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  • Paola De Simone

Una sezione di soli fiati tanto esposta in prima linea con due pagine capitali e singolarissime dal bel repertorio per Harmonie entro la formula della Serenata - la Gran Partita di Mozart e l'op. 7 di Richard Strauss - quanto lodevole nei risultati messi a segno fra il non comune equilibrio dei colori e delle dinamiche, la buona tempra degli interventi "a solo" delle prime parti al pari delle rifiniture nelle battute a dialogo accanto ad una salda tenuta d'insieme sul piano metrico-ritmico e al pieno respiro armonico raggiunto da tutti gli esecutori in gioco. Persino nell'azzardo, dal podio, degli stacchi di tempo più veloci come per il Rondò finale del capolavoro mozartiano che ha chiuso l'intera esecuzione. Tasselli complementari e al contempo singolarmente fondamentali per un esito che, nel complesso, ha profondamente convinto sia in relazione alla serietà di preparazione di ogni differente elemento quanto nei termini non comuni della coesione raggiunta dall'intero gruppo ovviamente anche in virtù del grande lavoro realizzato dal podio. Convinto dunque, e non solo poiché, il traguardo raggiunto, ha innanzitutto sorpreso se si pensa che a dar corpo all'organico in esame sono musicisti giovanissimi recentemente chiamati a raccolta tramite pubbliche audizioni e che, in breve tempo attraverso percorsi di formazione mirata, ora si rivelano già pronti al banco di prova di una prima vera stagione per di più proposta su un palcoscenico importante.

La compagine in questione? È l'Orchestra Giovanile Napolinova ascoltata, appunto nella sola sezione dei fiati, domenica mattina al Teatro Bellini sotto la direzione davvero esemplare per dettaglio analitico e cura di tinte, agogica, rilievi concertanti e fraseggio affidata nell'occasione a Francesco Bossone (nella foto in basso), musicista dalle lucide intenzioni e dal gesto sempre chiarissimo, primo fagotto dell'Orchestra Nazionale di Santa Cecilia.

Bravi tutti gli strumentisti in campo, dai due flautisti Vincenzo Gaudino e Claudia Vittorini a Diego Di Guida e Luigi Damiano agli oboi, dai fagottisti Tancredi Rossi, Giacomo Lapegna a Martino Moruzzi e Francesco Filisdeo ai corni di bassetto, dai clarinettisti Antonio Pisellini, Iolanda Lucci ai cornisti Antonella Marino, Giovanna Bruno e Antonio Leone affiancati dal maestro Filippo Azzaretto. Più al contrabbasso - strumento originalmente previsto da Strauss in alternativa al controfagotto o al basso tuba, quindi affiancato da Mozart insieme alla seconda coppia di corni e ai due particolarissimi corni di bassetto che qui compaiono per la prima volta negli organici del suo immenso catalogo - Antonio Di Costanzo. Il repertorio, intanto, non era di certo dei più facili. Ben congegnato all'origine scegliendo l'opera dell'esordio di Richard Strauss - una Serenata atipicamente in un unico tempo (Andante) bitematico e in forma-sonata classica più coda, terminata nel novembre 1881 e ad oggi considerata prospettiva basilare per comprendere la visione olimpica propria della prima Scuola di Vienna e l'insospettabile debito in special modo mozartiano alle spalle di un compositore emblema della modernità che, come pochi, ha spinto al parossismo tutti i parametri sonori pur entro i confini della tradizione - in abbinamento ad un capolavoro sperimentale dalla genialità formale e dalla bellezza timbrico-espressiva rare. In special modo si premiano, per Strauss, il primo flauto Vincenzo Gaudino, l'ottimo primo oboe Diego Di Guida e, per Mozart, ancora quest'ultimo per la sensibilità di tornitura dei suoi interventi più il bravissimo primo fagotto, Tancredi Rossi, per la rara sinergia sfoderata nell'innesto di una speciale sensibilità interpretativa fra le mille agilità tecniche. Al termine tanti gli applausi e, sulla base di quanto nell'occasione da noi ascoltato, un auspicio che lanciamo come idea: ossia, che la lodevole iniziativa creata praticamente dal nulla pensando ai nostri musicisti del futuro dall'Associazione Napolinova di Alfredo De Pascale con varo lo scorso anno sotto la direzione d'orchestra di Mariano Patti possa, in qualche modo, restituire alla città una realtà non troppo lontana da quell'organico venuto meno al circuito musicale partenopeo dopo l'assurda chiusura della gloriosa Scarlatti della Rai. Magari, questa volta, identificandosi in unione al palcoscenico di un Teatro di primo piano qual è il Bellini di Napoli.

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