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Paola De Simone​ ​​ ​

Una voce morbida e intensa, dalle speciali tinte notturne. Straordinariamente omogenea lungo l'intera estensione del proprio registro di mezzosoprano e al vertice di una bellezza sublime, più che all'acuto, entro lo scavo profondo e al confine con la piena e brunita tessitura contraltile. Una voce che è al contempo, nella tornitura sempre esatta di volumi, timbri ed accenti, canto popolare autentico della propria terra e nobile reminiscenza romantica ispirata ai modelli tedeschi, luce soffusa, sogno e mistero. Ora in complicità segreta con la natura, ora espressione del dolore, voce dell'anima sospesa in un'utile attesa. Ma, anche, vivace spirito salottiero in gioco fra gli estremi in pentagramma.

È quanto mirabilmente messo a segno da una magnifica Olga Borodina (nella foto), mezzosoprano sanpietroburghese classe 1963 e artista fra le più apprezzate al mondo, applaudita per la prima volta al Teatro San Carlo in recital e in data unica con un programma non distante da quello ascoltato undici anni fa dall'indimenticato Hvorostovsky, ossia diviso fra Canzoni e Romanze composte da Rachmaninov e, qualche decennio prima, da Čajkovskij. Al suo fianco al pianoforte, nell'occasione, c'era l'ottimo Vasily Popov, giovane pianista rivelatosi ideale a garantire, in qualità di sapiente deuteragonista e dunque apprezzabile ben oltre il ruolo di puntuale accompagnatore, intese ed equilibri efficacissimi tanto per tecnica e stile che per la scelta sempre accuratissima di colori e dinamiche.

Del primo compositore, nell'arco di un programma esattamente bipartito in due serie da nove pagine ciascuna, la Borodina ha cesellato fra gli applausi piccole perle estratte dalle opere 4, 8, 14 e 21, appartenenti ai gruppi di anni 1890-1893, 1894-1896 e 1900-1901. Del "Mattino", op. 4 n. 2, ha distillato in canto con cura le trame preziose del bellissimo testo di Janov (Ti amo! / L'alba sussurra al giorno [....] e un raggio di sole [...] con un sorriso le manda un bacio ardente. / E il giorno [....] con un sorriso asciuga / le sue lacrime scintillanti come file di diamanti), per poi passare a disegnare, con viva tempra melodica e accenti di volta in volta vibranti o dolenti, i significati e i significanti uniti ad armonie antiche e moderne dell'op. 8, n. 2 "Bimbo sei bello come un fiore" e n. 5 "Il sogno" su testo di Plaščeev da Heine, dell'op. 4 n. 3 "Nel silenzio della misteriosa notte", dell'op. 8 n. 4 "Mi sono innamorata della mia tristezza", dell'op. 21 nn. 7, 12 e 4 ("Com’è bello questo posto", "Quanto mi fa male" e "Lillà") e fino a chiudere la prima parte con una pagina di pregio raro, "Ti aspetto", romanza su testo di Marija Avgustovna Davidova e posta in apertura dell'op. 14, un'invocazione che è implorazione ([...] Ti aspetto! Soffrendo e amando, / conto ogni attimo / piena di nostalgia e di impazienza. / Ti aspetto!), ribadita in crescendo emotivo e ascesa di registro fino alla chiusa pregnante consegnata al solo pianoforte.

Più vicina alla vocalità teatrale di tradizione russa, la seconda parte della serata ha visto esplorare le ampie e accorate melodie di Čajkovskij attraverso un'antologia parimenti articolata per tessere brevi (con l'op. 60 n. 12, l'op. 6 n. 1, la bellissima Serenata op. 65 n. 3, l'op. 28 n. 6, l' op. 38 n. 2, op. 60 n. 6, l'op. 73 n. 4 e con l'op. 73 n. 6) ma ben variegate e atte a svelare a pieno l'arte del passaggio e le peculiari risorse tecnico-espressive della divina, applauditissima Borodina. Al termine due bis per un teatro dal pubblico, purtroppo, non particolarmente folto.

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