Capolavoro fra i massimi del teatro musicale del primo Novecento europeo, in bilico fra Simbolismo ed Espressionismo, tra le fonti della più alta tragedia classica (Sofocle in primis, ma anche l’Agamennone della Trilogia eschilea e in parte anche l’originale elaborazione fattane da Euripide), il testo di parola (andato in scena per la prima volta il 30 ottobre del 1903 al Kleines Theater di Berlino per la regia di Max Reinhardt) e un parossismo sonoro che porta tutti i parametri in partitura oltre i limiti delle regole tradizionali ma giusto a un passo dalla deflagrazione melodica, dinamica e armonica innescata dalle coeve avanguardie.
È l’Elektra di Hugo von Hofmannsthal e Richard Strauss, tragedia musicale in un atto di nuovo al Teatro San Carlo a partire da oggi, domenica 9 aprile (ore 19) con quattro repliche fino a sabato 15 nell’edizione (sopra, nelle foto di Luciano Romano) vincitrice nel 2003 del prestigioso Premio Abbiati quale miglior spettacolo dell’anno “per l’intensità poetica della regia di Klaus Michael Grüber, e la straordinaria presenza come scenografo-costumista di Anselm Kiefer (nella foto sotto), che ha ambientato la vicenda in una sorta di monumentale relitto di Grecia Industriale di straordinario impatto visivo e penetrante efficacia tragica”. L'allestimento, firmato dalla regia di Klaus Michael Grüber ma nell'occasione ripreso da Elena Hammer, segna tra l'altro anche il debutto in Stagione lirica di Juraj Valčuha (nella foto in basso), in qualità di Direttore Musicale Principale del Teatro di San Carlo.
Primo tassello di una straordinaria collaborazione fra gli autori Hofmannsthal-Strauss per il teatro musicale (in un arco di quasi un quarto di secolo, nascono Der Rosenkavalier nel 1911, Ariadne auf Naxos nel 1912, Die Frau ohne Schatten nel 1919, Die ägyptische Helena nel 1928, Arabella nel 1933) e rappresentata per la prima volta alla Königliches Opernhaus di Dresda il 25 gennaio 1909 con successo clamoroso e scandaloso a un tempo, il titolo andava liberamente a reinterpretare il mito di Elettra in chiave moderna, guardando e superando il modello sofocleo per evocare una Grecia fortemente anticlassica, arcaica e barbarica. Un mondo misterioso, inquietante, teso fra passioni irrefrenabili e nervi frementi. Così come diversa da ogni altra fonte risultava la tornitura drammatica della protagonista, all'epoca definita come sadica, lesbica e psicopatica. Un mix fra una baccante dionisiaca e una donna isterica moderna, risultato della contaminazione operata con rara abilità dal poeta neoromantico fra mito e psicoanalisi, fra la modernità e le antiche origini pre-greche, orientali.
In scena, dunque, un atto unico diviso, al suo interno, in sei articolazioni drammaturgiche portanti (Coro delle ancelle, Monologo di Elettra, Dialogo Elettra-Crisotemide, Dialogo Elettra-Clitemnestra, Riconoscimento Elettra-Oreste, Epilogo e danza di Elettra), cinque personaggi principali con relativi registri (Elektra - soprano, la sorella Crisotemide – soprano, la madre Clitemnestra - contralto o mezzosoprano, il fratello Oreste – baritono ed Aegisthus – tenore) più una sorvegliante e cinque ancelle, il Coro di uomini e donne di Micene, una confidente, una portatrice di strascico. E al centro, per quanto fuori campo dal sistema dei personaggi, l’assassinato Agamennone, assente dal libretto ma ben presente sin dall’apertura nella musica, con il suo tema di quattro, possenti note (re-la-fa-re), a significare il nodo del lutto non elaborato che tormenta la psiche sconvolta della figlia Elettra.
Fra le invenzioni maggiormente geniali risulta, infatti, la sua prima grande aria (“Allein! Weh, ganz allein…” “Sola! Ahimè, sola”), nella quale Elettra deplora il proprio destino personale solo nelle prime quattro parole. Tutto il resto è visione. Il suo sguardo cerca il padre. Lei gli chiede di risalire dall’abisso e di mostrare il suo volto. È l’ora in cui fu commesso il delitto; è l’ora in cui, il giorno prima, ella ha visto comparire il defunto senza pace. Lei rivede la scena dell’assassinio e prevede quella della vendetta; vede scorrere - esattamente come la visionaria Cassandra nell'Agamennone eschileo, con sequenze diciamo pure cinematografiche - sangue dappertutto, e con il suo canto celebra in anticipo la festa dell’espiazione, in cui risuonerà la musica della danza. Nella scena centrale dell’opera, di fronte a Clitemnestra, Elettra decifra il contenuto degli incubi di sua madre e compie su lei un maleficio, preannunciandole quello che proverà quando, sotto il coltello del cacciatore, sarà lei l’animale offerto in sacrificio. Non meno interessante è poi l'inconciliabilità del canto in declamato fra gli aggregati dissonanti di Elektra (re bemolle maggiore sul mi maggiore) e la madre assassina Clitemnestra (si minore sul fa minore). Quindi folgorante va ritenuto l’Epilogo che, nato da un’originalissima idea della morte di Elettra dovuta al librettista Hofmannsthal, non ha precedenti. Nella tradizione teatrale, infatti, nessuna Elettra danzante «come una menade» è mai morta «sotto il peso della felicità». È questo forse il grande punto in cui possiamo leggere una convergenza fra le tre arti temporali, emblema del teatro classico, nonché fra le intuizioni del poeta e le teorie psicodinamiche di Freud: l’energia amorosa, interamente rivolta al padre scomparso, comportava anche l’odio per la madre. Una volta che questa è stata punita, l’assenza del padre riaffiora in tutta la sua irrevocabilità. Il mondo è vuoto. L’energia dell’amore, mescolata con quella dell’odio, non trova più altro su cui riversarsi se non il corpo stesso dell’eroina, nel culmine della danza, all’estremo confine tra la gioia e la distruzione. Ed è qui che ritorna, un'ultima volta, il tema di Agamennone, luminosissimo e finalmente elaborato, con il suo lutto, in tonalità maggiore.
Tutti specialisti, nell'occasione sancarliana, i componenti del cast: Elena Pankratova canta nel ruolo della protagonista Elektra, in alternanza (11 e 13 aprile) con Sabine Hogrefe, Renée Morloc sarà Clitemnestra, Egisto avrà la voce di Michael Laurenz e a vestire i panni di Oreste sarà Robert Bork.
Elektra
tragedia in un atto
musica di Richard Strauss
libretto di Hugo von Hofmannsthal dall’omonima tragedia di Sofocle Dresda, Hofoper, 25 gennaio 1909
Direttore | Juraj Valčuha
Regia | Klaus Michael Grüber (Ripresa da Ellen Hammer)
Scene e Costumi | Anselm Kiefer
Assistente Scene e Costumi | Christoff Wiesinger
Assistente alla Regia | Michele Sorrentino Mangini
Luci | Guido Levi riprese da Fiammetta Baldiserri
Interpreti
Elektra, Elena Pankratova / Sabine Hogrefe
Clitennestra, Renée Morloc
Crisotemide, Manuela Uhl
Egisto, Michael Laurenz
Oreste, Robert Bork
Aio di Oreste, Luciano Leoni
La confidente, Elena Serra
L’ancella dello strascico, Fulvia Mastrobuono
La sorvegliante, Pia-Marie Nilsson
Cinque ancelle, Annette Jahns, Alena Sautier, Christine Knorren, Katrin Adel e Magdalena Renwart
Un giovane servo, Gianluca Sorrentino
Un vecchio servo, John Paul Huckle
Sei serve, Lucia Gaeta, Franca Iacovone, Giuseppina Acierno, Silvia Cialli, Antonietta Bellone, Annamaria Napolitano
Produzione del Teatro San Carlo di Napoli
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
domenica 9 aprile 2017, ore 19.00 Turno A
martedì 11 aprile 2017, ore 20.00 Turno C / D
giovedì 13 aprile 2017, ore 18.00 Turno B
sabato 15 aprile 2017, ore 18.00 Turno F
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