno accattivante è la Rotazione su musiche da film di Nino Rota nella rielaborazione di Roberto Cognazzo, una sorta di mash up o girotondo semiserio di spunti tratti dalle amatissime musiche per film del compositore milanese nonché pugliese d’adozione, da Fellini (La strada, Amarcord, Otto e mezzo) a Ford Coppola (Il padrino), toccando a mosaico e in non facile metamorfosi nuances, accenti, respiri e tasselli di ogni genere, ora nostalgici e seri, ora bandistici, satirici o circensi.

Ulteriore giro di vite, infine, con i tre autori posti in chiusura: avvolgente e struggente nella dolcezza delle variazioni al tema è l’Astor Piazzolla di Invierno Porteño, da Las cuatro Estaciones porteñas, scattante nell’Allegro d’apertura, ben timbrato nell’intenso Andantino e acuminatissimo nel virtuosismo percussivo del furioso finale è l’inglese Malcom Arnold della Sonatina op. 29, una caleidoscopica vertigine di ritmi, accenti sincopati e colori è impressa al termine dal duo Ciliberti-Rotolo al gallese Alec Templeton nei tre tempi (Improvisation, Modal Blues, In Rhythm) della Poket Size Sonata. Pieni consensi in coda e ancora Piazzolla, a ripagare fuori programma i tanti applausi ricevuti, con un’Ave Maria dolcissima e d’incanto.

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