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Paola De Simone

Esatto, raffinato ed autentico, vivace e burlesco. Intenso nel legame fra riti e sentimenti scelti ad emblema di una Napoli dalle radici antiche e al contempo di ultima generazione, moderna, fatta di giovane linfa e di archetipi, di maschere e verità, di sentimenti dichiarati e vissuti a volto scoperto. Il tutto, nel segno di una danza dei nostri giorni disegnata con mano sicura fra salti e slanci liberi, sensuali linee dinamiche e una gestualità iconica che narra una terra unica e universale, al centro fra passato e futuro lungo il filo comune di un linguaggio che interseca e intreccia l'arte coreografica contemporanea di Francesco Nappa e le 140 creazioni d'arte moderna fra maschere, corni e sculture firmate in scena da Lello Esposito.

È quanto scolpito dal Pulcinella inedito sulla partitura per tre voci e piccola orchestra di Stravinskij (più qualche innesto come la digiacomiana "Era de maggio", un lamento funebre e un brano di musica elettronica), in prima assoluta con pieno, meritato successo ieri sera e oggi in seconda, ultima replica al Teatro San Carlo per la chiusura dell'Autunno Danza 2017 con la Compagnia di Balletto diretta da Giuseppe Picone: un piccolo, grande gioiello coreutico forgiato come da un'antica bottega con i mezzi più moderni, creato ad hoc dal coreografo napoletano Francesco Nappa celebrando a cent'anni di distanza l'esordio in qualità di autore e direttore al San Carlo del grande Stravinskij (poi tornato sempre per rileggere sue musiche nel '36, nel '51 e nel '59 proprio con Pulcinella) sul podio di uno dei quattro Ballets Russes di Diaghilev in eccezionale trasferta all'ombra del Vesuvio, quindi guardando alla matrice identitaria partenopea quanto alla valenza di simboli e significati di un popolo da sempre cosmopolita, oltre il tempo (nelle foto di Luciano Romano).

Sin dal principio la maschera e l'uomo, nella sua prospettiva coreica, coesistono, ma separati. La prima, nei segni d'arte - efficacissimi, dai numeri e dai colori precisi - di Lello Esposito fra palcoscenico o sospesi con fili da marionette su fondo nero o blu fondente; l'altro, verace e vivace nel fuoco del suo unico grande amore per Pimpinella, dichiarato danzando senza maschera né fili, affrontando le violenze del gruppo, fingendosi morto e resuscitando più allegro di prima. Intorno sguardi e seduzioni, la folla dei vicoli, le stese di panni giocate in assieme di uomini o donne, oppure misti e in alternanza ai rari passi a due (Scene n. 3 O' Sentimento, n. 14 O' Sfottò, n. 17 I Cento Volti di Pulcinella) di un "eroe" eponimo vestito modernamente di bianco, diversamente da tutti, al pari e al fianco della sua Pimpinella. Eroe teatrale affidato a un bravissimo Carlo De Martino, scattante e versatile nel riprodurre le molteplici angolazioni e intenzioni da Commedia dell'Arte, così come le originali sperimentazioni coreografiche in mash-up fra nuova gestualità europea ed autoctona secondo quanto già messo a punto con il precedente eduardiano creato dall'autore-ballerino formatosi alla scuola e poi étoile nella Compagnia di Mara Fusco, quindi specializzatosi all'English National Ballet. Al suo fianco la Pimpinella temperamentosa e parimenti intensa di Claudia D'Antonio, il Furbo del sempre ottimo Salvatore Manzo e il prestante Alessandro Staiano per il Capo banda.

Ed è così che, sulle note originali di Stravinskij eseguite dall'Orchestra (impossibile non citare i bravissimi Fabrizio Fabrizi alla prima tromba, Mauro Russo e Giuseppe Settembrino rispettivamente al primo e secondo fagotto, Sergio Danini al primo trombone e Carmine Laino al primo contrabbasso) diretta da Maurizio Agostini più le tre voci - dalle quali si speravano esiti migliori - del soprano Laura Cherici, del tenore Giulio Pelligra e Luigi De Donato, il canonico elenco dei numeri del balletto datato 1920, ma senz'altro ideato appunto cento anni fa in occasione di quel viaggio di Massine, Picasso e Stravinskij a Napoli e al San Carlo, diventa un florilegio di 18 canoni partenopei. Fuori partitura il balletto si apre intanto su una scena-cammeo particolarissima, O' Pianino, con Pulcinella danzante in palcoscenico accanto al tenore in abito bianco che canta "Era de maggio" in cerca e riscoperta del suo vecchio e grande amore. Seguono E Pann' Stis' con una sorta di oleografico ma originalissimo doppio tiro alla fune con camicie bianche tese fra le lavandaie, le sette coppie con Pulcinella In Giro per Napoli, l'assieme femminile sempre con Pulcinella per E 'Ngiuciesse e così via, culminando nel modernissimo O' Mazziatone per soli uomini, il lamento per sole donne O' Rosario di desimoniana memoria, A' Pazziella con il bellissimo assolo di Pulcinella e fino all'Ammuina finale, con tutti i danzatori della Compagnia in splendida forma (nella foto di Francesco Squeglia, i saluti finali alla "prima").

In sintesi, un incontro aggiornato e assolutamente ben congegnato avendo collegato al meglio e in circuito realmente sinergico i simboli di una cultura partenopea senza tempo, le sue arti più nobili e le antiche glorie di un San Carlo che, a scavare bene fra le passate stagioni, si conferma contenitore e cornice di un'eredità teatral-musicale con pochi altri eguali nel mondo.

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