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Paola De Simone

Tecnica e stile, scatto, eleganza, velocità, temperamento. E, in special modo, tanta voglia di ballare, con entusiasmo e grande impegno, nel giro breve e non facile di quattro, diversi quadri stretti sotto un'unica cornice di circa sessanta minuti, in bilico fra un Gala di danza fatto di virtuosismi molteplici ma solo con le risorse interne e una batteria di climax giocati fra pas de deux e pas classique. Dunque cadendo in piedi e con abilità indubbiamente apprezzabile nel dar vita, forma e sostanza a uno spettacolo tirato fuori come una carta jolly e su base sonora registrata al cambio veloce dello spettacolo previsto in apertura per la nuova Stagione di Balletto al Teatro San Carlo, ossia l'atteso e purtroppo eliminato Rossini Cards di Mauro Bigonzetti idealmente concepito e proposto in linea ideale con le celebrazioni di quest'anno dedicate al Pesarese. Il tutto, fra l'altro, per la prima volta in assenza del pur ormai rodato e consueto Autunno Danza.

(Nelle foto di Luciano Romano: Claudia D'Antonio e Salvatore Manzo nel Gran pas classique di Auber-Gsovsky; i quattro uomini in Raymonda; Carlo De Martino in Paquita; Alessandro Staiano in Raymonda; Sara Sancamillo in Čajkovskij Classique e ancora, a seguire, Claudia d'Antonio. Sopra, foto di gruppo dopo il Grand classique da Raymonda).

In compenso, il serrato florilegio proposto dalla Compagnia di Balletto del Lirico napoletano - è bene sempre ricordarlo, fra le rare realtà nazionali sopravvissute all'interno di una Fondazione lirico-sinfonica e da due anni capitanata con rinnovato slancio dal coreografo-étoile Giuseppe Picone - ha avuto il merito di restituire in primo piano alcuni fra i cammei meno frequenti e maggiormente preziosi della storia coreutica romantica, con relative declinazioni, quali il Pas de trois dal balletto Paquita creato nel cuore del secolo diciannovesimo da Marius Petipa sulle musiche di Ludwig Minkus per i Teatri Imperiali di San Pietroburgo, il Grand pas classique sulle note ottocentesche di Daniel Auber, ma nella versione coreografica novecentesca di Victor Gsovsky, e il Grand pas classique con cuore à la hongrois dalla deliziosa Raymonda realizzata dall'ultimo Petipa per il Mariinskij. Quindi, al centro, un omaggio alla contemporaneità con il Čajkovskij Classique, folgorante primizia firmata dallo stesso Giuseppe Picone sulle note del terzo movimento della Sinfonia n. 6 dell'autore del Lago dei cigni, della Bella addormentata nel bosco e dello Schiaccianoci: un Pas de Cinq potente e raffinatissimo al contempo, energico, esatto e sublime secondo l'alta lezione coreutica e visuale di un architetto par excellence della danza del nostro tempo, qual è stato l'immenso George Balanchine. Altro pregio, il bel primo piano su solisti e tersicorei stabili o aggiunti della Compagnia sancarliana di nuova generazione. Vale a dire un sempre notevolissimo Carlo De Martino nel conciliare stile, espressione, agilità fra salti e giri più la debita tinta iberica al fianco delle apprezzate Giovanna Sorrentino e Luana Damiano per il Pas de trois da Paquita e così, a seguire, impeccabile il gruppo dei cinque sulle travolgenti note di Čajkovskij - una perfetta Sara Sancamillo (fra le migliori non solo per la sensibilità delle linee ma per la rara intesa metrico-ritmica fra gesto e suono), una brava Annalisa Casillo (la sera precedente c'era Martina Affaticato) con Danilo Notaro al posto del previsto direttore-coreografo-étoile più i fisicamente in gran forma Ertugrel Gjoni e Giuseppe Ciccarelli (avvicendatosi con Ferdinando De Riso) - ottimi tutti nel coniugare, nelle rispettive fisicità scolpite, rigore apollineo e tempra vertiginosa, fra simmetrie, slanci e tensioni.

Ulteriore bel banco di prova, e fra i più ardui, il Grand pas classique di Auber firmato nel 1949 da Victor Gsovsky, assegnato alla coppia ben salda quanto speciale formata da Claudia D’Antonio e Salvatore Manzo, forti entrambi di un solidissimo magistero tecnico e uniti in una rara sintonia interpretativa.

Infine, dopo gli scenari affini a quanto già impiegato in spettacoli precedenti e tolto il terzo lampadario malfunzionante, su fondale metateatrale dipinto a vago ma in tal caso ben centrato ricordo dell'antico Mariinskij, luogo legato al debutto del titolo, sono arrivati i protagonisti per Raymonda, con il tandem principale formato dagli esemplari Anna Chiara Amirante (Raymonda) e Alessandro Staiano (Jeanne de Brienne), belli e perfetti entrambi nell'impiego di piedi, gambe e braccia, accanto alla solista Martina Affaticato, più i quattro uomini (Stanislao Capissi, Ertugrel Gjoni, Danilo Notaro, Francesco Lorusso) e le sei coppie in brillante, velocissima sincronia quanto in caratteristica forma.Teatro pieno e tanti gli applausi al termine.

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