A quattro anni di distanza torna in stagione al Teatro San Carlo, ma stavolta non al Teatrino di Corte bensì al Politeama, un titolo cult per l’epoca di un genere buffo ormai al tramonto, il Don Checco di Nicola De Giosa (nelle foto di Francesco Squeglia), scritto nel 1850 per il Teatro Nuovo di Napoli con il record di 96 repliche dopo la prima rappresentazione ed operina prediletta da Ferdinando II di Borbone, con partitura autografa e libretto manoscritto custoditi nella Biblioteca del Conservatorio “San Pietro a Majella”. Un piccolo capolavoro in due atti su libretto di Almerindo Spadetta, in locandina da sabato 17 novembre a martedì 20 nello stesso allestimento portato in prima moderna (dopo una ripresa barese, ma in forma di concerto, nel marzo 2013) nell'aprile 2014 a Palazzo Reale, in coproduzione con il Festival di Martina Franca, con la regia di Lorenzo Amato, revisione di Lorenzo Fico, Orchestra più Coro maschile della Fondazione all'epoca diretti da Francesco Lanzilotta e un cast di giovani, valentissime voci. «È un gioco divertente, criticamente arguto e anche un po’ cinico, che prende in giro la stessa opera buffa quanto, citandola qua e là, la lirica romantica» ebbe a dichiararci in merito il regista Amato. E a seguire: «Come a dire, si accantona il genere comico per Verdi e Wagner? E io lo metto in parodia. Ed è un’opera che funziona meravigliosamente in palcoscenico, semplicemente spingendo il pedale sulla gestualità e sulle pose teatrali di rito, evidenziandone i codici di una scrittura “madre” che ritroviamo alle radici di una produzione napoletana emblema stesso dell’Italia teatrale nel mondo, compresi Totò, Eduardo e Scarpetta. Don Checco è, insomma, un titolo da riscoprire qui come all’estero, come una Filumena Marturano». Inoltre, riferendosi allo spostamento dell'azione negli anni Quaranta: «Guardandomi indietro, mi sono reso conto di poter anche azzardare un Don Checco ai giorni nostri, essendo del resto i temi trattati, ahimè, attualissimi, proclamati nel finale in una esilarante morale sui debiti e sul messaggio del reciproco aiuto». Quindi oggi, a distanza dei quattro anni trascorsi, Lorenzo Amato commenta: «Devo ammettere che, inizialmente, ero abbastanza perplesso sulla partitura, che mi appariva un po’ di maniera, e su una drammaturgia tutto sommato fragile: una trama molto semplice, personaggi già visti e conosciuti in molte altre occasioni. Solo mettendola in scena mi sono reso conto delle enormi potenzialità di quest’opera dimenticata, forse proprio perché la teatralità, il bisogno di essere agita su palcoscenico sono tra i tratti più validi e stimolanti di questa partitura. Mi sono accorto di come la fragilità della trama e quelli che inizialmente mi sembravano manierismi musicali fossero in realtà a servizio di un qualcosa di ben più interessante: in un momento storico in cui l’opera buffa, che tanto aveva dominato la scena fino ad allora, sembrava essere destinata al declino, Nicola De Giosa compone un’opera a compendio di tutte le altre opere buffe, con un’ironia e una dose di cattiveria, che oso definire geniali. È come se Don Checco fosse l’opera buffa che si fa gioco del genere dell’opera buffa e quindi di se stessa». La vicenda riprende schemi e convenzioni tipici del genere comico, sviluppandosi attraverso un gioco di equivoci e malintesi: ne è travolto Don Checco (Domenico Colaianni), scaltro spiantato, con l’esattore Succhiello Scorticone (Giuseppe Esposito) alle calcagna. Verrà creduto il Conte de’ Ridolfi, signore della zona, che compare sulla scena nelle vesti del pittore Roberto (Rocco Cavalluzzi), in incognito per tener d’occhio i suoi sudditi. Lottano per il loro amore i due giovani, Fiorina (Barbara Bargnesi) e Carletto (Giovanni Sala), contro il burbero Bartolaccio (Carmine Monaco), padre della ragazza.
Sul podio di un organico dalle proporzioni moderne (sei voci, coro di tenori e bassi più orchestra con un esercito di fiati dall’ottavino ai 4 tromboni, incompatibile con la buca del teatrino di Corte) salirà stavolta Carmine Pinto. Scene di Nicola Rubertelli, costumi di Giusi Giustino e luci di Vincenzo Raponi.
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Sabato 17 Novembre 2018, ore 20.00
Domenica 18 Novembre 2018, ore 17.00
Martedì 20 Novembre 2018, ore 20.00
TEATRO POLITEAMA
Nicola De Giosa / DON CHECCO
Opera buffa in due atti
Libretto di Almerindo Spadetta
Prima rappresentazione: Napoli, Teatro Nuovo, 11 luglio 1850.
Direttore | Carmine Pinto
Regia | Lorenzo Amato
Assistente alla Regia e Coreografo | Giancarlo Stiscia
Direttore del Coro | Gea Garatti Ansini
Scene | Nicola Rubertelli
Costumi | Giusi Giustino
Luci | Vincenzo Raponi
Assistente ai costumi | Concetta Nappi
Interpreti
Don Checco, Domenico Colaianni
Bartolaccio, Carmine Monaco
Fiorina, Barbara Bargnesi
Carletto, Giovanni Sala
Signor Roberto, Rocco Cavalluzzi
Succhiello Scorticone, Giuseppe Esposito
Allestimento del Teatro di San Carlo in coproduzione con Festival della Valle d'Itria
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo