- Paola De Simone
- 15 lug 2019
- Tempo di lettura: 17 min
Aggiornamento: 28 set 2020
Paolo Restani: radici, percorsi e traguardi di un eccellente pianista italiano, ultimo allievo diretto cresciuto alla Scuola napoletana di Vincenzo Vitale. Nell'intervista l'artista Steinway, protagonista di un progetto da quindici volumi per la IMD Music & Web, ricorda il suo Maestro «con la M maiuscola», indica le altre figure di riferimento, parla dell'incontro con Riccardo Muti, anticipa le sue nuove sfide discografiche


Un pianismo energico e brillante, di autenticità rara quanto di altissima scuola, saldo erede della più nobile matrice italiana accanto a una personale maturazione tecnico-espressiva di apertura e caratura internazionali, ben a segno in trentotto anni di illustre carriera concertistica fra recital, musica da camera, al fianco di alcune delle migliori orchestre sia nazionali che estere.

E diciamo pure, con orgoglio, dalle radici partenopee, nella limpida perfezione del tocco e nell'originale forza del pensiero come del suono. Perché il pianismo di Paolo Restani (nelle foto), il bellissimo talento spezzino oggi cinquantunenne che sorprese davvero tutti al suo debutto ad appena 16 anni sul palco dell’Accademia Nazionale di S. Cecilia a Roma e, a seguire nel gennaio 1988, sostituendo improvvisamente il grande Alexis Weissenberg in Sala Verdi a Milano per le Serate Musicali suonando le Variazioni su tema dell'Eroica di Beethoven e i 12 Etudes d’exécution transcendante di Liszt, ha alla base una forte componente napoletana essendo stato lui l'ultimo e più giovane allievo, qui privatamente a Napoli nella casa sul Golfo a Mergellina, del mitico Maestro Vincenzo Vitale (si veda, sotto, lo schema compilato da Massimo Fargnoli con targa Accademia Musicale Napoletana, e in basso il video in omaggio a Vitale) lungo l'asse diretto di una discendenza didattica facente capo a Brugnoli, Rossomandi, Cesi, al mitico Thalberg. E fino al più importante ramo parigino diplomandosi nel 1932 all'École Normale de Musique con Alfred Cortot.




Ebbene dopo quelle lezioni preziose, grazie a una sensibilità musicale e a una solidità tecnica senz'altro speciali, il talento ligure emergente ne avrebbe fatta tanta di strada, tenendo recital e concerti praticamente ovunque in Italia e nel mondo: Carnegie Hall di New York, Grosser Musikvereinsaal di Vienna, Konzerthaus di Berlino, Prinzregententheater di Monaco di Baviera, Rheingoldhalle di Mainz, New Congress-Hall di Innsbruck, International Performing Arts Centre di Mosca, Sala Grande della Filarmonica di San Pietroburgo, Teatro Colon e Teatro Coliseo di Buenos Aires, Londra, Bruxelles, Francoforte, Istanbul, Beirut, Santiago del Cile, Montevideo, Dubai, Kuwait City, Manama.In Italia: Milano (Teatro alla Scala, Auditorium La Verdi), Roma (Quirinale, Auditorium del Parco della Musica, Teatro dell’Opera, Auditorio di Via della Conciliazione, Teatro Sistina), Napoli (Teatro San Carlo, Teatro Augusteo, Politeama), Venezia (Teatro La Fenice), Trieste (Teatro Verdi), Verona (Arena), Bologna (Teatro Comunale), Firenze (Teatro Comunale, Teatro della Pergola), Torino (Teatro Regio, Auditorium RAI), Bari (Teatro Petruzzelli), Genova (Teatro Carlo Felice), Palermo (Politeama). E sotto la direzione di alcune delle bacchette più prestigiose quali Roberto Abbado, Gerd Albrecht, Piero Bellugi, Christian Benda, Yoram David, Vladimir Delman, Claus Peter Flor, Heiko Mathias Forster, Lu Jia, Lothar Koenigs, Gerard Korsten, Julian Kovatchev, Gustav Khun, Uroš Lajovic, Yoel Levi, John Nelson, John Neschling, Gunter Neuhold, Daniel Oren, Massimo Pradella, Donato Renzetti e, in primis, il parimenti vitaliano Riccardo Muti, che lo dirige nel Secondo Concerto di Liszt con l’Orchestra Filarmonica della Scala, nella produzione sinfonica di Lélio ou Le Retour à la vie op. 14b di Berlioz accanto a Gérard Depardieu (voce recitante) e al Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor. Immenso, inoltre, il suo repertorio, dal Barocco di Bach ai nostri giorni. La predilezione per i capolavori del Romanticismo e del Novecento storico lo porta ad affrontare l’opera omnia pianistica di Brahms, la maggior parte delle composizioni di Chopin, Debussy, Ravel, Rachmaninov, le integrali degli Studi di Chopin, Scriabin, Liszt nonché l’intera produzione per pianoforte e orchestra di Beethoven, Field, Chopin, Liszt, Čajkovskij, Saint-Saëns, Casella. E fino al minimal di Michael Nyman, per il quale ha tenuto a battesimo la prima esecuzione italiana di The Piano Concerto per pianoforte e orchestra, tratto dalla colonna sonora del film premio Oscar Lezioni di Piano di Jane Campion. Dal 2018 è Artista Steinway.
F. MENDELSSOHN: Capriccio Brillante in si minore op. 22 per pianoforte e orchestra
Paolo Restani, pianoforte
Chamber Orchestra Kremlin
Misha Rachlevsky, direttore
Moscow, International Performing Arts Centre
(live recording October 1, 2003)

Oggi Paolo Restani, protagonista di un imponente progetto discografico ad ampio raggio promosso in catalogo da Andrea Fasano sulla piattaforma discografica IMD Music & Web (al link http://imdmusic14.wixsite.com/imdmusic/paolo-restani) con attualmente sei
sui 15 volumi previsti per la collana d'archivio "Paolo Restani Collection" nonché, fra i molteplici altri impegni sia in Italia che all'estero, di nuovo ospite d'eccellenza a Napoli grazie a un recital di prossima programmazione per un'importante Associazione musicale partenopea a distanza di molti, troppi anni dalle sue interpretazioni al San Carlo (ne segnaliamo, nel novembre del '91 con Vello Pahn sul podio, un magnifico Konzert-Rondò K. 382 di Mozart e le Variazioni di Chopin sul tema mozartiano "Là ci darem la mano", mentre nella primavera del '99 suonò al Bellini in abbinamento al convegno per ricordare Vitale), ricorda così il didatta partenopeo di cui fu l'ultimo, diretto alunno: «Vincenzo Vitale? Per me, il Maestro con la M maiuscola» tiene a sottolineare subito, in apertura d'intervista.
E ne spiega i motivi: «Innanzitutto perché è stato lui a trasformare in assoluto il mio rapporto con la musica, intendendo lo strumento-pianoforte esclusivamente come un mezzo per poter esprimere il pensiero del compositore. Per quanto riguarda invece il discorso della tecnica, generalmente additata come punto di forza della sua Scuola e sulla quale si è sempre insistito tanto, ritengo vi sia stato qualche fraintendimento poiché, a prescindere dalla modalità, per lui non era che il sistema per arrivare alla musica. Ossia, nelle sue lezioni, il Maestro Vitale non si è mai naturalmente sognato di fermarsi al mero dato meccanico».
Parliamo del vostro incontro.
«L'ho conosciuto quando avevo solo 10 anni. Ero piccolino e infatti era mio padre ad accompagnarmi da La Spezia a Napoli ogni due settimane e per tre giorni a casa del Maestro a Mergellina, numero 9 se non sbaglio, dove viveva con la sorella, con me sempre affettuosissima.
Cosa ricorda di quei giorni?
«La vista sul mare sterminato del Golfo, sempre blu, o grigio a seconda del tempo. Ma, soprattutto, gli occhi chiarissimi del Maestro Vitale: profondi, espressivi, malinconici. Aveva una visione sostanzialmente pessimistica verso il mondo, irrisolta, tanto che aveva più paura lui di noi quando eravamo in palcoscenico a giocare, dunque divertiti in realtà, con la musica. E ancora oggi ne ricordo quell'ultimo sguardo, all'ultima mia lezione, come se avesse saputo che non ci saremmo mai più rivisti, pur godendo di ottima salute. Sarebbe morto infatti all'improvviso, nell'estate 1984».
Cosa rammenta, ancora, di Napoli?
«Pur essendo ligure, era la mia città. Lo amata dal primo giorno in cui l'ho vista, prima ancora di conoscere il Maestro. Ne ho adorato da subito la vitalità, l'imbroglio, l'intelligenza, il casino, la cultura, la storia. E, ancora, le parti più oscure che chi non è napoletano non può capire, la curiosità di questa confusione. E poi c'è una ragione forte: Napoli è sempre stata, per generazioni e generazioni, un punto di riferimento storico e culturale. È come una vertigine di simpatia, di sensazioni, divertente e inquietante al contempo, brutta e meravigliosa. Una città di cui, una volta conosciuta, non si può più fare a meno, affascinante in ogni angolo. Da ragazzino, ogni volta che mi era possibile, correvo ad esempio al chiostro di Santa Chiara, un luogo veramente magico».
Fino a quando ha seguito privatamente le sue lezioni?
«Con lui ho continuato a studiare fino alle soglie dei miei 17 anni, dunque fino a pochi giorni dalla sua morte. In realtà, per quanto fossi così giovane, avevo già maturato una forte predisposizione per quella fisicità nel rapporto pianistico che a lui era particolarmente congeniale. Quindi, di tecnica, abbiamo sempre parlato ben poco. Quello di cui abbiamo sempre parlato, invece, era il rispetto per la pagina musicale. È un discorso complesso, che parte dall'ispirazione dell'autore e dalla sua necessità di scrivere, per poi passare nelle mani dell'interprete, cui va il compito di farsi carico di quel pensiero, di quell'urgenza di scrittura e di significati, per poi renderlo trasferibile al pubblico attraverso i suoni. È stato un percorso che mi ha senz'altro scioccato. Non mi aspettavo esistesse un legame così forte fra il pensiero dell'interprete e la spiritualità dell'autore. Da lì compresi quanto le note non siano che un medium per arrivare a un certo stato emotivo, poi da trasmettere. Ciascuno di noi, e non parlo solo dei pianisti ma di qualunque artista su un palcoscenico, deve riuscire ad assorbire l'entità di un mood interpretativo relativo in via differente a ciascun autore, stile e brano, filtrandolo poi con la propria personalità, ma pur sempre nel rispetto delle intenzioni che vi sono a monte. Conoscendo e lavorando con altri suoi allievi come Riccardo Muti, mi sono poi reso conto che, in ciascuno di noi, il Maestro aveva lasciato l'impronta di questa onestà musicale, riuscendo a farci leggere anche ciò che non è scritto. Il segreto? Per dare senso ad ogni frase musicale, c'è sempre bisogno di un bagaglio culturale forte. Ed ecco il suo: non solo un musicista, ma un uomo di cultura, eccezionale. Questo è stato il Maestro Vitale, colui con il quale si è chiusa la gloriosa Scuola pianistica napoletana. Una scuola che oggi, di fatto, non esiste più. Mi mancherà per sempre».
Accademia Musicale Napoletana
Programma televisivo di e con Massimo Fargnoli e la partecipazione di Luis Bacalov, Stefano Bollani, Carlo Bruno, Bruno Canino, Carlo Fontana, Francesco Micheli, Piero Rattalino e Paolo Restani.
Gennaio 2009 (Video Pubblicato su YouTube il 17 febbraio 2018)
Cosa conosce del suo confronto a Parigi con il leggendario Alfred Cortot?
«Mi piace immaginare lo stato emotivo del Maestro, trovandosi in un mondo che senz'altro lo affascinava, ma troppo diverso dal suo e che, difatti, non amava perché specularmente opposto. Vitale aveva una visione della Musica, dell'arte e forse della cultura in genere, diciamo neoclassica. Cortot invece era un iper-romantico. Rappresentavano, in pratica, due modi completamente differenti di approcciarsi al pianoforte. Prendendo il Träumerei (Sogno) di Schumann, ad esempio, nelle interpretazioni di Cortot veniva prima Cortot e poi Schumann. L'esatto opposto accadeva in Vitale che, sappiamo, non ha mai amato il rivale francese pur avendo studiato con lui. E in fondo lo capisco perché, pur adorando alla follia la libertà di fraseggio che si riscontra sia in Cortot come in Horowitz, ritengo fondamentale la priorità di quanto dettato dal compositore.
Forse potrebbe essere anche un po' un limite e infatti, nel mio piccolo, cerco di lavorare chirurgicamente su un brano per poi quasi mai suonare come avrei pensato dinanzi al pubblico. E mi capita pure di dire sul momento, in concerto, fra me e me: "Però, che bella idea! Questa me la tengo". Sono cose che si avvertono all'istante ed è giusto seguirle, altrimenti l'esecuzione resterebbe troppo fredda. Non sono un pianista jazz e mai potrei esserlo, ma l'intensità di un simile fenomeno credo sia paragonabile alle improvvisazioni delle jam session».
PAOLO RESTANI PLAYS LISZT - Rhapsodie espagnole S. 254
Quali le altre figure di riferimento per il suo cammino artistico?
«Il mio percorso pianistico è continuato con Gerhard Oppitz, erede dell’arte interpretativa del grande Wilhelm Kempff, all’Hochschule für Musik und Theater di Monaco di Baviera e, a seguire, con Peter Lang, al Mozarteum di Salisburgo. Con il primo, rispetto all'esperienza napoletana, tutt'altro genere di situazione. Oppitz mi ha spinto infatti ad ampliare il repertorio anche in virtù della sua estrema facilità nell'acquisire la musica. Ricordo che, a Monaco, gli portai il Secondo Concerto di Bartók e lui me lo accompagnò interamente a memoria, conoscendo l'intera parte orchestrale affidata al secondo pianoforte. A differenza del Maestro Vitale, lui parlava pochissimo e insegnava direttamente suonando. Oppitz, d'altra parte, è un pianista dotato di una conoscenza e di un repertorio sorprendenti, praticamente in grado di eseguire a memoria il ciclo Beethoven delle 32 Sonate in sette serate a Roma, nello stesso tempo, in cinque, l'integrale di Brahms a Vienna e magari, a Parigi, l'intero Clavicembalo ben temperato, tutto a memoria. Cosa che mi ha decisamente aiutato nella conoscenza e tenuta quantitativa. Non nascondo che dinanzi alla sua velocità di lettura, avendo io invece sempre avuto un approccio piuttosto scientifico e ponderato verso i nuovi brani, ero solito provare un po' di disagio».
E Peter Lang?
«Un grande musicista che, nei due anni a Salisburgo, mi ha insegnato a curare i dettagli. Era quasi un fanatico sulle minuzie della frase e sul suono che si può ottenere in varie epoche e per vari autori, pur non essendo un filologo. Più che di ordine tecnico, il suo era un rapporto epidermico con la musica. Un giorno, ricordo, gli portai Mozart, e lui dall'altro pianoforte iniziò a suonarlo ottenendo un suono che, le giuro Paola, non avevo mai sentito così bello. D'altro verso, fu lui a restare impressionato dalla velocità con cui eseguivo le Variazioni su un tema di Paganini di Brahms, tanto da chiamare a raccolta una decina di suoi allievi per far vedere quello strano fenomeno di abilità circense alla cui base, in realtà, c'era tanto mio lavoro sulla tecnica, oltre ai vari trucchi del mestiere».
Accanto alla sua ascesa artistica ci sono stati anche altri mentori speciali?
«Ho iniziato la mia carriera grazie a Francesco Siciliani, direttore artistico geniale, compositore e musicista a tutto tondo, colui che, scomparso Vitale, sentì di consigliarmi tre maestri: Riccardo Muti, Martha Argerich, Aldo Ciccolini: conoscendo il mio carattere, cercava persone che mi togliessero le catene, per lasciare respirare il mio talento pianistico. Muti è sempre stato uno spirito libero, la Argerich istinto puro con capacità immense, pur studiando pochissimo, Ciccolini molto concentrato sul dato estetico-espressivo. E così i miei studi proseguirono per diversi anni con quest'ultimo maestro napoletano con cittadinanza francese.
Qualche lezione l'ho presa anche da Ashkenazy, ma su di lui posso dire ben poco essendo uno straordinario pianista, ma non un insegnante. Inoltre citerei ancora il direttore d'orchestra Gustav Kuhn e il pianista-musicologo Piero Rattalino, figura quest'ultima dall'infinita cultura pianistica. Ha un modo di insegnare molto particolare, data la densità delle esperienze. Interessantissimo, ma non sempre chiaro. Conosco a memoria tutti i libri che ha scritto e diciamo che ha sfamato tutte le mie curiosità sul repertorio per tastiera».
Paolo Restani plays Verdi / Liszt: Miserere du Trovatore S. 433
FRANZ LISZT Concerto no. 2 - Riccardo Muti, conductor / Paolo Restani, piano
Al di là di tutti questi insegnanti, chi l'ha aiutata di più dopo la morte di Vitale?
«Oltre alla pratica da camera, i direttori d'orchestra che hanno voluto fare un serio lavoro al mio fianco. Quando ho lavorato ad esempio con Riccardo Muti per il Secondo Concerto di Liszt alla Filarmonica della Scala, siamo stati due giorni interi, seduti insieme a un pianoforte verticale, per lavorare 24 minuti di musica. Fra gli appunti che mi fece, visto che in un Cantabile riteneva camminassi un po' troppo, ricordo che mi disse: "Liszt amava le donne e quindi doveva aver tempo per amarle. Lo stesso devi fare tu in questo punto: avere il tempo di amare e goderti la frase". Ecco, con un'emozione semplice ma forte, riusciva a rivoltare un problema musicale».
Fra mente e cuore, nelle sue interpretazioni, alla fine qual è il rapporto?
«In studio cerco la perfezione, lavorando fino allo sfinimento. In pubblico invece c'è l'emozione, tanto da dimenticare tutto. E sento che in quel momento nasce la fluidità della vera musica».
I suoi cd e dvd sono stati pubblicati dalle massime etichette mondiali: Deutsche Grammophon, DECCA, Brilliant Classics, Amadeus, Gruppo Editoriale l’Epresso. Cosa ha ora in cantiere?
«Nell'arco di quindici mesi inciderò quindici cd. Al momento, sto lavorando a un'impresa piuttosto lunga e importante, dedicando per la prima volta un cd interamente a Chopin. Poi passerò a un Liszt con trascrizioni da Wagner e Verdi, a un capitolo con pagine di Ravel, Debussy e Stravinskij e, per la fine dell'anno, registrerò l'integrale delle Sonate di Beethoven che in sette concerti suonerò anche in pubblico. Poi dovrò registrare quel capolavoro assolutamente fuori repertorio che è il Concerto per pianoforte e orchestra di Giancarlo Menotti, unito al Kinderkonzert di Margola e alla Rhapsodie espagnole di Liszt nella trascrizione di Busoni all'interno di un unico cammeo sul Novecento musicale italiano. In più registrerò in due puntate con un'Orchestra viennese Primo, Secondo Concerto, Totentanz e Malédiction di Liszt. Poi basta, perché più di così non posso fare».
Paolo Restani live in Madrid 2006 - RACHMANINOV 12 Preludes
E se non avesse fatto il pianista?
«Lo dico subito: o il chirurgo o lo scrittore».
Possiamo dire come si svolge la sua giornata-tipo?
«Inizia alle sei del mattino e finisco alle dieci di sera, lavorando molto. Ascolto musica, vedo i tanti amici, guardo il calcio in tv, vedo il mio avvocato tre volte al giorno, mando mail, adoro moltissimo leggere. Diciamo che, fin qui, ho già fatto tante cose. Comunque, quando viaggio, è un altro discorso».
Quanto ritiene siano importanti esperienze trasversali come quelle ad esempio da lei fatte per il teatro accanto a Chiara Muti (Il regno di Rücken, Il sogno di Ludwig e Prospettiva Nevsky) o a punte di diamante della danza come Sylvie Guillem e Carla Fracci?
«Sono indispensabili. Il lavoro del pianista solista è piuttosto pesante quindi, almeno per me e per il mio carattere, è fondamentale conoscere altri mondi d'arte, nei quali anche divertirsi come nella Sonatina a tre di Balanchine durante la quale, mentre suonavo Ravel, avevo quel mostro sacro della
Guillem che mi danzava intorno».
Ha qualche sogno in repertorio?
«Direi di no. Al momento ho la curiosità del Concerto di Menotti, che interpreterò e inciderò appunto nelle prossime settimane».
Ai più giovani, infine, cosa diciamo?
«Non so. Il mercato è difficile e le strade sono diverse. Ci sono quelli che hanno fortuna, molti sono bravissimi, tutti belli... anzi no. In giro ci sono anche molti rospi o ragazze che inutilmente suonano in minigonna. Che posso dire? Ci vuole grande impegno per sostenere decenni di carriera senza perdere un colpo. Utile sarebbe senz'altro ascoltare i consigli di qualche buon direttore d'orchestra, farsi sentire dai direttori artistici e, soprattutto, suonare tanta musica da camera. Il vero problema? È piuttosto cosa faranno da grandi, visto che lo Stato italiano non ha mai saputo aiutare i suoi talenti e, oggi, ancora meno. Diciamo che viviamo in un mondo fatto di illusioni».
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PAOLO RESTANI
Talento precoce, Paolo Restani ha dato il suo primo recital a 12 anni. Nel 1984, sedicenne, viene invitato dal grande direttore artistico Francesco Siciliani a debuttare all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia a Roma dove ottiene un successo straordinario testimoniato dalla critica più autorevole: E’ destinato a inserirsi fin d’ora nella grande tradizione pianistica del nostro paese (Alfredo Gasponi, Il Messaggero), A Santa Cecilia è nata una stella (Mya Tannenbaum, Corriere della Sera), Sedici anni ma non gli credete: Paolo Restani, che ha fatto la sua apparizione l’altra sera all’Accademia di Santa Cecilia, è addirittura scioccante (Ivana Musani, Paese Sera).
Seguono immediatamente scritture con i maggiori teatri italiani. Fra le tante affermazioni di quegli anni, memorabile il concerto alla Sala Verdi di Milano per le Serate Musicali nel Gennaio 1988: chiamato a sostituire Alexis Weissenberg con poche ore di preavviso, presenta un programma che include le Variazioni Eroica di Beethoven e i 12 Etudes d’exécution transcendante di Liszt.
In trentacinque anni di carriera ha dato concerti in molti dei più importanti centri musicali del mondo, distinguendosi per un personalissimo tratto interpretativo in costante maturazione. La padronanza tecnica e la profondità di lettura, tese a rendere trasparente e percepibile ogni minimo dettaglio di scrittura, ne fanno un artista eccelso soprattutto nel repertorio romantico dove il suo virtuosismo richiama alla memoria i più grandi nomi della tradizione pianistica: …nell’esecuzione di Chopin sono sorprendenti le affinità con Vladimir Horowitz per il timbro, la ricchezza del colore e la chiarezza della melodia (Allgemeine Zeitung, in occasione di un suo recital a Francoforte del 1996).
Nel Giugno 2004 il debutto con l’Orchestra Filarmonica della Scala diretta da Riccardo Muti (Concerto nr. 2 di Liszt) viene accolto con unanimi ed entusiastici consensi.
Ancora con la direzione di Muti, nel 2008, è solista nella produzione sinfonica di Lélio ou Le Retour à la vie op. 14b di Berlioz accanto a Gérard Depardieu (voce recitante), Mario Zeffìri (tenore), l’Orchestra Luigi Cherubini, l’Orchestra Giovanile Italiana, il Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor.
Tra i recitals delle recenti stagioni si ricordano: Carnegie Hall di New York, Grosser Musikvereinsaal di Vienna, Konzerthaus di Berlino, Prinzregententheater di Monaco di Baviera, Rheingoldhalle di Mainz, New Congress-Hall di Innsbruck, International Performing Arts Centre di Mosca, Sala Grande della Filarmonica di San Pietroburgo, Teatro Colon e Teatro Coliseo di Buenos Aires, Londra, Bruxelles, Francoforte, Istanbul, Beirut, Santiago del Cile, Montevideo, Dubai, Kuwait City, Manama.
In Italia: Milano (Teatro alla Scala, Auditorium La Verdi), Roma (Quirinale, Auditorium del Parco della Musica, Teatro dell’Opera, Auditorio di Via della Conciliazione, Teatro Sistina), Napoli (Teatro San Carlo, Teatro Augusteo, Politeama), Venezia (Teatro La Fenice), Trieste (Teatro Verdi), Verona (Arena), Bologna (Teatro Comunale), Firenze (Teatro Comunale, Teatro della Pergola), Torino (Teatro Regio, Auditorium RAI), Bari (Teatro Petruzzelli), Genova (Teatro Carlo Felice), Palermo (Politeama).
Prestigiosi anche i festivals in cui è regolarmente ospite: Flanders Festival, Festival Martha Argerich di Buenos Aires, Hatchlands Music Festival di Londra, Istanbul Recitals, Al Bustan Festival di Beirut, Ljubljana Festival, Jornadas Internacionales de Piano di Oviedo, Asturias Festival, Ravenna Festival, Maggio Musicale Fiorentino, Rossini Opera Festival di Pesaro, Settembre Musica di Torino, Festival Pianistico Internazionale Arturo Benedetti Michelangeli di Brescia e Bergamo, Festival Verdi di Parma, Festival Uto Ughi per Roma, Panatenee Pompeiane, Festival Romaeuropa, Todi Arte Festival, Ravello Festival.
Nel Gennaio 2008 su invito di Yuri Temirkanov partecipa al “XVII Festival Internazionale Christmas Musical Meetings in Palmira of the North” di San Pietroburgo.
Grande la sua popolarità in Sud-America dove si reca ogni anno. “L’Associazione della critica argentina” lo premia nel 2005 quale miglior interprete dell’anno e nel 2011 per i concerti con il Quartetto d’archi della Scala come miglior ensemble.
E’ stato solista con orchestre quali Münchner Symphoniker, Stuttgarter Philharmoniker, Berliner Symphoniker, Neue Philharmonie Westfalen, St. Petersburg Academic Symphony, Philharmonique de Nice, RTV Slovena, Sinfonica Nacional de Chile, Filarmonica di Kiev, Orchestra d’archi dei Berliner Philharmoniker, Australian Chamber Orchestra, Chamber Orchestra Kremlin, Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino, Orchestre Sinfoniche della RAI di Milano, Roma e Napoli, Orchestra del Teatro San Carlo di Napoli, Orchestra del Teatro Regio di Torino, Orchestra del Teatro La Fenice di Venezia, Orchestra dell’Arena di Verona, Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova, Orchestra del Teatro Verdi di Trieste, Orchestra Sinfonica Arturo Toscanini di Parma.
Tra i direttori: Roberto Abbado, Gerd Albrecht, Piero Bellugi, Christian Benda, Yoram David, Vladimir Delman, Claus Peter Flor, Heiko Mathias Forster, Lu Jia, Lothar Koenigs, Gerard Korsten, Julian Kovatchev, Gustav Khun, Uroš Lajovic, Yoel Levi, John Nelson, John Neschling, Gunter Neuhold, Daniel Oren, Massimo Pradella, Donato Renzetti.
Appassionato di musica da camera, ha suonato con il Quartetto d’archi della Scala, il Quartetto Fonè, il Quartetto David, i Solisti della Scala, il violista Simonide Braconi, il violoncellista Andrea Noferini ed ha accompagnato, in cicli liederistici, Monica Bacelli, Guillemette Laurens, Claire Brua.
Musicista versatile, testimone della possibile integrazione tra le diverse forme d’arte, è co-protagonista in produzioni teatrali che lo vedono al fianco di Gérard Depardieu, Enrico Maria Salerno, Mariano Rigillo, Gottfried Wagner, Carla Fracci, Sylvie Guillelme, Laurent Hilaire.
In particolare con Chiara Muti dal 2006 al 2008 realizza tre opere originali di teatro-musica su Rachmaninov-Gogol, sulla vita di Mozart, sul rapporto Wagner-Ludwig II. Dal 2013 Simona Marchini lo vuole accanto a sé nella pièce dedicata a Verdi tuttora in tournée in Italia.
Il suo repertorio, vastissimo, spazia da Bach ai contemporanei comprendendo più di 60 concerti per pianoforte e orchestra e altrettanti programmi di recital.
La predilezione per i capolavori del Romanticismo e del ‘900 storico lo porta ad affrontare l’opera omnia pianistica di Brahms, la maggior parte delle composizioni di Chopin, Debussy, Ravel, Rachmaninov, le integrali degli Studi di Chopin, Scriabin, Liszt (oltre 150 esecuzioni dei 12 Etudes d’exécution transcendante), nonché l’intera produzione per pianoforte e orchestra di Beethoven, Field, Chopin, Liszt, Tchaikovsky, Saint-Saëns, Casella.
Di rilievo la sua dedizione all’opera di Franz Liszt, di cui è considerato uno dei maggiori interpreti.
Dalla collaborazione con Michael Nyman è nata la prima esecuzione italiana di The Piano Concerto per pianoforte e orchestra, tratto dalla colonna sonora del film premio Oscar Lezioni di Piano di Jane Campion.
Paolo Restani è stato l’ultimo e prediletto allievo di Vincenzo Vitale (celebre esponente della Scuola Pianistica Napoletana, studiò con Florestano Rossomandi, Attilio Brugnoli e, infine, con Alfred Cortot all’École Normale de Musique di Parigi).
Successivamente i suoi insegnanti sono stati Gerhard Oppitz (erede dell’arte interpretativa di Wilhelm Kempff) all’Hochschule für Musik und Theater di Monaco di Baviera e Peter Lang al Mozarteum di Salisburgo. Ha inoltre ricevuto lezioni da Vladimir Ashkenazy, Aldo Ciccolini, Gustav Kuhn, Piero Rattalino.
Ha studiato composizione a Roma con Paolo Arcà e a Milano con Bruno Bettinelli.
Dal 2018 è Artista Steinway.
Principali registrazioni discografiche e DVD:
. Liszt - Totentanz per pianoforte e orchestra, European Philharmonic Orchestra direttore
Peter Jan Marthé (Polyglobe-1997)
. Liszt – 12 Etudes d’Exécution Transcendante e Studi da Concerto (Amadeus-2004)
. Rachmaninov - Diciotto Preludi (Amadeus-2008)
. Casella – Scarlattiana op. 44, Triplo Concerto op. 56, A notte alta op. 30b per pianoforte e
orchestra, Orchestra “Filarmonica ‘900” del Teatro Regio di Torino direttore Marzio Conti (Brilliant
Classics-2008)
. Brahms, Godowski, Skriabin, Saint-Saëns, Bartok, Liszt, Sancan - brani per la sola mano sinistra
(DECCA-2009)
. Berlioz - Lélio ou Le Retour à la vie op. 14b, direttore Riccardo Muti, Orchestra Luigi Cherubini,
Orchestra Giovanile Italiana, Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, voce recitante Gérard
Depardieu, tenore Mario Zeffìri (CD e DVD Gruppo Editoriale l’Epresso-2009)
. Field - I sette Concerti per pianoforte e orchestra, Orchestre Philharmonique de Nice direttore
Marco Guidarini (4 CD Brilliant Classics-2009)
. Brahms - Variazioni sopra un tema di Paganini op. 35, Variazioni dal Sestetto op. 18, cinque Studi
(DECCA-2010)
. Rachmaninov – Sei Preludi, Trascrizioni, Sonata nr. 2 op. 36 (Amadeus-2010)
. Brahms – Quintetto op. 34, Schumann – Quintetto op. 44, Quartetto d’archi della Scala (DECCA-
2011)
. Brahms – Variazioni sopra un tema di Haendel op. 24, Variazioni sopra un tema di Schumann op.
9, Variazioni sopra un tema originale op. 21 nr. 1, Variazioni sopra un tema ungherese op. 21 nr.
2, Studio dall’Impromptu op. 90 nr. 2 di Schubert (DECCA-2011)
Sue interpretazioni sono incluse da Deutsche Grammophon in Piano Gold (2010) e in Classica
2011, da DECCA in 50 Piano Masters (2012), da Brilliant Classics in The ultimate piano concerto (2010) e in Romantic piano concertos (2016): antologie dei più grandi interpreti (Abbado, Argerich, Ashkenazy, Brendel, Chailly, Domingo, Michelangeli, Rattle, Richter, ecc.).
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