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  • Paola De Simone

Delicatamente onirico, dolcemente fiabesco. E, come è giusto che sia, nel complesso ottimamente danzato: è qui il segreto del sempre incantevole Schiaccianoci di Pëtr Il'ič Čajkovskij da Petipa che Giuseppe Picone, étoile, coreografo e Direttore della Compagnia di Balletto del Teatro San Carlo, firma e riporta ancora una volta in scena al Lirico napoletano, come da illuminata tradizione natalizia d'estrazione europea e dunque in queste sere con ben quattro doppi turni (ore 17 e ore 21) per un totale di dieci spettacoli in locandina fino a domani sabato 5 gennaio, registrando un successo e una quantità strabiliante di pubblico anche per le recite successive alla "prima". Pertanto offrendo una risposta assai eloquente, a nostro avviso, sul peso dell'offerta coreutica all'interno di una programmazione che unisce l'opera e la danza. Stavolta, ferme restando le scene deliziose disegnate con mano sempre esatta e sensibile da Nicola Rubertelli, ex responsabile del reparto Scenografia della Fondazione, così come immutati gli ideali costumi di Giusi Giustino e qualche innesto in più già inserito dallo scorso anno - la nuvola cartonata sulla quale viaggiano Clara e il Principe (in apertura, nella foto di Francesco Squeglia), un secondo e più alto albero di Natale in sostituzione del primo presente nel salotto ottocentesco di casa Stahlbaum, l'originale caratterizzazione delle danze del Divertissement nella prima metà dell'Atto II - in ulteriore evidenza si è rivelato il duplice punto di forza dello spettacolo, parimenti riconducibile alla direzione di Picone entro le metamorfosi della fiaba rimbalzata dalla cupa texture creata per i suoi Racconti romantici da E. T. A. Hoffmann (1816) alla ben più levigata "Histoire" di Dumas padre ripresa da Marius Petipa, quindi coreografata dal suo assistente Ivanov sulle musiche di Čajkovskij per i Teatri Imperiali di Russia (1892). Vale a dire da un lato, sul fronte della drammaturgia coreografica, è lo sguardo limpido che scinde nettamente la piena fisicità della danza appartenente alla vita reale che fa da cornice al sogno, ossia alla crescita psicologica della protagonista, attraversato da passi ovattati e quasi impalpabili sulle assi del palcoscenico persino tra gli inquietanti fragori della battaglia dei topi contro l'esercito del principe Schiaccianoci, nei valzer dei fiocchi di neve e dei fiori o, comunque, di variopinta fantasia entro il castello magico sulla montagna dei dolciumi; dall'altra, la scelta ben mirata degli interpreti, anche in tal caso giocata sul principio della scissione dei ruoli (Schiaccianoci/Principe, Clara/Fata Confetto) assegnati ad insigni ospiti esterni e a rotazione, ai primi ballerini, ai solisti o ai tersicorei della Compagnia della Fondazione, così come sempre sull'alternanza sono state assegnate tutte le altre parti.

Il risultato? Sorprendente. A partire dall'eccellente Clara della notevolissima Sara Sancamillo (sopra, nelle foto di Francesco Squeglia), solista del Corpo di Ballo sancarliano ammirata la sera del 3 gennaio, presente ancora oggi sia alle 17 che alle 21 e domani alla pomeridiana mentre, nelle altre recite, si alternano Claudia D'Antonio e Giovanna Sorrentino. Ben oltre il sostegno di una tecnica sempre pulita e ben salda, il suo scatto è veloce, leggero e gentile, restituendo pertanto al meglio, anche attraverso le molteplici sfumature espressive degli sguardi e del volto, una creatura di grande tenerezza e di sensibilità rara: d'ingenua meraviglia dinanzi ai doni del misterioso quanto affascinante Drosselmeyer del sempre perfetto Edmondo Tucci, vulnerabile durante la battaglia notturna, di curiosità avventurosa al fianco del proprio principe, consapevolmente sicura al termine del viaggio.

Ottimo d'altra parte lo Schiaccianoci di Danilo Notaro e di nobile prestanza il luminosissimo Principe del ventottenne russo Vadim Muntagirov (a lato e a seguire nelle foto di Francesco Squeglia), principal dancer del Royal Ballet di Londra che, già apprezzato con la scorsa edizione, rivedremo a breve in marzo, con Il lago dei cigni firmato dall'indimenticato Ricardo Nuñez nella ripresa di Patrizia Manieri. Non meno lodevoli nei rispettivi compiti, quindi, Stanislao Capissi in coppia con Giovanna Sorrentino per l'intensa danza spagnola, la meravigliosa Luisa Ieluzzi per una scultorea quanto al contempo sinuosa danza araba, Annalisa Casillo con Ferdinando De Riso per Colombina e Arlecchino, Candida Sorrentino ancora con De Riso e Claudia D'Antonio per la danza pastorale, Giuseppe Ciccarelli per il Re dei topi, Valentina Vitale con Fabio Gison per i genitori di Clara, Francesco Fiore per il principe dei fiori e il relativo gruppo formato da Adriana Pappalardo con Grazia Striano più Giuseppe Ciccarelli, Tommaso Palladino, Daniele Di Donato e Raffaele Vasto.

A seguire, Fata Confetto al platino, come prevedibile, con la prova lucida e affilatissima di Lauren Cuthbertson, trentacinque anni, britannica al suo debutto partenopeo, étoile del Royal Ballet ma anche attrice per il grande schermo, avendo interpretato nel 2011 il ruolo di Juliet nel thriller "The Glass Man" di Christian Solimeno. Meno entusiasmanti invece gli interpreti in coppia per la danza cinese, atletici ma un po' troppo boscherecci i quattro protagonisti della danza russa, tecnicamente impeccabile ma sempre assai rigida nello stile come nell'espressione Martina Affaticato (Regina delle Nevi e dei Fiori), vivaci ma meno curati e precisi rispetto ai tempi passati gli allievi della Scuola di Ballo - sia pur a fronte di tanta severità nelle selezioni - per il Galop dei bambini in casa del sindaco (meglio la loro resa come topi), così come leggermente sottotono anche le voci bianche della Fondazione.

Quanto alla buca il giovane direttore armeno Karen Durgaryan, al suo esordio sancarliano, dimostra di ben conoscere la partitura e gli equilibri con i passi in scena, ma di attecchire relativamente sull'Orchestra del San Carlo che eccelle nei legni (impossibile non lodare Bernard Labiausse al primo flauto, Francesca Staderini all'ottavino, Hernan Garreffa al primo oboe), nelle arpe (Viviana Desiderio e Marcella Lamberti), nella celesta (Riccardo Fiorentino) e in special modo nelle percussioni (Roberto Di Marzo ai timpani e un Franco Cardaropoli ottimo ai piatti e alle nacchere). Infine, forse alla corda per i serrati doppi turni, luci e ombre fra gli archi guidati dal violino di spalla ospite Myriam Dal Don, mentre una menzione speciale spetta alla prima tromba Fabrizio Fabrizi, immenso fuoriclasse e musicista di bel temperamento, tanto da alzarsi in piedi durante le sue battute d'aspetto ma in pieno spettacolo e dando le spalle al direttore che continuava a sbacchettare, giusto per dare un'occhiata alla danza in palcoscenico. Calorosi gli applausi per tutti al termine.

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