Una sintesi strumentale da camera, in concerto, di uno dei massimi capolavori del buffo musicale del nostro più celebre repertorio d'opera? È possibile, con il Barbiere di Siviglia versione "smart" proposto oggi, giovedì 29 giugno alle ore 20.15 nella Veranda neoclassica di Villa Pignatelli a chiusura della prima sessione del XX Maggio della Musica, dall’Orchestra Sinfonica “Gioachino Rossini” di Pesaro (sotto, nella foto di Luigi Angelucci), con la direzione di Giambattista Giocoli e l'arrangiamento della partitura, per formazione cameristica di soli fiati, a cura di Vincenzo Gambaro.
Attivo negli anni e nello spirito della Restaurazione, nonché per creatività tra i vertici della letteratura operistica italiana, Gioachino Rossini (Pesaro 1792 - Passy, Parigi, 1868) non fu nello specifico un innovatore dello stile e del linguaggio teatral-musicale, né uno sperimentatore dichiarato. Eppure, nel riagganciarsi alla razionalità settecentesca pre-rivoluzionaria dei codificati impianti drammaturgici e alla relativa artificiosità di talune soluzioni linguistiche refrattarie al naturalismo sentimentale romantico (al punto da considerare il do di petto come l’urlo di un cappone), dimostrò un’originalità assoluta e un genio riconoscibile, innanzitutto, nella straordinaria vitalità ritmico-dinamica impressa in partitura attraverso un proprio, particolarissimo formulario metateatrale. Formulario parimenti efficace nel serio – e lo dimostra già la disinvoltura con cui ricicla la stessa Sinfonia dell’Aureliano in Palmira per l’Elisabetta regina d’Inghilterra, quindi per il Barbiere - come nel genere comico-farsesco, nel tessuto narrativo come nelle situazioni lirico-belcantistiche, nelle architetture strumentali come nelle possibilità combinatorie, infinite, del medium vocale. All’interno di una carriera “lampo” compresa nell’arco di diciannove anni – dalla Cambiale di matrimonio del 1810 al 1829, quando l’autore appena trentasettenne conclude con il Guillaume Tell – e in pentagramma consegnata alla storia con trentaquattro titoli italiani (diciotto le opere serie, tre le semiserie e tredici i lavori buffi) più quattro francesi tre dei quali versioni riadattate, Rossini dedicò senz’altro maggiore impegno al filone tragico. Per poi diventare, paradossalmente, celebre per la sua straordinaria espressione del comico elaborato tra l’altro sui canoni ben radicati nelle origini del genere: dai tradizionali motori dell’azione, l’amore e il denaro, allo scatto dinamico impresso dal gesto autoritario di un vecchio tutore che puntualmente impedisce il naturale corso amoroso fra i due personaggi più giovani; dallo scambio di persone al relativo corredo di travestimenti e agnizioni con lieto-fine immancabile (nella foto, il direttore Giambattista Giocoli).
Il tutto, però, riveduto e corretto alla luce di una reimpostazione basso-mimetica, dunque parodistica, del genere tragico e di una scaltra tavolozza lessicale e sintattica fatta di tic e iterazioni o frammenti verbali, di spigliate battute allusive e di surrealismi fonetici pronti a traghettare il verso dal dire al suonare. In più, ed è questa una delle particolarità maggiormente significative di un portato drammaturgico-musicale rossiniano testimone in prima linea del passaggio in pentagramma dalla farsa alla commedia, l’innesto di realistiche colorature patetico-borghesi sull’inossidabile vivacità di un impianto spiccatamente caricaturale. Non un cantore dell’amore e del sentimento, pertanto, ma dello scherzo e della ragione; più che compositore di slancio, esperto cesellatore di architetture dinamiche e di origami canori. Un capolavoro su tutti, in tale direzione, è il melodramma buffo in due atti Il barbiere di Siviglia, quasi seicento pagine composte in appena venti giorni da un Rossini ventiquattrenne e sul libretto che l’esordiente Cesare Sterbini elaborò traendo spunto dalla settecentesca commedia di Beaumarchais Le barbier de Séville ou La précaution inutile, già posta in musica da otto compositori di diversa nazionalità, fra cui quel Giovanni Paisiello considerato tra i numi tutelari della tradizione operistica italiana di marca partenopea. E appunto la fedeltà delle fazioni sostenitrici del precedente paisielliano, per quanto andato in scena a Pietroburgo, su testo di Giuseppe Petrosellini e ben trentaquattro anni prima, avrebbe determinato la decisione rossiniana di un diverso titolo dall’originale (Almaviva, ossia l’inutile precauzione, dopo le recite bolognesi regolarmente ribattezzato con il titolo che oggi conosciamo) nonché determinato il clamoroso fiasco che accompagnò il battesimo dell’opera al Teatro Argentina di Roma, il giorno 20 febbraio 1816. Un insuccesso inatteso, se non altro, per le garanzie di qualità assicurate da una compagnia di canto capitanata da tre voci eccellenti: Manuel Garcìa (Almaviva), Gertude Righetti-Giorgi (Rosina) e Luigi Zamboni (Figaro). Secondo le supposizioni dell’epoca, la colpa fu presumibilmente di un’azione combinata fra i seguaci di Paisiello e il rivale Teatro Valle. Ben più plausibile, ad ogni modo, oggi sembra l’incomprensione, in prima battuta e infatti già in seconda serata ribaltata in trionfo, delle inedite peculiarità dell’opera.
Al di là della prevedibilità caricaturale del tutore Bartolo e del taglio misto, fra il blasonato e il comico, del ruolo tenorile del conte di Almaviva, sorprendenti nella trasposizione metaforica in funzioni musicali del nuovo realismo e dell’umanità afferenti alla moderna commedia borghese, si rivelano le figure di Figaro e Rosina: un barbiere, il primo, che fa anche il chirurgo, il botanico, lo speziale, il veterinario e, naturalmente, il sensale più abile della città. È lui il demiurgo dell’azione, dopo aver scoperto che l’intelligenza è una merce da vendere a peso d’oro e che il denaro è un veicolo che ben disimpegna la disparità fra ceti sociali. Ad annunciarlo, quaranta battute orchestrali, quindi la celeberrima aria di presentazione - ossia la Cavatina - “Largo al factotum”, una filastrocca di quinari costruita su sei temi senza sviluppo e senza precedenti nella storia dell’opera, per spirito e agilità da scioglilingua. E non è un caso che, musicalmente, a fargli da simmetrico pendant con la Cavatina “Una voce poco fa” vi sia la protagonista femminile, Rosina (inizialmente ruolo di mezzosoprano ma presto finito fra i virtuosismi dei soprani leggeri), donna astuta e vincente. Fra i nuclei drammaturgico-musicali di maggior efficacia, va ad esempio sottolineata la corrispondenza comica degli estremi del primo atto entrambi giocati su un pianissimo (il Coro “Piano, pianissimo”, il concertato staccato a partire dal Largo “Freddo ed immobile come una statua” nel finale primo) che sistematicamente sfocia in un baccano terribile, il misurato virtuosismo della Cavatina del Conte (Ecco ridente in cielo), per la viva corrispondenza fra musica e testo, il duetto fra il Conte e Figaro (All’idea di quel metallo), quindi, la celebre Aria della Calunnia affidata a Don Basilio (La calunnia è un venticello).
La versione smart di stasera ne raccoglierà gli snodi lirico-drammatici fondamentali raccolti, tra scorci strumentali, cavatine, cabalette, Cori, duetti e concertati finali, secondo la seguente scaletta: 1. Sinfonia - 2. Piano, pianissimo - 3. Ecco ridente in cielo - 4. Oh sorte! - 5. Signor Conte - 6. Mille grazie, mio signore - 7. Largo al factotum - 8. Se il mio nome saper voi bramate - 9. All’idea di quel metallo - 10. Numero quindici a mano manca - 11. Una voce poco fa - 12. La calunnia è un venticello - 13. Dunque io son - 14. Ehi di casa, buona gente - 15. Che cosa accadde - 16. Mi par d’essere con la testa - 17. Contro un cor che accende - 18. Don Basilio cosa veggo - 19. Bravissimo - 20. Bricconi birbanti - 21. Il vecchiotto cerca moglie - 22. Il temporale - 23. Ah! Qual colpo inaspettato - 24. Zitti, zitti, piano piano - 25. Di sì felice innesto.
Maggio della Musica, 20° stagione concertistica 2017
Giovedì 29 giugno alle ore 20:15
Veranda neoclassica di Villa Pignatelli (via Riviera di Chiaia 200 – Napoli)
Il Barbiere di Siviglia smart
Orchestra Sinfonica “Gioachino Rossini”
Direttore Giambattista Giocoli
Gioachino Rossini (1792 – 1868)
arr. Di Vincenzo Gambaro
Biglietto: 20 euro (ridotto: 10 e 15 euro) – prenotazione obbligatoria
Info: tel 081 5606630 - 3929161691 – 3929160934 – maggiodellamusica@libero.it
www.maggiodellamusica.it
Orchestra Sinfonica G. Rossini - L’OSR è riconosciuta dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo (Mibact), dalla Regione Marche, dal Comune di Pesaro ed è l’orchestra del Teatro della Fortuna di Fano. È ideatrice, organizzatrice ed interprete di “Sinfonica 3.0”, stagione sinfonica di spicco a livello nazionale. I teatri di “Sinfonica 3.0” sono: Teatro Rossini di Pesaro, Teatro della Fortuna di Fano, Teatro Pergolesi di Jesi e Teatro Angel dal Foco di Pergola. Organizza anche altre stagioni sinfoniche quali “Vitruvio 3.0” a Fano e “I Concerti Xanitalia” a Pesaro. L’OSR porge inoltre molta attenzione alla formazione, per questo ha ottenuto l’eccellenza dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur). Ha realizzato tournée in Giappone, Cina, Corea del Sud, Malta, Turchia, Austria, Francia, Germania e Svezia. In Italia si è esibita in importanti teatri e ha partecipato a festival e a stagioni musicali di prestigio quali il Ravello Festival, il Festival delle Nazioni, la Sagra Musicale Malatestiana, la Stagione della Fondazione Donizetti, del Teatro Coccia, il Festival Pergolesi Spontini, collaborando con alcuni dei massimi artisti della scena internazionale. Partecipa regolarmente alle manifestazioni liriche del territorio come: Rossini Opera Festival, Stagione Lirica di Fano, Stagione Lirica di Ancona e Stagione Lirica di Jesi. Sponsor ufficiale è l’azienda pesarese Xanitalia. Direttore artistico è il Maestro Daniele Agiman, il presidente è il Maestro Saul Salucci.
Giambattista Giocoli - Clarinettista e direttore d’orchestra nato nel 1976, inizia gli studi con Vincenzo Perrone al Conservatorio di Matera e si diploma al Conservatorio di Bologna con il Maestro Enrico Quarenghi. Ha una formazione eclettica che gli permette di esibirsi utilizzando tutti i componenti della famiglia dei clarinetti, dal piccolo in Mib al clarinetto basso, al corno di bassetto nel Requiem di Mozart, trasmesso in mondovisione e su RAI TRE italiana nel 2000. Ha studiato con Gaspare Tirincanti, specializzandosi nel repertorio contemporaneo per clarinetti soli. Si è inoltre perfezionato a Siena presso l’Accademia Chigiana con Antony Pay e con Alessandro Carbonare all’Accademia dell’Emilia- Romagna AFOS. Tra i Festival Internazionali più importanti a cui ha partecipato ricordiamo Bologna Festival, Nuove Consonanze di Roma, Angelica Festival, Milano Musica e il Festival Mozartiano di Rovereto. È direttore artistico dell’Associazione Culturale “Perséphone”, di diverse rassegne musicali nel territorio bolognese e della rassegna di teatro musicale “Atti Sonori”. Nel 2013 debutta come direttore d’orchestra nella produzione del musical di S. Sondheim A Little Night Music, ricevendo consenso di critica e di pubblico. Nello stesso anno fonda l’Orchestra del Baraccano. Nel 2017 porterà in scena al Teatro Duse di Bologna il progetto Popular songs, con la voce di Cristina Zavalloni e Histoire du soldat con la voce di Ivano Marescotti.
Si vieta la riproduzione dell'articolo e di ogni altra sua parte
SCARICA PDF