La grande musica sacra della Napoli barocca con l'Ensemble Orfeo Futuro alla Pietà de’ Turchini
Primo piano sulla Napoli musicale barocca con il nuovo appuntamento in stagione per la Fondazione Pietà de’ Turchini, oggi sabato 2 aprile (ore 19) nella Chiesa di Santa Caterina da Siena con il concerto “A due canti soli e basso”. L'importante capitolo è proposto dall’ensemble Orfeo Futuro, formato da Carmela Osato (soprano), Antonia Salzano (contralto), Gioacchino De Padova (viola da gamba), Pierfrancesco Borrelli all'organo e concertazione. In programma, musiche di Gaetano Veneziano (1665-1716), Antonio Nola (1642-1701?), Alessandro Scarlatti (1660-1725), Nicola Fago (1677-1745), Leonardo Leo (1694-1744), Domenico Scarlatti (1685-1757).
Vale a dire, una sorta di sintesi parziale ma ideale per seguire alcuni tasselli di quello spaccato un tempo vivacissimo e glorioso. La molteplicità di chiese, monasteri, confraternite e congreghe, oratori, collegi e cappelle fra calate, vicoli e piazze nella Napoli barocca ha restituito e continua ulteriormente a svelare infatti, grazie agli esiti di ricerca più recenti, una sorprendente mappa delle attività musicali di genere sacro, opulenta quanto diversificata e frastagliatissima per tecnica e stile, ben oltre le pur tanto rinomate opere acclamate sui palcoscenici teatrali. Un’offerta musicale che tocca in pari misura gli ambiti produttivo, di formazione e della fruizione pratica, foraggiati da blasonati mecenati unitamente ai proventi derivati dai vari arrendamenti dei beni di prima o secondaria necessità, come i generi alimentari o le sete di Calabria. Un circuito professionale e d’impiego vivacissimo, inoltre, gerarchicamente e sindacalmente organizzato (pensiamo alla Congrega dei musici di Santa Cecilia), guidato in ciascun luogo da un diverso maestro di cappella che al gruppo più o meno ampio di musici, tra voci acute evirate e gravi, qualche violino e strumenti per il basso continuo, distribuiva mensilmente le relative spettanze in ducati, tarì e grana.
Il quadro impressionante del fenomeno, ben riconoscibile in un’infinità di tracce documentali e di partiture composte per l’occasione e riprodotte a mano in gran copia, riguardano le occorrenze religiose in calendario del cerimoniale di corte e le messe quotidiane nei diversi angoli della città e della provincia. Nelle grandi come nelle piccole realtà. Ossia, la Real Cappella e la Cappella del Tesoro di San Gennaro nel Duomo, l’Oratorio dei Gerolamini, Santa Chiara, Santa Maria del Carmine Maggiore con il Cristo ligneo miracoloso, San Luigi di Palazzo, San Domenico Maggiore e, con pari ritmi e dignità, i piccoli gruppi di cantanti e strumentisti attivi ad esempio per il complesso francescano di Santa Maria la Nova, in Santa Maria della Anime del Purgatorio ad Arco, i maestri di musica alla guida delle attività corali delle monache nei diversi conventi o degli organici più ampi, chiamati a raccolta e a cadenza costante per le feste e paranze liturgiche, in luoghi interni ma spesso anche esterni, fissi o itineranti. In aggiunta, parimenti votati al sacro e in funzione centrale, c’erano gli indirizzi di studio e i servizi prestati letteralmente ovunque e con regolare retribuzione dai figlioli dei quattro Conservatori di Napoli, come attestano le notizie dai libri d’introito e d’esito che vedono ad esempio l’alunno Pergolesi, detto Iesi dal paese d’origine, pagato nel settembre 1729 dai governatori del Conservatorio dei Poveri di Gesù Cristo per essersi recato con il compagno Salino voce di basso “per la musica di Castellamare per terra con somari”, o degli angiolilli bardati con parrucche e abiti di raso chiaro o nero per cantare alle funzioni, liete o funebri secondo richiesta.
Ciò per dire che il repertorio musicale sacro di Scuola napoletana, ampiamente rintracciato e ricostruito su carta nelle attività teoriche, tecnico-stilistiche e pratiche, merita oggi uno spazio e un rilievo assoluto anche sul piano della promozione culturale ed esecutiva. Ossia, non inferiore a quella che fu la sua massima portata in termini di quantità e qualità fra il Sei e il Settecento, stando alla fama riconosciuta all’epoca ai suoi maestri e alla conseguente diaspora dei suoi manoscritti musicali nei fondi di buona parte del mondo. Le forme erano quelle di rito: messe, pastorali o per i morti, Te Deum, Miserere, inni, mottetti per feste religiose o per monacazioni, all’aperto o sui carri, oratori e dialoghi, drammi sacri e cantate, salmi, sequenze, antifone. I compositori, spesso in asse generazionale tra padri, figli e nipoti d’arte, presentano varia provenienza ed estrazione, spesso operisti, insegnanti o allievi, per lo più maestri di cappella, strumentisti e organisti in primis.
Il primo fra i nomi in rassegna è quello di Gaetano Veneziano, compositore e organista di origini pugliesi, allievo e a sua volta maestro al Conservatorio di Santa Maria di Loreto, dal 1679 organista e dal 1704 direttore della Real Cappella durante la temporanea assenza di Alessandro Scarlatti. Quindi, a seguire, maestro di cappella in diverse chiese della città, come il Carmine Maggiore, Santa Chiara, dello Spirito Santo. Dai circa ottanta suoi lavori lasciati nel genere sacro qui si eseguono il salmo Adjuva nos Deus per voce di contralto e basso continuo, pagina intensa e d’ampio respiro con lievi increspature puntate, in tempo di Adagio, e Aspice cor meum, mottetto omni tempores per soprano e continuo, maggiormente fiorito nella linea canora.
Il meno noto fra tutti, anche per la scarsità delle notizie biografiche, è senz’altro Antonio Nola, napoletano e a dieci anni entrato al Conservatorio della Pietà de’ Turchini, all’epoca diretto da Giovanni Salvatore, maestro insigne per abilità organistica paragonato al Frescobaldi. Concluso nel 1670 il percorso di formazione, risulta subito attivo in qualità di organista presso la Cattedrale della sua città e, in parallelo, presso il vicino Oratorio filippino dei Gerolamini che, a tutt’oggi, conserva tutte le sue musiche, circa 150 lavori compresi entro il range cronologico 1669-1713, termine quest’ultimo che lascerebbe ipotizzare il decesso intorno a quell’anno. Se ne ascolta il mottetto per omni tempores “Cognoscam te domine”, per soprano, alto e continuo, un esemplare che unisce all’alta scuola contrappuntistica frequenti vocalizzi di particolare ampiezza e impegno. Viceversa, il più noto anche per essere stato a lungo considerato il capostipite della cosiddetta Scuola musicale napoletana ponendo in ombra lo scettro spettante piuttosto a Francesco Durante, è il siciliano Alessandro Scarlatti, qui autore sia di un cammeo strumentale, la Sonata I per viola da gamba e basso, sia di un’aria tratta dall’Oratorio biblico Il Sedecia, re di Gerusalemme per soli, coro e orchestra, scritto su libretto di Filippo Ortensio Fabbri e probabilmente eseguito in anteprima a Roma nel contesto di committenza dell’Oratorio dei Filippini, quindi nel 1705 a Urbino. L’aria Caldo sangue, intonata nel cuore della seconda parte dal figlio del re, Ismaele (voce di soprano), è un saggio eloquente di una scrittura nata in simbiosi fra gli incarichi romani di ambito sacro e la maturazione di una vocalità di estrazione operistica maturata anche in epoca vicereale fra i palcoscenici teatrali napoletani di Corte e del San Bartolomeo.
Alla produzione di salmi con il Beatus Vir per soprano, alto e basso continuo riconduce un'altra figura di primissimo piano del Settecento napoletano: Nicola Fago, detto per le sue origini “il Tarantino”. Allievo presso la Pietà de’ Turchini del Provenzale e di Ursino, fu successore del Durante nel 1704 nel ruolo di maestro di cappella al Conservatorio di Sant’Onofrio, nel 1705 in quello de’ Turchini e, dal 1709 al 1731, del Tesoro di San Gennaro in Cattedrale, cedendo a seguire l’incarico al figlio per svolgere pari impegno, dal 1736, a San Giacomo degli Spagnoli. Dalla sua scuola uscì il fior fiore dei musicisti: Leonardo Leo, Francesco Feo, Nicolò Jommelli, Nicola Sala, Francesco De Majo e anche il meno celebre figlio Lorenzo.
Fra gli allievi di Fago di prima generazione svetta in particolare Leonardo Leo, compositore magnifico nato a San Vito degli Schiavi, oggi dei Normanni e dunque anch’egli pugliese, formatosi alla Pietà de’ Turchini fra il 1709 e il 1713 in clavicembalo, violoncello, contrappunto e canto. L’esordio avviene praticamente subito, nel 1712, con il dramma appunto di genere sacro L’infedeltà abbattuta, il cui successo lo porta ad assumere l’anno a seguire l’incarico di organista aggiunto della Real Cappella, divenendovi primo organista alla morte di Alessandro Scarlatti, nel 1725. Dal 1739 è primo maestro alla Pietà, raccogliendo il testimone dal suo insegnante Fago. Fu maestro di Jommelli e di Piccinni, morì “di colpo” per attacco cardiaco – pare – mentre stava componendo la commedia per musica La finta frascatana, rifacimento di Amor vuol sofferenze su libretto dell’alquanto gettonato Gennarantonio Federico. Dal suo immenso catalogo aperto veramente ad ogni genere, fra una molteplicità di titoli per il teatro serio e comico, Serenate, Oratori e drammi sacri, musica religiosa (compresa una Cantata per il miracolo di San Gennaro a 5 voci e orchestra purtroppo perduta) e brani strumentali fra cui i bellissimi 6 Concerti per violoncello e archi, più opere didattiche, si ascolta il Gloria Gratias agimus tibi, per contralto e organo.
Infine Domenico Scarlatti, sesto figlio di Alessandro, napoletano doc, precocemente (a soli 15 anni) nominato organista e compositore della Real Cappella guidata dal padre, quindi presto divenuto celebre anche per i lavori teatrali, nel repertorio strumentale (17 Sinfonie) e vocale con 35 cantate a una voce e continuo ma, in special modo, in vetta con le fondamentali e bellissime 550 Sonate da tasto. Nel capitolo non particolarmente ampio ma assai significativo dedicato alla musica sacra (si cita almeno lo Stabat Mater a 10 voci e continuo) si citano le sue due antifone Salve Regina di cui, la seconda, in la minore per soprano, contralto e basso continuo. È una composizione di semplice eppur toccante sostanza espressiva, non databile ma, presumibilmente, scritta nel periodo giovanile e dunque in un contesto partenopeo all’incrocio e incontro, di rara sintesi, fra gli antitetici mondi del sacro e del profano teatrale.
«Da Gaetano Veneziano ad Alessandro e Domenico Scarlatti - sottolinea Federica Castaldo, Direttore Artistico della Fondazione Pietà de’ Turchini – i musicisti dell’ensemble Orfeo Futuro offrono al pubblico napoletano una preziosa occasione di ascolto. Particolarmente significativo è l’inserimento in repertorio di due mottetti di rarissima esecuzione, “Cognoscam te domine” e “Aspice cor meum”, entrambi del compositore napoletano Antonio Nola (allievo di Giovanni Salvatore al Conservatorio della Pietà de’ Turchini), che ben rappresentano il repertorio sacro praticato a Napoli sul finire del XVII secolo, modello e fonte d’ispirazione per tanti compositori della generazione successiva».
L’incasso del concerto sosterrà le attività di Save the Children-Ukraine.
Biglietto di posto unico euro 7. Prenotazione obbligatoria per email a coordinamento@turchini.it . Necessario Green Pass Rafforzato e l’uso della mascherina FFP2.
Info: www.turchini.it
Orfeo Futuro
ensemble di strumenti storici
Carmela Osato, soprano
Antonia Salzano, alto
Gioacchino De Padova, viola da gamba
Pierfrancesco Borrelli, organo e concertazione
A due canti soli e basso
Musica Sacra a Napoli tra '600 e '700
musiche di A. Nola, G. Veneziano, A. Scarlatti, N. Fago, L. Leo, D. Scarlatti
Programma
Gaetano Veneziano (1665-1716)
Adjuva nos Deus per alto e b.c.
Antonio Nola (1642-1701?)
Cognoscam te domine, mottetto omni tempores per soprano, alto e b.c.
Alessandro Scarlatti (1660-1725)
Sonata I per cello (viola da gamba) e basso
(largo, allegro, largo, a tempo giusto)
Alessandro Scarlatti (1660-1725)
Caldo sangue, aria di Ismaele dall'Oratorio Il Sedecia, re di Gerusalemme
Nicola Fago (1677-1745)
Beatus Vir, Salmo 111 per soprano, alto e b.c.
Antonio Nola (1642-1701?)
Aspice cor meum, mottetto omni tempores per soprano e b.c.
Leonardo Leo (1694-1744)
Gratias agimus tibi, per contralto e organo
Domenico Scarlatti (1685-1757)
Salve Regina per soprano, alto e b.c.
(I. Salve regina; II. Ad te clamamus; III. Eja ergo; IV Et jesum; V. O clemens)
Comments