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  • Paola De Simone

Giovane calabrese originaria di Acri oggi residente a Bologna, bruna, occhi scuri volitivi e un fisico dal non comune, elegante carisma tanto per le scene teatrali quanto per gli scatti patinati del made in Italy griffato, fra gioielli e abiti, Miluna e Rossorame. Ma, soprattutto, bella voce di mezzosoprano purosangue in crescente primo piano, ascoltata per la prima volta a Napoli in occasione della Madama Butterfly di Giacomo Puccini proposta al Teatro San Carlo nella nuova produzione firmata dalla regia del cineasta Ferzan Özpetek, con le scene di Sergio Tramonti, i costumi di Alessandro Lai, le luci di Pasquale Mari e con la direzione musicale di Gabriele Ferro sul podio di Orchestra e Coro (preparato da Gea Garatti Ansini) della Fondazione. Oggi, sabato 20 aprile alle ore 19, l'ultima recita. E, come già applaudita alla prima del 16 e allo spettacolo di giovedì scorso, stasera canterà lei.

Parliamo di Raffaella Lupinacci (nelle foto di Andrea Chemelli) e del suo esordio partenopeo nel ruolo di Suzuki, alla resa degli esiti fra i punti fermi e maggiormente centrati all'interno di un allestimento diviso fra trovate sapienti (evidenziate nella mia recensione per Connessi all'Opera al link https://www.connessiallopera.it/recensioni/2019/napoli-teatro-san-carlo-madama-butterfly/) e non pochi cali di tensione (vuota di sostanza tragica ad esempio la voce della Cio-Cio-San di Evgenia Murareva perché buona per generi più leggeri, operetta in primis, di afflato troppo nobile e da amoroso romantico il Pinkerton del sempre adorabile Saimir Pirgu, di estrazione sinfonica per tasselli più che ad arco e scavo drammatico la direzione di Gabriele Ferro, tra l'altro con qualche vistosa frizione metrica fra buca e palcoscenico per non parlare, in scena, del primo, imbarazzante incipit del Coro femminile e della stessa protagonista). Con la sua Suzuki (a seguire, nelle foto di Luciano Romano), Raffaella Lupinacci ha vantato infatti, in sintonia con la valida prestanza del console Sharpless di Giovanni Meoni e con la raffinata sensibilità onirica del bellissimo videoritratto realizzato da Luciano Romano, un'alta definizione tecnico-espressiva, piena perfezione di tinta e intonazione, forza ma anche delicatezza di stile nel ritagliare il carattere che il regista turco-italiano ha voluto spingere, anche se solo per accenni, verso il confine di un'affettività fin troppo protettiva perché di natura omosessuale.

Alle sue spalle, la formazione e il diploma in canto al Conservatorio di Cosenza, il perfezionamento con Mirella Freni e Carlo Desideri, il debutto nell’estate 2012 come Marchesa Melibea nel Viaggio a Reims a Pesaro e, nel 2013 dopo l’affermazione al 64° Concorso AsLiCo, il ruolo del titolo nel Tancredi all’interno del Circuito Lombardo. Quindi il via ad un percorso artistico con intelligenza puntato innanzitutto su Rossini interpretandone i ruoli di Zulma nell’Italiana in Algeri e di Publia nell’Aureliano in Palmira al ROF e, ancora, Emilia nell’Otello, Rosina nel Barbiere di Siviglia, Doralice nella Gazzetta e Carlotta nel Torvaldo e Dorliska. Interpreta poi Mozart con Dorabella, Donna Elvira e Cherubino, Donizetti (con Arturo nella Rosmonda d’Inghilterra), Verdi (con Fenena nel Nabucco) e fino al più raro Romeo “en travesti” di Vaccaj applaudito la scorsa estate al Festival di Martina Franca, al ruolo di Neris nella Medea di Cherubini al Wexford Festival Opera e al suo nuovo incontro con Rossini garantendo ottima voce, fra pathos e colorature, alla Cenerentola in chiusura dell’Operaestate Festival Veneto 2018 a Bassano del Grappa.

Quale dunque il suo rapporto con il teatro pucciniano?

«Ne sono appassionata più come ascoltatrice e spettatrice, in verità, che come interprete. Purtroppo Puccini ha scritto molto poco per mezzosoprano, ma nutro un grande amore per la sua musica. E soprattutto per le sue figure femminili».

Quando e dove ha debuttato nel ruolo di Suzuki? Dall’esordio a oggi ci sono stati cambiamenti nel suo approccio a un personaggio così complementare alla protagonista Butterfly?

«Ho debuttato Suzuki nel 2014 nel circuito marchigiano con la ripresa della produzione storica di Macerata di Pier Luigi Pizzi e la direzione del Maestro Francesco Ivan Ciampa.

Quindi nel 2015 in una nuova produzione nella meravigliosa cornice del Teatro Massimo di Palermo, con la regia di Nicola Berloffa e la direzione del Maestro Jader Bignamini.

Sì, devo dire che ho potuto fare un ottimo percorso di approfondimento di questo ruolo, sia dal punto di vista musicale che da quello interpretativo».

Nel passaggio tra le fonti di Pierre Loti (il romanzo Madame Chrysanthème), John Luther Long (il racconto Madame Butterfly), David Belasco (il dramma omonimo) e fino al libretto di Illica e Giacosa, la sua Suzuki guarda più alla giovane amica Oyouki di Chrysanthème o alla fedele domestica della geisha Cio-Cio-San?

«Dal mio punto di vista entrambe le figure devono essere presenti. Suzuki è la giovane amica e la fedele domestica di Cio-Cio-San. Ma è anche una donna che, pur servendo, mantiene un giudizio forte ed autonomo. Ritengo sia proprio la lucidità di Suzuki a rendere ancora più straziante il dramma. In sintesi, un mancato rapporto di complicità tra donne: Madama Butterfly va dritta per la sua strada di dolore e di morte.

Parliamo delle peculiarità tecnico-espressive della parte in pentagramma.

«Si tratta di una tessitura piuttosto centrale e grave che io ho scelto di affrontare evitando qualunque tipo di approccio “aggressivo”. Un ruolo di grande delicatezza e pathos».

Quali sono state le indicazioni a monte del regista Özpetek per tale nuova produzione?

«Lavorare con Özpetek è stato molto interessante. Il suo sguardo cinematografico ha offerto diversi nuovi spunti sul personaggio e sul modo di stare in scena.

Özpetek ha pensato a una Suzuki innamorata di Cio-Cio-San. Un amore che viene fuori attraverso giochi di sguardi, sporadici abbracci, momenti di tristezza nel vedere la protagonista felice del ritorno di Pinkerton, insomma una relazione creata con grande discrezione eppure estremamente evidente. Il duetto dei fiori tra Suzuki e Cio-Cio-San, per esempio, diventa uno dei momenti meno felici dell’opera per la povera Suzuki».

Era la sua prima volta al Teatro San Carlo. Quanto l'ha emozionata?

«Impossibile non essere emozionati di fronte a tanta bellezza e a tanta storia. E, ovviamente, per me è stato un grande onore poter debuttare in un tale tempio sacro».

Può anticipare infine i suoi prossimi impegni?

«A breve sarò nuovamente Suzuki al Carlo Felice di Genova. Successivamente, debutto come Carmen al Luglio Trapanese, quindi sarò Rosina nel Barbiere di Siviglia al Petruzzelli di Bari, Nicklausse dei Racconti d'Hoffmann per la straordinaria Korea National Opera di Seoul dove ho già cantato con successo come Dorabella la scorsa estate, e ancora Carmen a Lima».

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