Don Quijote da scintille al Teatro San Carlo con la super coppia formata dalla Kitri accattivante di Maria Kochetkova e dal Basilio acrobatico di Daniil Simkin. Intorno una Compagnia di Balletto della Fondazione che, sotto la guida del Direttore-étoile Giuseppe Picone, si attesta compagine artistica in vetta per qualità tecnica e carica espressiva
Balletto con lode, al Teatro San Carlo che, a un passo dalla chiusura governativa per l'emergenza sanitaria "coronavirus" attualmente in corso, ha visto brillare e a giusto merito fra i caldissimi applausi di un pubblico numeroso - con qualche mascherina in sala ma finalmente senza neanche un colpo tosse - un Don Quijote da scintille, dunque consegnando in locandina il primo, vero successo della stagione centrando ruoli, produzione e una danza spettacolare scolpita a meraviglia da tutti gli interpreti in scena, fra virtuosismi di fuoco, arte e folclore.
A distanza di sette anni, quando a danzarlo parimenti con le bellissime scene dipinte di Viaĉeslav Okunev furono altri due ospiti di prima grandezza, la Zakharova per una perfetta ma algida Kitri e il sempre apprezzato Lobukhin per Basilio, il balletto in tre atti ispirato all'archetipo del romanzo moderno firmato all'alba del Seicento da Cervantes sulle accattivanti musiche di Ludwig Minkus, è dunque tornato nell'allestimento del Teatro Statale d’Opera e Balletto di Tbilisi (nelle foto di Francesco Squeglia) ma con diversi esiti espressivi avendo unito alle vette strabilianti dei solisti e relative tecniche della variazione una non meno lodevole carica di preparazione e entusiasmo dell'intera Compagnia mirabilmente curata e diretta da Giuseppe Picone. Il tutto, ancora una volta per la coreografia del russo Aleksej Fadeečev ripresa dalla seconda versione che Marius Petipa creò nel 1871 per Pietroburgo, a seguire rimodulata nel 1900 da Gorsky e nel 1940 da Zakharov per il Bol'šoj di Mosca con la memorabile Kitri di Maja Plisetskaja dai formidabili jetés à la russe.
Negli esiti dunque, così come chiarissimo già al termine del solo primo Atto goduto tutto d'un fiato, una marcia in più e a vari livelli. Ossia non solo in virtù della folgorante prestazione delle stelle esterne ma, anche, per lo spirito divertente e divertito di una resa complessiva perfettamente in linea con quell'esplosione di ritmo, colore e folclore svelata in esordio all'improvviso, uscendo dal buio con uno sferzante colpo di luce fin troppo brusco e, comunque, assai efficace, quasi come il repentino levarsi di un sipario.
Sullo sfondo di luoghi scenici di raro incanto - il porto di Barcellona, la taverna con i tavoli all'esterno fra i grandi archi in pietra e lo scorcio notturno del borgo castigliano, l'accampamento gitano con il teatrino e i mulini a vento, l'onirico giardino di Dulcinea popolato per l'atto bianco dalle Driadi e il ritorno in piazza per la festa finale - tutti i solisti in campo hanno danzato al meglio sfoderando energia e scatti ritmici vivi, precisione delle linee e delle simmetrie in assieme, freschezza dei salti e un'assai plastica tornitura delle danze di carattere.
Un portato artistico diciamo pure speciale e ben intuibile sin dal principio, con l'ottima prova disegnata dalle due amiche interpretate in coppia da Sara Sancamillo - artista di grande serietà tecnica e rara grazia stilistica, così come confermato ad esempio dalla sua magnifica Clara nello Schiaccianoci versione Picone, lo scorso Natale - e da Candida Sorrentino: brave e veloci entrambe nel serrato equilibrio fra piglio accademico e gestualità di carattere. In via analoga bello e prestante si è rivelato - peccato solo per una chiusa poco felice - l'Espada del notevolissimo Ertugrel Gjoni e, ancora, di grande eleganza la Lucia di Luisa Ieluzzi e la Regina delle Driadi di Anna Chiara Amirante, entrambe fisicamente incantevoli e dalle linee impeccabili pur se, nell'occasione, visibilmente più tese rispetto al solito.
Ottimamente ritagliati in bilico fra cavalleria e picaresco, realtà grottesca e fantasia impolverata, quindi, il Don Chisciotte di Marcello Pepe e il Sancho Panza di Marco Spizzica, nonché esilarante il Gamache in caricatura di Gianluca Nunziata, giocato al top pizzicando la sua chitarra spagnola in vero capolavoro geometrico-ritmico a tre parti durante i vertiginosi giri di Kitri con gamba in flex dinanzi allo sbandieramento dei mantelli dei toreri nella sua brillante Variazione interna all'Atto I. Completavano il cast sancarliano Massimo Sorrentino (nel ruolo di Lorenzo, il padre di Kitri), Ottavia Cocozza di Montanara (la madre), Chiara Tartaglia (Carmencita), una splendida Valentina Vitale (Mercedes), il gruppo dei toreri (Ferdinando De Riso, Giuseppe Ciccarelli, Emanuele Torre, Daniele Di Donato, Raffaele Vasto, Tommaso Palladino), le interpreti della Polka e la formazione mista per Seguidilla e Fandango, il gruppo degli zingari, le Driadi, la coppia per il Bolero (Adriana Pappalardo e Giuseppe Ciccarelli), lo zingaro barone di Douglas Zambrano.
In sintesi, una compagine artistica che ad oggi e con orgoglio si staglia in vetta e a modello esemplare fra le tre esistenti all'interno della Fondazione lirica partenopea.
Naturalmente, in primissima luce, c'erano le due meravigliose étoiles ospiti: Maria Kochetkova, stella moscovita formatasi al Bol'šoj, quindi entrata nel Royal Ballet e nell'English National Ballet di Londra per poi unirsi all'ABT e, al suo fianco, l'acrobatico astro dell'American Ballet Theatre Daniil Simkin, già applaudito nel 2016 come Alì nel Corsaro e, ora, nei panni di Basilio, lo spiantato barbiere amato dalla fanciulla promessa invece dal padre Lorenzo, oste della città, al nobile ridicolo Gamache.
(A seguire, nel video, Grand Pas di Daniil Simkin e Maria Kochetkova nel Don Quiijote in scena il 28 settembre 1018 al Palazzo del Cremlino di Mosca)
Al suo debutto nel ruolo al San Carlo, Maria Kochetkova restituisce alla première una Kitri minuta ma scaltra e peperina, di forte appeal sia sul fronte tecnico che interpretativo: furba, decisa, leggera e scattante fra passi e voli, quanto al contempo dolcemente poetica e flessuosa laddove necessario, perfetta nel garantire vivo smalto alle sue variazioni, equilibrio adamantino ai suoi giri infiniti, fermo-immagini mozzafiato per le sue pose in elevazione e un bel mix di agilità e intensità nel celebre Gran pas de deux all'Atto III.
Spettacolare e scintillante, come prevedibile, il Basilio di Daniil Simkin, classe 1987 e Principal Dancer dell'ABT: appassionato e spericolato, entra in scena dalla quinta laterale destra praticamente volando e seducendo realmente tutti con i suoi abilissimi avvitamenti in arabesque o i non meno sorprendenti salti en manège con revoltade, ossia con torsione in volo. Esilarante, poi, la scena del suo finto suicidio, stupefacente la sua maestria nel Gran pas finale.
Ne esce fuori un Basilio di eccellenza, scolpito a meraviglia da un figlio d'arte che reca in sé un prezioso concentrato di varie e assai diverse scuole (russa, europea e americana), dotato tra l'altro di un carattere vivacissimo nonché assai gettonato sui social, così come conferma la sua celebrità nel tweeting e in riprese virali che hanno fatto letteralmente il giro del mondo regalando, ad esempio in occasione del Corsaro sancarliano, un originale Mannequin Challenge sul palcoscenico - quello di Napoli - dalla storia più gloriosa che c'è (si veda sopra il video pubblicato sul suo Profilo Facebook).
Infine al vivace passo metrico, più che in sintonia nel personale impegno sui dettagli (ad esclusione della sempre mirabile arpa), l'Orchestra della Fondazione, diretta dal pur esperto e sempre assai apprezzato David Garforth.
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