Non serio e non buffo, a un anno dall'Armida, dalla Cenerentola e dalla Gazza ladra, a due dal Barbiere di Siviglia e dall'Otello, ma unico esempio con il suo genere biblico a sé, a mezza via fra grande oratorio e opera in musica, tanto nel panorama coevo dei Reali Teatri di Napoli quanto negli attuali repertori lirici in cartello. È il Mosé in Egitto di Gioachino Rossini (nelle foto di Luciano Romano), azione tragico-sacra in tre atti su libretto di Andrea Leone Tottola scritta per la Quaresima dell'anno 1818 e quarto dei nove titoli messi a segno dall'autore negli anni partenopei (1815-1822), quindi non a caso scelto dal Teatro San Carlo per inaugurare l'anno rossiniano (a un secolo e mezzo dalla morte) portandolo nuovamente in scena a 200 anni esatti dalla prima assoluta (stasera, ore 20 e con repliche fino a martedì 20) in parallelo all'inaugurazione (oggi alle ore 18) della bellissima mostra documentale al MeMus dal titolo “Furore napoletano”, a cura del massimo studioso e collezionista del compositore di Pesaro, Sergio Ragni. L’allestimento proposto è quello della Welsh National Opera di quattro anni fa, mai fin qui portato in Italia, a firma del regista David Pountney, con le scene ispirate ai colori di Chagall su realizzazione di Raimund Bauer, con i costumi di Marie-Jeanne Lecca e le luci di Fabrice Kebour.
Di bel pregio il cast, guidato da Carmela Remigio (Elcìa), Alex Esposito (Faraone), Giorgio Giuseppini (Mosè), Christine Rice (Amaltea) ed Enea Scala (Osiride). Sul podio dell'Orchestra della Fondazione e del Coro preparato da Marco Faelli salirà, per la prima volta, il talentuoso quanto estroso violinista e direttore d'orchestra ravennate, classe 1969, Stefano Montanari.
«La mia messinscena - spiega il regista britannico David Pountney - sarà molto semplice, astratta. Non ci sarà il deserto, e il Mar Rosso sarà evocato da rimandi iconografici. Il palcoscenico è sormontato da due grandi muri, uno rosso e uno blu, colori molto intensi che fanno pensare alle cromìe di Chagall. La sua pittura ha raffigurato molti soggetti sacri. Ma ho voluto evocare anche Rothko, i cui contrasti di colore rappresentano l’eterna lotta antagonistica tra due forze, tra il bene e il male. Ma chi stabilisce dove è il bene e dove il male? Per me quest’opera ci parla sempre di un conflitto tra politica e religione».
Storia e religione, patria e amore sullo sfondo della schiavitù e fuga degli Ebrei, fra tenebre e luce. Al buio inizierà infatti l'opera, senza Sinfonia, e in soluzione moderna concentrata sui recitativi, sui pezzi d'assieme e sui pannelli corali in luogo di un canonico primo piano sulle arie. Tenebre non solo in sala e sul palco ma anche in buca dove, già al varo di Cardiff, furono sperimentate le lampade a luci ultraviolette, con partiture evidenziate in giallo fluo e le bacchette luminescenti per il direttore d'orchestra, così come si vedrà anche in questa edizione partenopea.
Una storia che in realtà si interseca con quella dei protagonisti del tempo: Rossini, in qualità di autore e poi direttore dei Teatri di Napoli che, solo dopo la prima rappresentazione, avrebbe aggiunto alla partitura la pagina divenuta emblematica dell'opera tutta, la Preghiera corale al terzo atto "Dal tuo stellato soglio"; quindi Isabella Colbran, voce mitica e sposa futura di Rossini nel ruolo di Elcìa, accanto al tenore Andrea Nozzari (Osiride) e al basso Michele Benedetti (Mosé).
Una realtà parallela che si ripercorre a meraviglia con la prima mostra realmente realizzata in forma compiuta ed organica nel vicino Museo della Memoria Musicale (MeMus) e, in sezione staccata (a cura di Maria Rascaglia, Maria Gabriella Mansi, Maria Antonietta D'Angelo e Rosaria Savio) che sfoggia anche il rarissimo ritratto di Rossini nell'anno della partenza da Napoli (ultima foto in basso), nella sala delle Esposizioni della Biblioteca Nazionale di Napoli: in vetrina, un intero patrimonio di cimeli e documenti, illustrati già ieri mattina alla stampa, provenienti dalle collezioni di Sergio Ragni e di Luigi Cuoco, dall'Archivio Storico della Fondazione Banco di Napoli e dalla Lucchesi Palli della Biblioteca Nazionale. Fedi di credito e incisioni, libretti e Cavatine, ritratti, litografie, medaglie, regolamenti, contratti, locandine, bozzetti e ogni altro ben di Dio sugli anni napoletani per i cui palcoscenici Rossini compose l'Elisabetta regina d'Inghilterra, La Gazzetta, l'Otello, Armida, appunto il Mosè in Egitto, Ermione, La donna del lago, Maometto secondo, Zelmira.
«Il Mosè in Egitto si colloca giusto nel cuore del periodo napoletano di Rossini - spiega lo specialista ed ex sovrintendente dell'Accademia di Santa Cecilia, Bruno Cagli - e di quell’esperienza di rinnovamento dell’opera seria italiana che, iniziata con Otello, doveva concludersi con Zelmira, prima che Semiramide ponesse il suggello alla carriera italiana del compositore. Drammaturgicamente e musicalmente le opere napoletane hanno stilemi propri: soppressione quasi costante, dopo Otello, della sinfonia di apertura, allargamento in qualche caso dell’impianto da due atti a tre, tentativo di superare i numeri chiusi con criteri nuovi. Sono queste solo alcune di quelle caratteristiche delle opere serie napoletane che Rossini non tentò di imporre nelle coeve produzioni per gli altri teatri italiani. E non è casuale che, dovendo alcuni anni dopo cercare un raccordo tra il nuovo corso della sua produzione in Francia e il suo vecchio repertorio, egli si sia rivolto proprio a due opere napoletane, Mosè in Egitto e Maometto II che, per il soggetto e la struttura, gli permettevano di inserirsi agevolmente nell’ambito del nascente grand-opéra».
Dunque, non solo spettacolo, ma una ben più vasta operazione che va a restituire i rapporti fra il compositore di Pesaro e la città del Golfo. All'incontro con la stampa, la sovintendente Rosanna Purchia ha infatti sottolineato: «Nell'anno che celebra la morte di Gioachino Rossini, il San Carlo si fa promotore di una serie di iniziative che puntano alla valorizzazione di una memoria storica e artistica, che vanno a porci al centro delle Celebrazioni nazionali del 150° anniversario ricordato dall'intera Italia dell'opera in onore del grande compositore».
«Che i sette anni trascorsi da Rossini a Napoli come direttore musicale del Teatro di San Carlo, chiamato a questo incarico da Domenico Barbaja, siano anni fondamentali non solo per la carriera del grande musicista - ha aggiunto il direttore artistico Paolo Pinamonti - ma lo siano soprattutto per la definizione dei caratteri essenziali del melodramma romantico, è ormai un dato acquisito e riconosciuto dalle ricerche storiche e musicali più recenti. I nove lavori scritti per il Massimo partenopeo, più altri lavori composti per Roma, Il barbiere di Siviglia (1816) e Cenerentola (1817), per Milano, La gazza ladra (1817), e Venezia, Semiramide (1823), rappresentano un compendio delle differenti declinazioni dell'opera romantica». Infine, sui documenti della Biblioteca Nazionale di Napoli, il Direttore Francesco Mercurio ha aggiunto: «Tali celebrazioni rappresentano per la Nazionale una straordinaria opportunità per proporre lo spaccato della vita musicale ed artistica della prima metà dell'Ottocento napoletano. Ma non solo. Sono anche l'occasione per rinsaldare i nostri rapporti con il vicino Teatro di San Carlo in un quadro di rilancio dell'intero Palazzo Reale, rilancio di cui si è fatto artefice il Polo museale campano del Mibact».
La mostra sarà visitabile dal martedì al sabato dalle ore 10 alle 17 e, la domenica, dalle 10 alle 14.
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Giovedì 15 Marzo ore 20.00 - Sabato 17 Marzo ore 18.00
Domenica 18 Marzo ore 17.00 - Martedì 20 Marzo ore 20.00
Gioachino Rossini
Mosè d’Egitto
Direttore | Stefano Montanari / Maurizio Agostini (20 marzo)
Regia | David Pountney
Scene | Raimund Bauer
Costumi | Marie-Jeanne Lecca
Luci | Fabrice Kebour
Assitente alla Regia | Polly Graham
Faraone, Alex Esposito
Amaltea, Christine Rice / Arianna Vendittelli (17 marzo)
Osiride, Enea Scala
Elcia, Carmela Remigio / Karen Gardeazabal (17 marzo)
Mambre, Alisdair Kent
Mosè, Giorgio Giuseppini / Goran Juric (17 marzo)
Aronne, Marco Ciaponi (15 marzo, 18 marzo) / Krystian Adam (17 marzo, 20 marzo)
Amenofi, Lucia Cirillo
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
Allestimento della Welsh National Opera