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  • Paola De Simone

Intenso, dolcemente toccante: è il suono del raro Notturno (Canzone Napolitana S 248 "dédié a Mademoiselle Claire de Groeditzberg") di un quasi irriconoscibile Franz Liszt così come nobilmente tornito nel fuori programma scelto con sapienza da Costantino Catena, unitamente alla scattante Tarantella op. 43 di Chopin, per chiudere il suo bellissimo recital pianistico sull'Ottocento romantico, caldamente e meritatamente applaudito l'altra sera al Teatro Sannazaro per la Stagione dell'Associazione Alessandro Scarlatti (nelle foto d'apertura). Un Notturno che l'interprete, dall'insigne pianismo purtroppo assai poco presente sui palcoscenici napoletani e difatti da noi mai ascoltato dal vivo in trent'anni, ha voluto nell'occasione lodevolmente dedicare a Carlo Bruno, grande pianista della Scuola di Vitale spesso ospitato in passato nelle principali programmazioni concertistiche partenopee e camerista dalla sensibilità speciale, scomparso a Roma pochi giorni fa, collegando con tale brano al contempo i fili di una specificità melodico-ritmica napoletana comune a gran parte del tessuto del suo interessantissimo itinerario proposto all'ascolto.

Intelligenza dei tracciati, disegnati intorno ai temi della danza di giro (il Valzer) o di carattere (dalla Polka alla nostra Tarantella), una spiccata tecnica virtuosa e una capacità sorprendente di caricare di bel colore quanto di sostanza cantabile ogni nota. Ossia, illuminando con pari smalto e felicità di tocco sia i profili melodici che la sfida dei passi digitali più impervi, o la dialettica giocata sui contrasti in virtù di una non comune efficacia del suono. È così che i diciotto pezzi delle Davidsbündlertänze (in traduzione, Danze dei compagni di David) op. 6 di Schumann, distillati in un unico arco di tensione espressiva ma singolarmente scolpiti con gran temperamento, acquistano peso e spessore alla luce motivica e umorale dei molteplici sbalzi divaricati fra gioia e dolore, una singolare plasticità coreutica entro le scansioni metriche di un Valzer, di un Ländler o di una Polka, nonché attraverso una peculiarità musicale riconoscibile nelle armonie come nella densità degli slanci accordali, nelle rotondità degli staccati o nella nobiltà di respiro di ogni legato. Restituendo e raccontando tanto, dal relativo mondo alterato e fantastico, dell'uomo e compositore Schumann.

Analogamente, per quanto su tessuto tecnico-stilistico profondamente distante, i due successivi lavori di Liszt, il tripartito ma tematicamente duale Venezia e Napoli, supplément aux Annéèe de pèlerinage e la Tarantella di bravura su La muta di Portici di Daniel Auber, resi attraverso l'incanto di una totale simbiosi fra l'alto magistero tecnico richiesto e un'autenticità musicale di rara bellezza, con esiti veri in termini di stile e pensiero al centro della migliore Romantik. Cantabilità e canto abbinato al piglio coreutico, tra le fitte maglie del virtuosismo lisztiano, sono stati pertanto i riferimenti costanti nell'interpretazione del pianista Catena ai fini di un mirato dosaggio dei piani dinamici, degli accenti ritmici e dei rilievi melodici andati difatti a scontornare perfettamente - ben oltre le ardite soluzioni sperimentali meccanico-timbriche - le canzoni e danze caratteristiche delle due città fondamentali nel Tour ottocentesco, entrambe emblema di vocalità e couleur locale. Nel Quasi allegretto della Gondoliera, sul lagunare sostegno dell'accompagnamento, è stata infatti la melodia della canzone popolare "La Biondina in Gondoleta" di Giovanni Battista Perucchini ad affiorare con particolare nitore, così come nel successivo Lento doloroso in primo piano c'era la canzone del Gondoliere dall'Otello di Gioachino Rossini, per poi esaltare, nelle spire della vertiginosa Tarantella che in chiave parossistica volge lo spunto trasfigurato da Guillaume Louis Cottrau, l'avvolgente canzone napoletana cinquecentesca Fenesta vascia. Quindi, a chiusura con la Tarantella sulla Muta di Portici di Auber, un fuoco di bravura che Costantino Catena, interprete pronto a rendere in musica grande onore e merito alla nostra terra, e per il cui ascolto diciamo grazie alla lungimirante Associazione Alessandro Scarlatti, ha saputo come far brillare al meglio. Vale adire, tracciando con chiarezza estrema le coordinate silistiche e le modalità sonore all'incontro virtuoso tra i funambolici lessemi del pianismo romantico e le opulente luci teatrali del grand-opèra francese.

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