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  • Immagine del redattore: Paola De Simone
    Paola De Simone
  • 25 mar 2017
  • Tempo di lettura: 2 min

Nel solco dei fasti di una Stagione concertistica che ha saputo negli ultimi mesi e già solo nella prima metà della programmazione mettere a segno sul palcoscenico del Teatro San Carlo le presenze di alcune delle più alte stelle del sistema mondiale, fra le quali i pianisti Daniel Barenboim e Martha Argerich, il duo da camera formato da uno dei massimi violinisti viventi, Pinchas Zukerman, e da un pianista dalle abilità non meno speciali quale Yefim Bronfman (nelle foto d'apertura), acquista non solo il senso di un magnifico capitolo della musica da camera in sé, ma diventa tassello fondamentale da ammirare alla luce di un più ampio itinerario interpretativo e di ascolto esemplare. Un modello di Musica assoluta che sfida il tempo e trascende lo stesso medium strumentale a disposizione, che spiega e conferma come si costruisce attraverso l'incanto dei suoni una frase, un colore, uno stile, una dinamica espressiva, un'emozione.

Conquista, incanta e quasi commuove infatti la straordinaria intesa rilevata ad ogni battuta nell'occasione sancarliana fra il mito Zukerman e il grande Bronfman: dieci anni di distanza (69 al prossimo luglio il primo, 59 al 10 aprile il secondo), un identico modo di attraversare i pentagrammi, un'intesa impressionante nei respiri, negli attacchi, nelle risposte in dialogo, nel rilievo dei ritmi, nella tornitura degli incisi melodici come dei tracciati armonici. Il tutto, attraversando ed esaltando tre capisaldi della letteratura violinistica: la Sonata n. 17 in do maggiore K. 296 di Mozart, limpida nel suo Classicismo puro ma al contempo di sostanza genuina e sincera, la Sonata n. 4 in la maggiore op. 162 D. 574 di Schubert scolpita ad arte nei percorsi elaborativi quanto negli slanci intensamente romantici, la Sonata n. 5 in fa maggiore op. 24 “La Primavera” di Beethoven, un capolavoro d'interpretazione immenso, per intenzioni e portamenti, sfide, incastri, colori e suggestioni.

Al termine applausi incandescenti e un omaggio fuori programma - il terzo movimento della Sonata op. 30 n. 3, sempre di Beethoven - in esecuzione mozzafiato non solo per l'esatto equilibrio di stile, volumi e velocità ma, innanzitutto, per l'elasticità di uno staccato, a nostro avviso, senza altri pari.

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