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  • Paola De Simone​ ​​ ​

"Intorno, silenzio e pace. Che incanto! E io devo morire?". Dramma borghese e di anime oppresse, Kát'a Kabanová, fra i massimi capolavori del "Puccini cèco" Leóš Janáček, serrato com'è fra le pareti di un'asfittica società borghese, meschina e prepotente. Non lontana dalla recentemente applauditissima "Lady" di Šostakovič, l'opera in tre atti arriva da stasera (ore 19, con repliche fino a giovedì 20) sul palcoscenico del Teatro San Carlo, quale secondo titolo della Stagione, con una compagnia di voci specializzate nel repertorio, produzione in bianco e nero claustrofobica quanto di forte impatto simbolico con targa Staasoper di Amburgo (nelle foto di Erik Berg) e firma di Willy Decker, in prima italiana. Quindi, sul podio di Orchestra e Coro (preparato da Gea Garatti) della Fondazione, la bacchetta migliore per restituirne il senso, la forza e il più autentico marchio a fuoco linguistico. Vale a dire, la bacchetta di Juraj Valčuha, straordinario Direttore musicale del Lirico napoletano confermato in secondo mandato, ultimo Premio Abbiati per il podio e raro interprete dell'autore in cartello.

Al centro di una trama fatta di relazioni familiari complesse, c'è la storia di Katerina, o Káta, trascurata dal marito Tichon, osteggiata dalla gelosa e austera suocera Marfa Kabanowa (Kabanicha), aiutata a tradire e ad amare l'aitante Boris con la complicità della figlia e cognata "adottiva" Varvara. E fino comprensibilmente ad arrivare a esplodere e fuggire, aprendo quel dannato cancello della sua casa-gabbia, per sentirsi viva, almeno per pochi istanti, entro il vortice di un uragano psico-meteorologico presto volto in senso di colpa, condanna e tragedia. Ed è con le parole citate in apertura che lei, "donna di animo dolce e gentile" che "un alito di vento la spazzerebbe via", andrà incontro alla morte, cercando la sua tomba, e la sua libertà, nelle acque gelide del grande Volga. E quando il suo corpo verrà ripescato, l'odiosa torturatrice Kabanicha, lapidaria, concluderà: "Grazie, brava gente, vi ringrazio per il vostro aiuto!".

Di conseguenza, Willy Decker ambienta l'azione – che, secondo didascalia e libretto scritto dallo stesso compositore, si svolge nella cittadina di Kalinov, sulle rive del Volga, negli anni Sessanta dell’Ottocento con due settimane di tempo fra il secondo e il terzo atto – in un passato indeterminato ma non troppo lontano, in un mondo claustrofobico di lana nera e gessato. Le scene e i costumi – netti e in gran parte monocromatici – di Wolfgang Gussmann rispecchiano l’oppressione dei personaggi imprigionati in una sola stanza, di legno, grigia, scarsamente arredata, a volte aperta per rivelare il cielo che però è sempre oltre, fuori portata. Il libretto, dello stesso Janáček, ispirato al dramma "L'uragano" (Groza) di Ostrovskij, mostra il vivo interesse del compositore per la cultura e la letteratura russa e una particolare attenzione per le modulazioni della lingua, con un tentativo di restituzione delle inflessioni del parlato, che rende il testo di difficile traducibilità. Emerge, inoltre, una ricercata aderenza al reale che porta il personaggio di Kát’a a imporsi come emblema della lotta alle stringenti convenzioni imposte dalla società, pagando con la vita il prezzo di un’agognata indipendenza.

Quanto alla musica, il direttore Valčuha spiega: «Janáček si interessava alla melodia della lingua parlata. La sua era quasi un’ossessione: osservava il rapporto fra il significato delle parole e il loro suono. Quando camminava per le strade aveva sempre un taccuino su cui scriveva frasi brevi o solo alcune parole che sentiva, e insieme annotava le loro melodie e i loro ritmi. Questo gli ha fatto pensare alla musica, e specialmente alla musica vocale, in un modo molto diverso dagli altri».

Quale la genesi? L’idea di mettere in musica un testo carico di forte realismo psicologico arriva al compositore e librettista cèco su suggerimento di Václav Jirikovskij, direttore del teatro di Brno, dove avvenne la prima rappresentazione nel 1921, ma è soprattutto dettata dalla sua esperienza biografica, dal momento che il personaggio di Kát’a è disegnato su modello dell’amata Kamila Stösslová. Lo stesso Janáček scrisse in una lettera a lei indirizzata: «Ho incominciato a comporre una nuova opera. La protagonista è una donna, di carattere molto mite [...] basterebbe un colpo di vento a trasportarla via, per non parlare della tempesta che si riversa su di lei».

Lo scenario nel quale ha luogo la vicenda è marcatamente dicotomico: al tormento che affligge l’Io protagonista, corrisponde l’idillio rappresentato da una Russia immersa in “silenzio e pace”. Nel cast di specialisti: i soprani Pavla Vykopalová e Barbara Haveman, nei panni di Katerina Kabanová, il tenore Ludovit Ludha (Tichon Ivanyč Kabanov), il contralto Gabriela Beňačková (Marfa Kabanová), i tenori Misha Didyk e Magnus Vigilius (Boris Grigorjevič), il basso Sergej Kovnir (Savël Dikoj), il mezzosoprano Lena Belkina (Varvara) e il tenore Paolo Antognetti (Kudrjás).

Intanto, martedì scorso al termine di un non facile confronto con le OO.SS. territoriali, legato alle problematiche conseguenti all’emanazione del “Decreto Dignità” e ad una sentenza della Corte di Giustizia Europea, la Sovrintendenza del Teatro San Carlo e le Segreterie territoriali di Slc-CGIL, Fistel-CISL, Uilcom-UIL, con l’esclusione della Fials-CISAL, hanno recepito l’accordo quadro firmato in data 6 XII 2018 dall’Anfols e da tutte e quattro le OO.SS nazionali. Un passo importante, come ha sottolineato la sovrintendentre Rosanna Purchia (nella foto a seguire), che in merito ha dichiarato: «Sono molto soddisfatta, questo atto mette in sicurezza i lavoratori e la programmazione del teatro. Si riafferma così il senso di responsabilità dei sindacati come pure una vicinanza della Direzione ai lavoratori. Da anni le Fondazioni liriche aspettano una specifica legge sul settore ed una disciplina chiara sui contratti a termine. I sovrintendenti con le OO.SS. hanno dovuto spesso far fronte a questa indeterminatezza legislativa. La specificità dello spettacolo dal vivo si fonda, per definizione, su una programmazione artistica che varia e che detta numeri e organici. Pertanto è necessaria una normativa specifica e chiara corrispondente alle esigenze del settore. Auspico che, finalmente come promesso, il ministro Bonisoli affronti e risolva in modo definitivo questa annosa questione». La Sovrintendente conclude non nascondendo il rammarico per la mancata firma della Fials-CISAL: “spero che ci ripensi”.

Nel frattempo ieri, dura la reazione del Coro (nella foto sopra) che, alla decisione presa dai vertici di sospendere il musical di Gershwin previsto in locandina dal 3 al 9 febbraio 2019 e di dirottare parte degli artisti nella produzione in prima stasera, si è riunito in assemblea unitaria, discutendo su due punti sostanziali: il "congelamento" di Lady, Be Good che vedeva impegnati 20 artisti del Coro ai quali è stato repentinamente chiesto di confluire nella produzione Ka'ta Kabanová, a due giorni dalla prima rappresentazione, circostanza mai verificatasi nella storia del Teatro San Carlo e, rispetto a cui, le OO.SS si riservano di verificarne la liceità contrattuale; l'atto di sfiducia manifestato dagli artisti del Coro nei confronti della Direzione Artistica e del Direttore del Coro, riservandosi di motivarne le ragioni. Dall'assemblea, il settore Coro ha pertanto stilato e ratificato un documento che, in sintesi, visto il "congelamento" della produzione Lady Be Good e l'iniziale spacchettamento dell'organico corale in due gruppi su partiture diverse per poi ricompattarlo nella produzione già in corso (Kát'a Kabanová, ndr) a soli due giorni dalla "prima", esprime preoccupazione per un iter che "mina radicalmente la fiducia del Coro nei confronti dell'operato della Direzione artistica del teatro e compromette una serena e proficua collaborazione con il Direttore del Coro".

Si vieta la riproduzione dell'articolo e di ogni altra sua parte

TEATRO DI SAN CARLO/Opera

dal 15 al 20 dicembre 2018

Leoš Janáček /

KÁT’A KABANOVÁ

Opera in tre atti su libretto di Leoš Janáček e Vincenc Cervinka, dal dramma Grosa (Il temporale) di Aleksandr Ostrovskij

Prima rappresentazione: Brno, Teatro Nazionale, 23 novembre 1921

Direttore | Juraj Valčuha Maestro del Coro | Gea Garatti Regia | Willy Decker ripresa da Rebekka Stanzel Scene e Costumi | Wolfgang Gussmann Luci | Hans Toelstede riprese da Wolfgang Schünemann Drammaturgia | Klaus Bertisch Assistenti ai Costumi | Erika Eilmes e Sara Berto

Interpreti Katerina Kabanová, detta Kát'a moglie di Tichon, Pavla Vykopalová (15, 18 e 20 dicembre) / Barbara Haveman (16 e 19 dicembre) Tichon Ivanyč Kabanov, figlio di Marfa, Ludovit Ludha Marfa Kabanová, detta Kabanicha, vedova di un ricco mercante, Gabriela Beňačková Boris Grigorjevič, nipote di Dikoj, Misha Didyk (15, 18 e 20 dicembre) / Magnus Vigilius (16 e 19 dicembre) Savël Dikoj, mercante, Sergej Kovnir Varvara, figlia adottiva in casa Kabanov, Lena Belkina Vana Kudrjás, assitente di Dikoj, Paolo Antognetti Kuligin, amico di Kudrjás, Donato Di Gioia Glasa, servitrice, Sofya Tumanyan Feklusa, servitrice, Francesca Russo Ermolli

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo

Produzione Staatsoper Hamburg

SERIE BLU

sabato 15 dicembre 2018, ore 19.00 - Turno A domenica 16 dicembre 2018, ore 17.00 - Turno F martedì 18 dicembre 2018, ore 20.00 - Turno C/D – Turno M Opera e Danza mercoledì 19 dicembre 2018, ore 18.00 - Turno B giovedì 20 dicembre 2018, ore 18.00 – Turno M Concerti

Spettacolo in Ceco con sovratitoli in Italiano e in Inglese

Durata: 1 ora e 40 minuti circa senza intervallo

Moralismo religioso e vincoli familiari, alcolismo e suicidio sono alcuni tra gli elementi di fondo che in Káťa Kabanová di Leoš Janáček si mescolano per dare vita a una storia straordinariamente potente. Willy Decker la ambienta in un passato indeterminato ma non troppo lontano, in un mondo claustrofobico di lana nera e gessato. Le scene e i costumi - netti e in gran parte monocromatici - di Wolfgang Gussmann rispecchiano l'oppressione dei personaggi imprigionati in una sola stanza, di legno, grigia, scarsamente arredata, a volte aperta per rivelare il cielo che però è sempre oltre, fuori portata. Il tema del volo, della fuga è vitale per l'opera in sé ed è reso ancora più esplicito nella produzione di Decker con un preciso segno: Káťa è ossessionata dagli uccelli e trascorre gran parte dello spettacolo cercando invano di appendere alla parete l'immagine di un uccello in volo, un simbolo della libertà che desidera, ma che non potrà mai avere.

Willy Decker

Nato nel 1950 in Germania, Willy Decker studia dapprima Violino e successivamente Filosofia, Teatro, Musica e Canto alla Hochschule für Musik di Köln. Scelto come regista assistente al Teatro di Essen, successivamente lavora al Teatro Lirico di Cologne dove ha l’occasione di collaborare con registi di fama mondiale come Hans Neugebauer, Harry Kupfer, Jean-Pierre Ponnelle e Michael Hampe. Nel 1986 presso lo stesso teatro diventa regista principale. Si guadagna l’attenzione internazionale mettendo in scena le prime mondiali di Pollicino a Montepulciano, Macbeth di Antonio Bibalo a Oslo e Das Scloß di Aribert Reimann a Berlino nel 1991. Debutta al Salzburg Festival nel 2004 con Die tote Stadt di Korngold e nel 2005 vi torna per una acclamata produzione di Traviata con Anna Netrebko e Rolando Villazón, allestimento di successo grazie anche alla fruttuosa collaborazione con lo scenografo e costumista Wolfgang Gussmann. È impegnato anche al Maggio Musicale Fiorentino e al Drottningholm Festival in Svezia. Nel 2008 diventa direttore artistico del Ruhrtriennale Festival che nel 2009 inaugura con una memorabile produzione di Moses und Aron di Shönberg e che chiude con Tristan und Isolde nel 2011. Tra i teatri che lo hanno visto impegnato: Wiener Staatsoper, Opéra de Paris, Royal Opera House Covent Garden, e i teatri lirici di Chicago, Bruxelles, Amsterdam, Ginevra, Madrid, Barcellona. I suoi allestimenti sono sempre più richiesti: La traviata è stata ripresta più volte al Met e alla Nederlandse Opera di Amsterdam, Peter Grimes alla New National Opera di Tokyo, Der Fliegende Holländer al Teatro Regio di Torino, Don Carlo all’Opera di Varsavia.

Juraj Valčuha

Dall’ottobre 2016 Juraj Valčuha è Direttore Musicale del Teatro di San Carlo di Napoli, nonché Primo Direttore Ospite della Konzerthausorchester di Berlino. Inoltre è stato Direttore Principale dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai dal 2009 al 2016. Nato nel 1976 a Bratislava, vi studia Composizione e Direzione, proseguendo poi gli studi a San Pietroburgo con Ilya Musin e a Parigi.

Nel 2006 debutta con l’Orchestre National de France e inizia la carriera italiana al Comunale di Bologna con La bohème. Da allora è salito sul podio delle orchestre più prestigiose quali i Münchner Philharmoniker, Gewandhausorchester di Lipsia, Staatskapelle di Dresda, Berliner Philharmoniker, le orchestre di Radio di Francoforte, NDR Amburgo, Radio Svedese, Orchestra del Concertgebouw di Amsterdam, le orchestre americane di Pittsburgh, Los Angeles, San Francisco, National Symphony, New York Philharmonic, Chicago Symphony, Cleveland Orchestra, Philharmonia di Londra, Filarmonica della Scala e Orchestra dell´Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Con l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ha effettuato tournée al Musikverein di Vienna, alla Philharmonie di Berlino, a Colonia, Monaco e Zurigo, nella stagione di Abu Dhabi Classics e al Festival Enescu di Bucarest. In campo operistico ha diretto recentemente Parsifal all’Opera di Budapest, Turandot, Elektra, La fanciulla del West e Lady Macbeth del distretto di Mtsensk al San Carlo di Napoli, Jenůfa e Peter Grimes al Comunale di Bologna, L’amore delle tremelarance e Faust all’Opera di Firenze. Tra gli appuntamenti di questa stagione segnaliamo il suo ritorno con la New York Philharmonic, Cleveland Orchestra, San Francisco e Pittsburgh Symphony, Philharmonia, la BBC Symphony, i Wiener Symphoniker e le Orchestre dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e dell’OSN Rai. Dirigerà Salomé al Teatro Comunale di Bologna. È stato insignito del Premio Abbiati 2018 come migliore direttore d’orchestra.

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