Vincente già nelle premesse, quanto particolarmente apprezzata alla luce degli esiti, l'idea dell'Associazione Alessandro Scarlatti di abbinare in concerto la serata di San Valentino, con relativa promozione di un biglietto unico per coppia nel Teatro di Corte del Palazzo Reale, al Romanticismo "doc" della cameristica firmata Schumann. Nello specifico, in programma, c'erano il Quartetto per archi op. 41 n. 3 dedicato all'amico Mendelssohn e un capolavoro assoluto quale il Quintetto con pianoforte op. 44, dedicato alla moglie Clara Wieck Schumann, entrambi nati in quel fuoco compositivo databile nell'anno 1842. Il tutto, affidato a una giovane formazione straniera di bel curriculum internazionale e ad una delle più interessanti pianiste italiane della sua giovane
generazione: la pugliese - ventiquattro anni appena compiuti lo scorso 22 gennaio - Beatrice Rana (nelle foto d'apertura).
Già nella partitura per soli archi il Modigliani, ben solido nell'intesa creata a partire dal 2003 fra grandi amici e artisti dal vivace temperamento, ha inteso sfoderare uno Schumann teso ed intenso, rigoroso nell'articolazione delle arcate quanto originalmente moderno nella peculiarità delle torniture espressive, sia relativamente al singolo elemento che nella serrata intesa dell'insieme. Se il primo violino Amaury Coeytaux guida e svetta con sicurezza, il secondo Loïc Rio sa come dialogare al meglio, così come mentre la viola dal bellissimo suono d'ambra (al di là di qualche minimo calo d'intonazione) di Laurent Marfaing ben alimenta con pari prestanza sia i rilievi melodici che i tracciati armonici, il violoncellista François Kieffer intensamente sostiene, canta e accompagna.
Ancora più interessante, a seguire, la dimensione cameristica "pura" e totalizzante messa a segno con l'ingresso di Beatrice Rana (sopra, nella foto di Marie Staggat; a seguire, il Quartetto Modigliani) nel meraviglioso Quintetto per pianoforte e archi. Non un pianoforte in vetta o a contrasto ma un unico dialogo appassionato fra gli strumenti in gioco, lungo un fil rouge tonale che stringe, come in un unico prisma, le tinte, le luci e le ombre molteplici ora in slanci possenti, ora in affondi drammatici. Ed è impressionante notare come una così giovane pianista, dal piglio pur sempre definito e deciso, sia riuscita al contempo ad avvolgere gli archi del Modigliani al punto da nebulizzare ogni distanza e differenza timbrica fra gli strumenti, in virtù di un'osmosi di tutti i parametri in campo sin qui raramente ascoltata. Caldissimi gli applausi al termine e un bis - il secondo movimento dal Quintetto per pianoforte e archi op. 34, entro un miracolo di tensioni e rarefazioni - di un altro compositore che, come Robert, ha particolarmente amato Clara Schumann.
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