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  • Paola De Simone​ ​​ ​

Comicità sottile, radici del teatro popolare tedesco e un geniale equilibrio drammaturgico-musicale fra dramma serio, opera buffa, commedia di carattere e altre declinazioni in partitura vocali e non, dal Lied alla forma-sonata e al Rondò, volgendo illuministicamente l'esotico immaginario del turco crudele in clemente sovrano d'Oriente. Nonché testando, attraverso il dubbio e il perdono segno solo "di animi nobili", la fede degli amanti al pari della futura sfida nel suo assiomatico Così fan tutte.

È il prezioso quanto sperimentale mosaico di contaminazioni, fra ideologia, tradizione e reinvenzione, messo a segno nell'anno 1781 dal venticinquenne Mozart tanto sul tessuto serio con l'Idomeneo re di Creta per la corte di Monaco quanto sul ceppo nazionale austro-germanico del Singspiel per Vienna con un gioiello assoluto, precedente nel genere alla sua magica Zauberflöte: Die Entführung aus dem Serail, tornato in queste sere con i tipici recitativi in parlato e con pieno successo sulle scene del Teatro San Carlo di Napoli nell'allestimento che più di ogni altro dal 1965 ad oggi coglie e scolpisce il volo sublime di quella contaminazione. L'allestimento scelto per riportare al San Carlo Il ratto dal serraglio mozartiano, dopo la sgradevole scia lasciata dalla nuova produzione con yacht, prostitute e manomissioni del libretto firmata proprio per Napoli nel 2009 da Michieletto, è quello raffinatissimo di Giorgio Strehler già visto nel bicentenario della rappresentazione in collaborazione con la Fenice di Venezia, allora come ora nell'efficacissima ripresa di Mattia Testi e qui ancora arrivata nella recente messinscena scaligera realizzata a vent'anni dalla scomparsa del regista del Piccolo quindi a dieci dello scenografo e costumista Luciano Damiani, con scene riprese da Carla Ceravolo, costumi da Sibylle Ulsamer (che lavora al titolo dal debutto nel 1965) e luci di Marco Filibeck (nelle foto di Luciano Romano).

Dunque un semplice quanto raro gioiello cesellato ad arte fra arguzia registica, tinte pastello, deliziosi inserti comici (esilaranti sia le sortite di Osmin, sia la scena delle valigie), figure in luce e controluce, all'insegna di un'intelligenza teatrale e di un buon gusto parimenti riconoscibili nella raffinata tornitura stilistica e canora restituita nell'occasione da tutti i protagonisti in scena. A partire dalla professionalità assoluta dimostrata, ancora una volta, dalla grande Maria Grazia Schiavo che, nelle diverse quanto difficili prove comprese fra l'aria di esordio di Konstanze, "Ach ich liebte, war so Glücklich", il dolente affondo in "Welcher Wechsel herrscht in meiner Seele - Traurigkeit ward mir zum Lose", l'aria agitata e virtuosissima "Martern aller Arten" più gli intensi assieme, ha cantato e colorato puntualmente garantendo ad ogni singola nota peso, fiati e dizione, cuore e significato, in virtù di una salda formazione partenopea di base con il maestro Raffaele Passaro, del suo alto magistero tecnico barocco e delle più recenti esperienze interpretative sul repertorio romantico. Parimenti intenso nella sua centrata caratura per Belmonte il tenore specialista nel repertorio Steve Davislim, quindi assai apprezzabile sia il mix d'imponenza fisico-canora a contrasto con la comicità divertente dell'Osmin di Bjarni Thor Kristinsson, sia la tempra genuina del Pedrillo disegnato dal tenore Mart Süngü (splendida la sua Serenata), così come ben ritagliato il ruolo parlante Selim Pascià da Karl-Heinz Macek e quello del servo muto dal mimo Marco Merlini. Un discorso a parte merita, per la scaltra ancella Blonde, Regula Mühlemann, soprano di tempra limpida e di autentico metallo mozartiano, dal gesto e dallo smalto assai vivaci, notevolissima per timbro, intonazione e facilità all'acuto. In buona sintonia, infine, la fluente direzione di Hansjörg Albrecht sul podio di Orchestra (brava la banda turca) e Coro della Fondazione, Coro preparato da Marco Faelli e di cui si premia l'intervento dei quattro solisti.

Applausi per tutti gli artisti al termine e in special modo per la grande bellezza di uno spettacolo che, in replica fino a mercoledì 8 novembre, consigliamo vivamente di non perdere.

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