Sono in tre ma, ad unirli nel respiro e nel suono come se fossero un unico strumento, è il loro linguaggio performativo dalla controllatissima perfezione e dall'intesa d'insieme sorprendente: asciutto e acuminato, in coesione e tensione febbrile, calibrato sulle medesime cromie e intenzioni espressive. Ideale, in special modo, per un repertorio da camera post-romantico e moderno che è infatti è quanto ci hanno proposto - entro un originale tracciato che dal maestro Fauré ne rileggeva la poliforme eredità attraverso gli allievi Casella, Enescu e Ravel - in occasione del loro, applaudito esordio a Napoli al Teatro Sannazaro, in Stagione per l'Associazione Alessandro Scarlatti. Protagonista sul palco, stavolta, era il Trio Gaspard (nelle foto), giovane ma già affermatissimo gruppo internazionale fondato otto anni fa e formato dal violinista greco-albanese (nato nel 1992 ad Atene) Jonian Ilias Kadesha, dalla violoncellista inglese Vashti Hunter (entrambi, tranne che nel bis, modernamente muniti sui rispettivi leggii di un iPad Pro) e dal pianista tedesco Nicholas Rimmer.
Il loro Trio op. 120 di Fauré, esattamente ritagliato con languore crepuscolare fra le ultime pieghe romantiche e le nuove trasparenze pre-impressioniste, ha subito ben reso l'idea della loro speciale dimensione cameristica: pur nel coinvolgente tema d'attacco del violoncello, poi consegnato al violino sul fluente arpeggiare del pianoforte, gli interpreti hanno sfoderato notevolissimi temperamenti ma mai rilievi a vantaggio del singolo né sonorità opulente quanto, piuttosto, linee melodiche chiare e sottili, armonie in simbiosi, ritmi serrati, grande intelligenza e una spiccata invenzione ad ogni frase, inciso, colpo d'arco o affondo del tasto. Il tutto, alla luce di un raro equilibrio di stile fra le parti. Ulteriormente interessante, a seguire, la poco nota e bellissima Sonata a tre op. 62 del 1938, dedicata dall'autore Alfredo Casella a Goffredo Petrassi. Pagina vibrante e a tratti grottesca, dai chiaroscuri netti e drammatici, di cantabilità dolce ed intensa nel tempo centrale, di popolarità vivace e moderna nella tarantella in tempo di giga, scolpita in ogni suo luogo ad arte dal Trio. E non meno raro e apprezzabile quindi il passaggio sulla Serenade lontaine, partitura assai breve ma di tinta morbida e ariosa, quasi una delicata elegia, composta nel 1903 dal rumeno George Enescu che, oltre ad essere stato allievo di Fauré, fu il primo esecutore al violino con Alfredo Casella al pianoforte e Louis Feuillard al violoncello del Trio di Ravel in la minore, argutamente posto in chiusura di programma e restituito dando forma all'intero ventaglio, variegatissimo, di tinte basche e magie armonico-timbriche, arguzie ritmiche e agogiche mutevolissime. Più che meritati i consensi al termine e, per il pubblico plaudente, il regalo di un bis raffinato e sempre dalle radici francesi, quasi un canto del cigno, con l'Intermezzo dal Trio in Sol di Claude Debussy.
Si vieta la riproduzione dell'articolo e di ogni altra sua parte