- Paola De Simone
- 6 mar 2018
- Tempo di lettura: 3 min


Un pianismo limpido ed esatto, in equilibrio assoluto fra espressione e ragione, nitore tecnico e uso del colore, temperatura e tensione. Di raffinata quanto solida lucentezza nel restituire con acume impressioni ed immagini in Debussy, nobilmente romantico nella bellissima Fantasia op. 17 di Schumann ma innanzitutto perfetto per suono, stile e disamina nella rilettura di un’"Appassionata" di Beethoven che in esecuzione dal vivo può vantare pochi altri eguali.
È il pianismo di un grande interprete internazionale, il pluripremiato compositore, pianista, blogger, pittore, poeta e scrittore britannico classe 1961 Stephen Hough (nelle foto), ascoltato al Teatro Sannazaro grazie alla stagione di concerti dell’Associazione Alessandro Scarlatti di Napoli. Oltre all'altissima definizione dei dettagli garantiti da una memoria impeccabile e da una non comune felicità delle sue mani, ferree ed agili al contempo, si avverte costante la guida lucida di un esemplare pensiero, fin qui espresso e segnalato in mille modi: nel 2001 è stato il primo artista di musica classica ad aver conseguito il MacArthur Foundation Fellowship, ha ricevuto molteplici premi e riconoscimenti discografici fra i quali il Diapason d'Or de l'Année nel 2012 per la sua registrazione dei Valzer di Chopin, nel 2009 è stato individuato dal The Economist come uno dei 20 “polymath” al mondo, nel 2014 è stato nominato Comandante dell'Ordine dell'Impero Britannico dalla Regina Elisabetta ed è stato paragonato per il suo illuminato eclettismo ad un moderno uomo del Rinascimento. Oltre ad aver pubblicato i suoi scritti per importanti testate e naturalmente suonato nelle sale di maggior prestigio, al fianco di orchestre internazionali di massimo calibro nonché composto opere per orchestra, coro, ensemble da camera e pianoforte dai titoli significativi, come la "Messa di innocenza ed esperienza" e la "Missa Mirabilis" rispettivamente commissionate ed eseguite per la Westminster Abbey di Londra e la Westminster Cathedral. In sintesi, una mente speciale, pronta a restituire sostanza, sensibilità e intelligenza ad ogni frase o forma musicale che tocca (sotto, ancora Stephen Hough al Teatro Sannazaro di Napoli, nelle foto di Giancarlo De Luca).


L’ascolto ha inizio con una delle pagine pianistiche senz’altro più note di Claude Debussy, il Clair de lune tratto dalla Suite Bergamasque che, con La terrasse des audiences du clair de lune tratta dai Préludes e una rosa di tre più due brani dai due libri delle Images (Cloches à travers les feuilles, Et la lune descend sur le temps qui fût, Poisson d’or; Reflets dans l’eau, Hommage à Rameau) di pari autore, inframmezzano e quasi staccano in una volutamente diversa luce prospettica gli altri due compositori in programma.
Le pagine di Debussy, secondo Stephen Hough, non assumono contorni sfumati né cercano nuove suggestioni o rarefazioni impossibili ma sembrano, piuttosto, dei grandi specchi di cristallo, solidi e puri, dai contorni sonori netti e luminosissimi, pronti a guardare lungo il delicato passaggio fra Otto e Novecento alle tradizionali strutture pianistiche romantiche quanto alla libertà di ricerca propria dei linguaggi moderni.
Ed in effetti anche gli slanci, i ripiegamenti e le dense pieghe chiaroscurali della Fantasia di Schumann, non a caso dedicata a Franz Liszt, risulta scolpita con arte analoga anche se naturalmente con diverso stile, tocco e temperamento, ossia in bilico fra schema e innovazione.
E poi c’è la Sonata in fa minore op. 57 ”Appassionata” di Beethoven, quasi un capitolo a parte: serrata, intensa e poderosa nella sua architettura macro e microstrutturale. La densità dei suoni, la sapienza delle dinamiche, le articolazioni, i metri, il canto, lo scatto ritmico, le polarità tonali e gli accenti ci sono apparsi come la reificazione compiuta della cifra beethoveniana più autentica. Un esempio mirabile ad ogni movimento come ad ogni battuta da conservare stretto nella memoria, per chi ha avuto la fortuna di ascoltarne quella sera l’emozionante interpretazione dal vivo.
Prevedibile come d’altra parte meritatissima la pioggia di applausi, ripagata da due bis: ancora Schumann con la Variazione postuma n. 5 dagli Studi sinfonici e il più celebre Notturno (op. 9 n. 2) di Chopin.
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