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  • Paola De Simone

Una maratona e una sfida innanzitutto per il Direttore Musicale stabile del Teatro San Carlo Juraj Valčuha, quella delle nove Sinfonie di Beethoven proposte a un pubblico assai numeroso e plaudente nel fiato di una sola giornata, in cinque capitoli (ore 11, ore 13, ore 16, ore 18 e finale con la Nona alle ore 21) e a staffetta fra le "sue" due Orchestre del cuore (del Lirico napoletano e Sinfonica Nazionale della Rai, guidata nei nove anni precedenti) in occasione delle Universiadi, in stagione grazie al finanziamento targato Concerto d'Imprese e inoltre omaggiando, in un sol colpo, i 250 anni dalla nascita dell'immenso compositore tedesco. E sì perché, al di là del gioco delle alternanze di compagini e spettatori, l'unico a restare eroicamente e senza alcun cambio sul podio è stato lui, meritatissimo Premio Abbiati lo scorso anno e bacchetta slava nel fiore della carriera artistica apprezzato in tutte le sue ultime, lucidissime direzioni fin qui messe a segno dal podio sancarliano fra lirica e sinfonica, prima e dopo la nomina quale vertice musicale, con menzioni speciali almeno per la Lady Macbeth di Šostakovič, la Kát'a Kabanová di Janáček, la recente Valchiria wagneriana così come singolare si è rivelata anche la sua Sesta di Mahler in visione insolitamente positiva non solo per l'Andante in terza posizione, per i due e non tre colpi di martello, ma per la viva tornitura dei compiacimenti fraseologici tardoromantici, per il respiro sereno dei suoni, per la cura dei timbri e delle dinamiche entro un ordito a redini sempre ben tese.

Analogamente, per nulla scontato il suo modo di guardare al monumento sinfonico beethoveniano, al centro esatto fra la chiarezza marmorea del Classicismo viennese e la nuova potenza della percezione sonora romantica: il netto scontorno degli incipit restituisce ad ogni ingresso d'opera l'essenza solenne di un mondo assoluto. Poi il via alla rete serrata e studiata di contrasti tematici, ritmico-dinamici, alla cura dei rilievi concertanti, all'attenzione per le dense trame contrappuntistiche, alla lucentezza degli attacchi, al peso degli appoggi, alla rapida concentrazione fra le battute per non perdere energia metrica. Il gesto è da vedere: bacchetta energicamente puntata in basso per far crescere con potenza il suono, scansione addirittura tattile degli accenti, arabeschi circolari e veloci per accelerare nelle strette, regolazione continua con la sinistra delle masse sonore, mano aperta verso l'alto per le chiuse a bruciapelo. A tutto ciò le due Orchestre in campo rispondono al meglio, ciascuna, con le proprie risorse e peculiarità. E un po' in antitesi: come il cuore e il mente. L'Orchestra del Teatro San Carlo, guidata da una spalla di pregio qual è Gabriele Pieranunzi (da albo d'oro il suo tema cantabile al Lago dei cigni ascoltato in prima battuta quest'anno in stagione), offre una bella prova degli archi, nella tinta dei suoni, nei colpi d'arco veloci, nelle dense cavate, nei veli dinamici mirabili, fino ad assottigliarsi in pianissimo. Una menzione a sé merita per sensibilità di colori e del ritmo il timpanista ospite Daniele Palma mentre, tra i fiati, svettano al solito i più affidabili: Bernard Labiausse (primo flauto) ed Hernan Garreffa (primo oboe). Viceversa la Sinfonica Nazionale della Rai, capitanata dal violino di spalla Alessandro Milani (dotato di un magnifico Carlo Ferdinando Landolfi del 1751 grazie alla Fondazione Pro Canale di Milano) e forte di una viola d'intensità impressionante qual è Luca Ranieri (in posizione esterna rispetto alla disposizione della compagine sancarliana), funziona come una vera e propria macchina da guerra: acuminati e affilatissimi tutti (giusto qualche pecca fra i corni in ex aequo con il San Carlo, più ottavino sfiatato), coesi in misura impressionate e con legni di vaglia fra i quali per meriti è d'obbligo citare, almeno, il primo flauto Giampaolo Pretto e il primo fagotto, notevolissimo per stile ed equilibrio, Andrea Corsi.

Per il resto, Teatro pieno e soprattutto tanti i giovani presenti fra palchi e sala, fin dalla mattina alle ore 11. Al termine, la grande chiusa con le compagini del San Carlo nel segno della grande Sinfonia "Corale", con le voci soliste di Vida Miknevičiūtė, Julia Gertseva, Saimir Pirgu e Goran Jurić.

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