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  • Paola De Simone

Una tecnica di fuoco e una plasticità stilistico-espressiva entro un'intesa cameristica che, con targa italiana, attualmente vanta rari confronti e, quanto poi a gruppo con marchio di una Fondazione lirica su carta nazionale, non ha senz'altro uguali in termini di coesione e forza qualitativa. Dobbiamo infatti agli interpreti del Quartetto d'Archi della Scala di Milano e al primo clarinetto parimenti scaligero Fabrizio Meloni uno dei più alti risultati registrati dalle stagioni del Maggio della Musica e, più in generale, fra le proposte da camera ascoltate a Napoli in tempi più o meno recenti. Ospiti del primo di due eventi quest'anno a loro affidati dal festival brahmsiano interno alla rassegna disegnata in Villa Pignatelli dalla direzione artistica del pianista Michele Campanella, il Quartetto scaligero formato dai violinisti Francesco Manara e Daniele Pascoletti, dal violista Simonide Braconi e dal violoncellista Massimo Polidori, tutti bravissimi, ha infatti offerto con pari efficacia un duplice primo piano su due diversi lavori dell'itinerario creativo del compositore di Amburgo: il Quartetto per archi n. 3 op. 67 e il Quintetto per clarinetto e archi op.115.

Lavoro nato nell'estate del 1875, il primo, legato alle amabili suggestioni respirate nel villaggio dell'alto Reno non lontano da Heidelberg che in quei giorni ospitò Brahms. Se ne avvertono un po' ovunque i richiami gioiosi e vitali, nel serrato movimento iniziale, nel sognante Andante in Fa maggiore costruito in forma di Lied o nello Scherzo di tinta elegiaca in cui notevolissimo si è rivelato il tributo tracciato per peculiarità di tinta e pregnanza dello stile melodico dal violista Simonide Braconi.

Parimenti efficace la sfida giocata fra i quattro nel Finale articolando il tema e le relative otto variazioni più coda a colpi di contrappunto e dialoghi concertanti. Ulteriore l'impennata con l'ingresso in pedana del clarinettista Fabrizio Meloni per il Quintetto in si minore op. 115, capolavoro brahmsiano della maturità composto nell’estate del 1891 nella rinomata località termale di Bad Ischl pensando alle qualità virtuose dello straordinario solista Richard von Mühlfeld. Sonorità singolarmente definite quanto in amalgama totale: un miracolo sonoro fatto di respiri comuni e dinamiche a contrasto, di vertigini sonore, fitti dialoghi e di equilibri timbrici, di affondi nostalgici, di accenti magiari e, anche qui, di abilità dialettiche pronte a testare, fra il tema e cinque variazioni, le infinite risorse di colore e di espressione dello strumento ad ancia fra gli archi. Grandi gli entusiasmi al termine ripagati da un centratissimo bis, l'Andante dal Quintetto per clarinetto e archi di Mozart, il K. 581 (sotto il bis in riproduzione dal vivo), che per l'opera 115 di Brahms fu modello sublime e ideale.

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