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Paola De Simone

Stasera, martedì 12 marzo alle ore 20.30 al Teatro Sannazaro, torna a Napoli il Quartetto Artemis (nelle rispettive foto di Nikolaj Lund e Felix-Broede), formazione da camera di primo piano e da anni ospite delle stagioni della Associazione Alessandro Scarlatti ma, nell'occasione, l'ascolteremo per la prima volta dopo la prematura scomparsa del suo violista Friedemann Weigle, morto improvvisamente nel 2015 a 53 anni. Costituito oggi da Vineta Sareika e Anthea Kreston (violini), da Gregor Sigl (viola) ed Eckart Runge (violoncello), l’Artemis da giugno cambierà ancora formazione.

Ed in effetti un sottile filo sull'idea della morte, in ricordo di Weigle, sembra voler unire le pagine in programma: si inizia con l'Adagio di Samuel Barber, pagina nota in realtà nella versione per orchestra d'archi e non per quartetto, icona fra le massime della del dolore, di giovani vite spezzate nella guerra del Vietnam così come narrata nell’anno 1986 dal film Platoon di Oliver Stone. Una notorietà sonora ed emblematica rimbalzata fra sale da concerto, pellicole per il grande schermo (tra le tante, la prima, The Elephant Man di David Lynch nel 1980 e, ancora, L’olio di Lorenzo di George Miller nel 1992), serie tv e persino cartoons (si ritrova in ben tre episodi dei Simpson), videogiochi e readings ma, senz’altro, una notorietà non immaginata né tantomeno predisposta dal compositore americano Samuel Barber che, nato il 9 marzo del 1910 in una tranquilla cittadina della Pennsylvania, West Chester, talento assai precoce e infatti già pronto a scriver musica ad appena sette anni, a ventisei avrebbe dato forma al suo celeberrimo “Adagio for strings” mentre ancora terminava gli studi presso il Curtis Institut of Music. L’Adagio per archi nacque quale movimento centrale del Quartetto op. 11 sempre di Barber, con la specifica denominazione di “Molto adagio” e in funzione di toccante raccoglimento entro un unico arco di rassegnata tensione, con ampia forchetta in crescendo-decrescendo, fra due tempi a cornice dal segno fortemente contrastante. E così verrà proposto. Nel 1968 il compositore americano avrebbe intanto trascritto il movimento anche per coro a otto voci sul testo dell’Agnus Dei, con esiti ancora più alti. A sancirne definitivamente l’associazione all’idea della morte e del dolore, l’esecuzione via radio unitamente all’annuncio della morte del Presidente Roosevelt (12 aprile 1945), nonché ai funerali di Albert Einstein, di John Fitzgerald Kennedy, di Grace Kelly e del Principe Ranieri III di Monaco.

Segue Benjamin Britten, con il Quartetto per archi op. 36 n. 2, scritto nell’autunno del 1945 con dedica alla committente e mecenate Mrs J. L. Behrend, quindi eseguito il 21 novembre di quell’anno nella londinese Wigmore Hall in occasione dei duecentocinquant’anni dalla morte di Henry Purcell, chiaramente ricordato nella cifra e nello stile della Ciaccona finale.

Scolpita dunque al contempo fra modernità e passato, l’opera si articola in tre tempi passando dalle libere fascinazioni sonore tipiche del Novecento francese alle impressioni pittoriche e su tema marino ispirate al coevo mondo della sua opera Peter Grimes, per poi chiudere evocando il Barocco inglese fra puntature e grounds nell’arco di ventuno variazioni costruite secondo una precisa sequenza (sei metamorfosi armoniche più cadenza del violoncello, sei ritmiche con cadenza della viola, sei melodiche con cadenza del violino, più tre variazioni in chiusura) e con una tecnica che raggiungerà il suo apice nel Giro di vite fra i pentagrammi teatrali. A titolo di curiosità preziosa, da rintracciare nel solco della gloriosa, centenaria storia dell’Associazione Alessandro Scarlatti, qui riprendiamo lo stralcio della cronaca che registrò la presenza in concerto di Britten in qualità di autore e pianista da noi semisconosciuto al fianco del tenore suo compagno di vita e di arte, Peter Pears, sul palco del Conservatorio “San Pietro a Majella” grazie all’antica Associazione partenopea, a due anni (il 30 aprile 1947) dalla composizione di quel secondo Quartetto e non a caso su brani del Seicento per canto e basso continuo a firma di Purcell, Dowland e Morley, così come citato da chi scrive nell’articolo interno agli “Appunti di viaggio” editi per i novant’anni della Scarlatti. «L’inglese Benjamin Britten – scrisse all’epoca il critico Guido Pannain, sul quotidiano “Roma” il 2 maggio in apertura di un commento che oggi ci sorprende e forse ci fa anche sorridere – è senz’altro uno dei musicisti di cui oggi più si parla […]. Egli e il tenore Peter Pears hanno dato, ieri l’altro, un concerto per invito della Scarlatti che è stato uno dei più interessanti e gustati della stagione. (La sala del Conservatorio era semivuota, ma ciò non significa. Si sa che quando non c’è il pianista di grido che venga ad offrire le solite minestre riscaldate, è inutile sperare nell’interesse del pubblico). Il programma era tutto di musica inglese […]».

Infine Franz Schubert, con il Quartetto in re minore "Der Tod und das Mädchen" (La morte e la fanciulla), del 1824. Derivato da un suo precedente Lied in analoga tonalità, composto nel febbraio 1817 sul testo del poeta e scrittore tedesco Matthias Claudius, il materiale poetico-sonoro del Quartetto allude a una fanciulla languente che implora la morte di allontanarsi. Ma questa, che in tedesco è di genere maschile e sembra assumere le sembianze di un “Cavaliere della morte”, le risponde con amorevoli parole di conforto, sussurrando: «Vieni a dormire fra le mie braccia». Per il Quartetto “La morte e la fanciulla” Schubert avrebbe mutuato dall’omonimo Lied non soltanto lo spunto motivico che s’insinua in filigrana entro l’intero tessuto conteso fra i quattro archi, ma elabora ed intensifica anche il significato stesso del “tema della morte” osservato, non allontanandosi troppo dalla concezione mozartiana, con sguardo insolitamente amabile e sereno.

In merito all'Artemis, la Frankfuter Allgemeine Zeitung ha scritto: “Ci sono molti buoni quartetti d’archi nel mondo e tuttavia gli Artemis sono oggi ‘i migliori’ fra i migliori. La motivazione: la loro interpretazione offre, da Beethoven a Ligeti, il non plus ultra di suono, struttura e chiarezza".

Il gruppo, intitolato al fiero nome della dea della caccia (Artemide), si è formato a Lubecca nel 1989 e si è imposto fin dall’inizio per la bellezza del suono e l’entusiasmo luminoso delle loro interpretazioni. Il Quartetto Artemis ha avuto per mentori e guide i Quartetti Emerson, Juilliard e Alban Berg. Vincitore del Premio Paolo Borciani (1997) e del Premio Accademia Musicale Chigiana di Siena (2004), ha ottenuto anche un importante riconoscimento dalla Fondazione della Beethoven Haus per le sue interpretazioni di Beethoven. Applaudito in tutte le più importanti sale da concerto e festival di Europa, Stati Uniti, Giappone, America, tiene un proprio ciclo di concerti nella Kammermusiksaal della Philharmonie di Berlino, dove ha la sua sede concertistica, e alla Wiener Konzerthaus di Vienna assieme al Quartetto Belcea. Collabora stabilmente con Juliane Banse, Sabine Meyer e Leif Ove Andsnes, e ha al suo attivo una significativa attività discografica. Frequenti sono le sue incursioni anche nella musica contemporanea, testimoniate dall’impegno in prime esecuzioni mondiali di lavori di Jörg Widmann e Thomas Larcher, e dalla creazione di un concorso di composizione.

Si vieta la riproduzione dell'articolo e di ogni altra sua parte

Biglietti: platea e palco I° fila € 18; palco II°e III° fila € 13; ridotto giovani ( under 30) €13; last minute € 5 (under 25) in vendita un’ora prima del concerto. Biglietti online in vendita nel circuito Ticketone

Per informazioni: www.associazionescarlatti.it; info@associazionescarlatti.it

Infoline . 081 406011

Programma

Samuel Barber (1910 – 1981)

Adagio per quartetto d’archi n. 1 op. 11

Benjamin Britten (1913 – 1976)

Quartetto n. 2 in do op. 36

* * *

Franz Schubert (1797 - 1828)

Quartetto in re minore D. 810 “la morte e la fanciulla”

Quartetto Artemis

Vineta Sareika, violino Anthea Kreston, violino Gregor Sigl, viola Eckart Runge, violoncello

Gli Interpreti

Fondato nel 1989 il Quartetto Artemis è considerato uno dei più apprezzati quartetti di oggi, invitato a tenere concerti in tutti i più prestigiosi centri musicali e Festival in Europa, negli Stati Uniti, in Asia, Sud America e Australia.

Vincitore del Concorso ARD di Monaco di Baviera nel 1996 e del Premio Borciani, il Quartetto Artemis ha collaborato spesso in concerto con importanti musicisti. Anche le numerose incisioni documentano la collaborazione con altri artisti: i Quintetti di Schumann e Brahms con Leif Ove Andsnes, il Quintetto di Schubert con Truls Mørk, Verklaerte Nacht di Schoenberg con Thomas Kakuska e Valentin Erben del Quartetto Alban Berg.

L’ensemble ha un proprio ciclo di concerti presso la Kammermusiksaal della Philharmonie di Berlino, alla Wiener Konzerthaus di Vienna (con il Quartetto Belcea), e presso il Prinzregenttheater di Monaco di Baviera.

Dal 2005 il Quartetto Artemis incide in esclusiva per Virgin, oggi Erato. I loro CD hanno vinto più volte il Premio della critica discografica tedesca, il Gramophone Award, il Diapason d’or, l’ECHO Klassik. Nel 2011 l’integrale del Quartetti di Beethoven è stato premiato con il Gradn Prix de l’Académie Charles Cros. Tra i loro prossimi impegni discografici, un CD dedicato a Shostakovich

Molto attento alla musica contemporanea, il Quartetto Artemis ha suonato opere di Sotelo, Widmann, Larcher, Schnyder e nel 2015 ha dato vita ad un concorso di composizione che ha premiato il Quartetto nr 2 di Eduard Demetz,

Eckart Runge suona un violoncello dei Fratelli Amati (Cremona, 1595), mentre Anthea Kreston suona un violino di Carlo Antonio Testore del 1710 ca. Entrambi gli strumenti sono generosamente concessi in prestito dalla Merito String Instruments Trust Vienna.

I membri del Quartetto Artemis insegnano all’Università delle Arti di Berlino e alla Chapelle Musicale Reine Elisabeth di Bruxelles.

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