Sul palco di uno dei più singolari concerti proposti quest'anno al Teatro Sannazaro dalla stagione dell'Associazione Alessandro Scarlatti, con titolo "A Trace of Grace", arriva presentando i nomi a voce alta fra gli applausi e fra un brano e l'altro, proprio come dalla pedana di un evento jazz. Ma, fra le mani, stringe un antico strumento rinascimentale ormai estintosi nella Classica: il serpentone, strumento in legno tipo fagotto, impiegato per lungo tempo nel Nord della Francia per sostenere i canti liturgici gregoriani e così chiamato per la sua particolare forma a doppia S, simile appunto ad un serpente vero. Come quello della spilla in argento che ostenta sulla giacca. È il più grave della famiglia dei cornetti, ha un suono scuro fra il corno, appunto il fagotto e una voce umana ed è stato usato fino all'Ottocento, in alcune opere di Rossini, Verdi (Vespri siciliani), dal primo Wagner (Rienzi) e ad esempio, in ambito non teatrale, nel Dies irae della Symphonie fantastique di Berlioz. Una rarità che, grazie alla riscoperta dell'eclettico tubista Michel Godard, attraversa legando generi e secoli disparati, dal Barocco al jazz, entro un dialogo fra l'antico e il contemporaneo, giocato sull'elemento-cardine dell'improvvisazione. Ed è così che dà forma, anche passando al basso elettrico e con i suoi compagni di viaggio speciali - il bravissimo Gavino Murgia al sax e alla voce usata come uno strumento, lo straordinario Luciano Biondini alla fisarmonica e il mezzosoprano Guillemette Laurens - a suoni e atmosfere, suggestioni e invenzioni, a funzioni ora di ripieno, ora di coprotagonista duettando con la Laurens in un gioiello assoluto, il "Pur ti miro, pur ti godo" dall'Incoronazione di Poppea monteverdiana.
«Questo concerto - spiega infatti al microfono Godard ringraziando il direttore artistico Tommaso Rossi per le preziose note di sala a corredo del loro originale itinerario sonoro - è dedicato alla musica di Monteverdi, ma non solo. Tale scena finale dall'Incoronazione, pur celeberrima - sottolinea - si presume non sia di Monteverdi bensì, forse, di Benedetto Ferrari (con Francesco Manelli autore dell'Andromeda, prima e fondamentale opera nella storia del teatro musicale impresariale, a pagamento, in scena al San Cassiano di Venezia nel 1637, ndr). Ma, comunque, diciamo lo stesso che è uno dei più bei pezzi di Monteverdi, così come, quando suonano i jazzisti di oggi, non si sa più neanche chi ha scritto il pezzo. Se Luciano Biondini suona un brano di Gavino Murgia tutti pensano che sia di Luciano... il prossimo è francese, quindi - ridendo verso il pubblico - avrete capito di chi è». Ed infatti è Soyeusement del 2011, sua creazione così come il brano che dà il titolo all'intero progetto "A Trace of Grace" inciso a Noirlac in un monastero cistercense del secolo XII, e a sua volta brano preceduto in apertura da Ambre del 2010, per il solo serpentone sulla voce del sardo Murgia usata a mò di scacciapensieri. L'omaggio al Seicento verte su tre capisaldi monteverdiani (oltre al duetto dall'Incoronazione di Poppea, l'aria "Sì dolce è il tormento" e la parafrasi del Rinuccini, sui versi del Petrarca, "Zefiro torna e di soavi accenti" dagli Scherzi musicali). Ma passa, anche, per un altro capolavoro barocco: l'aria "Lascia ch'io pianga" dal Rinaldo di Händel, sempre variando le timbriche e sfidando gli equilibri sottili al fianco di una fisarmonica che, con grande sensibilità, funge da intero organico strumentale più una voce naturale di mezzosoprano intenta più a restituire il ricordo, quale vocalist microfonata, che l'autentica purezza o agilità di quel canto. E, in alternanza agli antichi cammei rivisitati, svettano le notevolissime incursioni del serpentone fra i suoni dei nostri giorni ma dalle tradizionali tinte parigine, contando innanzitutto sulla duttilità suadente del sassofonista Gavino Murgia e sulla raffinata velocità del fisarmonicista Biondini. Pieno il successo al termine e un bis con ulteriori, divertite improvvisazioni ad libitum.
(Nelle foto: Michel Godard con il sassofonista Gavino Murgia, il fisarmonicista Luciano Biondini e con il mezzosoprano Guillemette Laurens).
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