Con le "357 candeline per Alessandro Scarlatti", appuntamento celebrativo ormai canonico ma quest'anno dall'Associazione Alessandro Scarlatti giocato in apertura del nuovo ventaglio di concerti per maggio-giugno e dunque quale primo tassello della Stagione del Barocco, è stato proposto un itinerario sonoro raro quanto di gran pregio nella principale Sala da concerto che all'interno del Conservatorio di Musica "San Pietro a Majella" di Napoli, partner dell'iniziativa, reca a tutt'oggi il nome di uno dei massimi capiscuola della tradizione musicale barocca partenopea. Raro si diceva senz'altro il programma, articolato fra tre cantate da camera per soprano e basso continuo (Pensieri oh Dio qual pena, Del Tirreno a le sponde nella tipologia di lontananza, Andate o miei sospiri "alla amicizia fatta con idea umana") e due brani strumentali (Sonata n. 1 in re minore per violoncello e continuo, 29 Partite sopra la Follia per solo cembalo), quindi condiviso il pregio fra i meriti degli esiti delle interpretazioni e l'idea di divulgare al meglio la perizia compositiva nonché l'azzardata modernità armonica per l'epoca, così come attestato dall'ultima Cantata in programma, nata nel 1712 a seguito di un'amichevole sfida con il collega Francesco Gasparini mettendo in musica lo stesso testo poetico. A dare suono e voce al primo capitolo in rassegna, il soprano Francesca Aspromonte, voce barocca in brillante ascesa internazionale, ben duttile e assai interessante in termini di tornitura drammatico-musicale sia nella plasticità dei recitativi che negli intensi chiaroscuri lirici delle arie. Al suo fianco fianco o nei brani prettamente strumentali, c'erano l'ottimo clavicembalista Simone Ori - superlativo nelle 29 Partite - e la violoncellista Manuela Albano, musicista dalla notevolissima sensibilità stilistica.
Al termine due bis: il primo, che ha visto scendere in campo lo stesso direttore artistico della Scarlatti Tommaso Rossi, al flauto barocco, era la deliziosa Aria dalla Cantata Ardo, è ver, per te d'amore per soprano, flauto e basso continuo, conservata in copia manoscritta nella Biblioteca del San Pietro a Majella mentre, il secondo, puntava dritto al cuore dei napoletani con la canzone settecentesca Lu cardillo. Vivissimi, per tutti, gli applausi al termine.
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