«La sera poi [del 4 novembre] la maestà sua passò ad ascoltar l'opera in musica nel nuovo R[eal] teatro che si è eretto accanto al R[eal] palazzo, il quale, per l'ampiezza, magnificenza e perfetta sua architettura e simmetria non ha nell'Italia, anzi nell'Europa, chi possa pareggiarlo, risvegliando la veduta di esso l'idea di que' superbi edifici che sapea pensare ed eseguire la potenza degli antichi romani. Merita per tanto tutta la laude il coronello d'infanteria ed ingegnero maggiore del Regno D[on] Giovanni Antonio Medrano, che n'è stato l'autore, per aver in esso fatta spiccare la somma perizia dell'arte architettonica; né di minor commendazione è degno il capitano D[on] Angelo Caresale, che ha saputo con la sua impareggiabil vigilanza ed accuratezza, non meno che col suo zelo nell'eseguire i regali ordini, condurre al suo fine e perfezione nel corso di poco più di quattro mesi una mole sì stupenda che, risguardata in tutte le sue parti, si rende l'oggetto dell'universale ammirazione. Alla comparsa del re nostro signore in detto teatro, ove era accorso di persone distinte un'incredibile numero, si videro tutti i palchi riempiti di dame adorne di ricchissimi abiti e di preziosissime gemme, com'altresì di cavalieri in abiti di sfarzosissima gala, ad oggetto di appalesare in sì gioiosa congiuntura l'interno giubilo loro; indi fu dato cominciamento alla recita del prologo, allusivo alle rare virtù che adornano il nostro amabilissimo sovrano.
Rappresentavasi in esso la reggia de' geni sostenuta sopra nuvole, nel mezzo della quale in maestoso seggio d'oro assiso vedeasi il R[eal] Genio, corteggiato dalla Giustizia, Clemenza, Liberalità e Compassione; nel mentre altri alati geni si scorgeano sostenere per la reggia suddetta immagini di varie idee del R[eal] Genio. Avanti alla mentovata reggia osservavasi il Carro della Magnificenza tirato da due destrieri, e quello della Gloria da due aquile, ed a sinistra comparivano due altri carri, il primo della Celerità, da due sparvieri tirato, e il secondo della Fama, condotto dal cavallo Pegaseo. Susseguì immantinente la recita del dramma intitolato Achille in Sciro, che per la musica del primo maestro della R[eal] cappella D[on] Domenico Sarro, abiti, balli, e per le bellissime vedute delle scene, dirette dal celebre pittore Pietro Righini, fu da tutti generalmente applaudito. In somma si deve a piena bocca confessare che il nostro R[eal] sovrano, avvegnacché sia solamente intento a promuover sempre il bene e la felicità de' suoi sudditi, si è ancora compiaciuto far ergere un sì superbo teatro, non tanto per suo R[eal] divertimento, che per quello de' fedeli suoi vassalli, come dalla iscrizione che scolpita vedesi sul frontespizio di cotesto edificio chiaramente si è degnato appalesare: CAROLUS UTRIUSQUE SICILIAE REX | PULSIS HOSTIBUS, CONSTITUTIS LEGIBUS, | MAGISTRATIBUS, | ORNATIS LITERIS, ARTIBUS EXCITATIS, | ORBE PACATO | THEATRUM, QUO SE POPULUS OBLECTARET | EDENDUM CENSUIT | ANNO REGNI IV CH. MDCCXXXVII». (Nell'immagine d'apertura, il palco Reale del Teatro di San Carlo; a sinistra, il frontespizio della copia manoscritta della partitura conservata presso la Biblioteca del "San Pietro a Majella" di Napoli in cui è sottolineata la novità del Teatro Regio di S. Carlo; sotto, un ritratto del sovrano Carlo III di Borbone).
I fasti architettonici e le magnificenze del potere sovrano quanto della società di corte partenopea restano dunque impressi nelle cronache di Napoli datate 5 novembre 1737, pubblicate all'indomani della spettacolare apertura del Real Teatro di San Carlo, nuovo e stupefacente tempio dell'opera nato in tempi record, in sostituzione e utilizzando i materiali lignei della Stanza di S. Bartolomeo inaugurata a sua volta in era vicereale nel 1620 nel luogo dove oggi sorge la Chiesa della Graziella, con un dramma commissionato per l'occasione al compositore pugliese di scuola napoletana Domenico Sarro, dal titolo Achille in Sciro, su libretto metastasiano già utilizzato dal Caldara. Assai preziosa in merito, così come tutti gli altri tasselli della nostra gloriosissima storia culturale che gli archivi di Napoli conservano, anche la polizza (già edita) di 220 ducati custodita presso l'Archivio Storico del Banco di Napoli - Fondazione, che così specifica: «Ad Angelo Carasale d[ucati] duecentoventi. E per esso a Domenico Sarro; e sono in sodisfaz[io]ne della composiz[io]ne del Prologo, ed opera in Musica intitolata Achille in Sciro che si è rappresentata nel Teatro Reale di S. Carlo il dì 4 9.bre p[rossimo] p[assato] in avanti. E con d[ett]o pagam[en]to resta saldato, e sodisfatto [...]».
Ebbene, per celebrare un doppio, importante anniversario, il San Carlo ripropone per due sere proprio quel titolo (venerdì 4 novembre alle ore 20.00, in replica sabato 5 novembre alle ore 19.00), ma in forma semiscenica e in edizione moderna curata da Ivano Caiazza, a 279 anni da quella inaugurazione e a 300 dalla nascita di Carlo III di Borbone (20 gennaio 1716 – 14 dicembre 1788), sovrano illuminato come pochi cui si deve, oltre ai massimi edifici monumentali della città e del territorio campano, la costruzione del Teatro che ad oggi ne conserva il nome.
«Era per il Teatro di San Carlo un dovere ricordare Carlo III di Borbone - afferma in merito Rosanna Purchia, Sovrintendente del Teatro San Carlo - per ringraziarlo di aver donato a Napoli il Teatro più bello al mondo, un luogo che ancora oggi è in grado di stupire e suscitare meraviglia in tutti coloro che vi entrano, e da tutto il mondo arrivano per applaudirne gli spettacoli. Queste celebrazioni offrono inoltre l’opportunità di collaborare con altre istituzioni cittadine, che a Carlo devono la loro fortuna o la loro esistenza, e ancora di poter costruire un ponte con istituzioni internazionali, quali ad esempio La Real Academia de Bellas Artes de San Fernando. Tutta Napoli, le regge limitrofe, gran parte della Campania, devono a Carlo III quelle rivoluzioni urbanistiche, normative, che il sovrano illuminato attuò, rendendo, all’epoca, questa parte di Italia, tra le più importanti e attive di tutta Europa».
A firmare drammaturgia e regia dell'opera di Sarro è Filippo Zigante, la direzione d'orchestra è affidata a Alessandro De Marchi mentre la revisione critica e gli inserti musicali sono di Ivano Caiazza. Nel cast vocale Enrico Iviglia nel ruolo di Licomede, l'eccellente Sonia Prina (nella foto sopra) sarà Achille, Deidamia avrà la voce di Raffaella Milanesi, Francesco Marsiglia interpreterà Ulisse, Lucia Cirillo sarà Teagene e Francesca Lombardi Mazzulli Arcade; a tenere il fil rouge della narrazione, aiutando lo spettatore a comprendere lo svilupparsi dell'azione, è il personaggio di Nearco che avrà il volto e la voce di Mariano Rigillo.
Il libretto di Metastasio, messo in musica numerose volte (prima del Sarro, nel 1736 da Antonio Caldara, successivamente nel 1738 da Giuseppe Arena, nel 1739 da Pietro Chiarini, nel 1740 da Leonardo Leo, nel 1749 da Niccolò Jommelli, nel 1759 da Johann Adolph Hasse solo per citare alcuni emblematici casi di un soggetto molto amato, ripreso anche da Giovanni Paisiello negli anni di San Pietroburgo), narra i tormenti di Achille, figlio di Peleo e Teti che per sfuggire al destino e non prendere parte alla Guerra di Troia, è obbligato dal padre a rifugiarsi, travestito da donna, nell’isola di Sciro dove s’innamora della principessa Deidamia. Achille viene, nonostante il travestimento, riconosciuto dall’astuto Ulisse ed invitato ad unirsi agli eserciti in partenza.
«La messa in scena – racconta Filippo Zigante – è essenziale, in essa i personaggi non compiono, ma evocano l'azione, stimolando la fantasia dello spettatore con il supporto anche di proiezioni e momenti coreografici. Il vero protagonista – continua Zigante - non è Achille, cui l'opera si intitola, né tantomeno Deidamia. Ulisse, determinato e lucido nelle sue azioni, degno, per l'acutezza della sua mente, di varcare indenne il lungo spazio temporale e di ben collocarsi nel ‘secolo dei Lumi’, ne è il vero protagonista, il personaggio chiave dell'opera. Gli altri personaggi sono rinchiusi nello schema che il destino ha loro assegnato […] tutti sono sovrastati dalla figura di Ulisse che in questa circostanza, come nelle altre della tradizione omerica, con la ragione domina gli eventi».
L'Achille in Sciro, già applaudito a Vienna nel 1736, su musiche di Antonio Caldara, fu affidato alle mani esperte di Domenico Sarro, compositore nato a Trani ma di formazione napoletana (allievo tra gli altri del Provenzale), Maestro della Real Cappella, considerato tra le più eminenti personalità della vita musicale napoletana del primo Settecento, se non la più importante e significativa della generazione immediatamente successiva a quella di Alessandro Scarlatti.
Per riviverne la magnificenza di quella storica première si citano, infine, alcuni stralci da una lettera scritta da una nobile spettatrice presente a quell'evento - Isabella, principessa di Caposele - e indirizzata ad un'amica di Venezia (Violante Zanolin). Lettera a noi trasmessa, fra storia e leggenda, dall'illustre Salvatore Di Giacomo: "Di casa, li 4 novembre 1737. | Amabilissima mia Violante [...] Sono le due ore della notte. Ritorno dal teatro di San Carlo, questa sera per la prima volta aperto alla maraviglia dei Napoletani e con musica e ballo inaugurato alla invitta presenza di Sua Maestà, Dio guardi. Il mio signor marito, principe di Caposele, che in questo momento si è menato nel letto e dorme, essendo stanco per lo continuo giro per li palchi di visita, possedeva, come tu ben sai, un palchetto al dismesso teatro di S. Bartolomeo, in dove pagavamo di appalto solo ducati novanta. Lo stesso palco di seconda fila ci viene ora al S. Carlo ducati settecento ma volentieri li vuol pagare mio marito per avere il piacere di godere della vicinanza della M. S. ed ossequiarla. [...] Che spettacolo, Violante carissima! Della musica non ti parlo essendo che tu ben sai che io poco ne capisco di questa musica seria; mio marito dice che è stata lodatissima e diffatti il pubblico con continui battimenti di mani le ha mostrato il suo gradimento. Ma io – giacché siamo a quattr’occhi – ti dico che ci provo maggior piacere quando Scarlatti se ne viene a suonare un allegro o un minuetto al clavicembalo di casa nostra. Che dir ti posso? Sarro potrà essere un maestro di cappella rispettabilissimo, ma pel teatro, secondo il mio debole parere, è troppo lamentoso. Sua Maestà, Dio guardi, se l’ha fatta a dormire quasi tutta la serata. Insomma musica seria, bella mia, ma seria assai e non fatta per li nostri orecchi. [...] Violante mia, che lumiere, che sfarzo, che colpo d’occhio! Il Re è arrivato in punto all’ora fissata per il principio dello spettacolo e subito la conversazione ch’era nelli palchetti e platea si è interrotta. Il primo cembalo ha attaccato il real pezzo seu l’inno e sono scoppiati immensi battiti di mani con grida di: viva il Re! Viva la Regina! Con levarsi tutti all’impiedi e con riverenze. S. M. la Regina, Dio guardi, stava un prodigio e sembrava, in lontananza, bella al maggior segno, abbenché mi si dice da chi ha potuto avere la fortuna di avvicinarla che sia alquanto rovinata dal vaiuolo in faccia. Il suo pellucchiero non è dei più famosi né S. M. troppo s’intrattiene alla tualetta, per essere piuttosto di modesti e religiosi costumi: la sua tualetta è l’oratorio, la sua acqua di odori è l’acqua santa. Benedetta! Così potessi fare anch’io, preparandomi il posto in paradiso. Ma il mio confessore, don Pietro Vigorito a S. Giacomo, mi ha detto che la tualetta si può fare quando è fatta senza iscandalo e con nobile tranquillità. Se vuoi sapere come mi sono accomodata con l’aiuto ingegnosissimo dell’abate Zanetti, che tu avesti a conoscere l’anno scorso e che vive di me prigione, eccoti soddisfatta. Pettinatura all’Amadigi, abbenché poco mi garbi. Però il pellucchiero dice che li ricci contornano amabilmente l’ovale del mio volto, e bisogna sentire il pellucchiero. Le moschette si portano in quantità ma non mi sono adattate se non che una passionata, due galanti, e una assassina all’angolo delle labbra. Nei capegli ho messo alcune perle delle stesse di cui mi stava un filo doppio al collo nudo. Anche il corsetto tortorella, molto lungo e appuntato come si porta, era filettato in lungo da perle e così le aperture delle maniche a sbuffi, alii margini. Tutta la guarnizione, con alcuni altri complimenti, è amabil dono di mio marito che l’ha comperata a Parigi. La veste è quella che tu ben conosci, di seta di color di rosa e tulipani a rilievo. Ne ho fatto mutare i falbalà e ci ho messo frangia di merli d’argento che fanno più figura. Alli sgonfii laterali una guarnizione di nocchette naccarà, che ci stavano un amore. Ventaglio con pitture di un certo Fragonard di Parigi, anche dono di mio marito. Mi dicono che è meraviglioso. Io tutta questa meraviglia non ce la trovo: due puttini, un cane e un poco d’erba, questo è tutto. Invece la montatura d’avorio è ricca assai; le bacchette sono traforate e con il traforo formano il mio nome. Forse mi sono scollata un po’ troppo: il principino di Tarsia, che stava nel palchetto accanto al nostro, se l’ha fatta a sbirciarmi tutta la santa serata. Peggio per lui.
[...] Vengo all’opera in musica. La Tesi è stata un portento nella parte di Achille che è uscito vestito da donna, come prescrive il libretto. Ma la Peruzzi mi è piaciuta più assai; è piccola di statura, acconcia ed ha un timbro di voce squisito. La Tesi mi pareva il gigante di Palazzo. Il tenore Amorevoli è stato sorpassato dal secondo uomo Marianino che si attraeva l’universale applauso. Scene stupende del Richini di Torino e ballarini dei migliori, che molto hanno dilettato S. M. fino all’ultimo padedù. Al grido finale del coro, nel Prologo in dove apparivano la Magnificenza, la Gloria e la Celerità, tutti levatisi in piedi hanno gridato: Viva Carlo ! E il re con ripetuti abbassamenti del capo ha mostrato il suo Real gradimento. Mi è piaciuto leggere un Reale dispaccio appeso in corridoio, che non sia permesso di salire sulla scena né prima né dopo la recita sotto pena di due anni di arresto in Castelnuovo per i nobili. Caposele mio marito non ripeterà le sue prodezze di San Bartolomeo. Se tu sapessi che mi ha fatto passare per la cantarina Rosa Albertini che poi fu uccisa, poveretta! Nemmeno si può applaudire senza che il Re o la Regina non ne diano il segno, né far replicare qualche aria che incontri piacere, e ciò per non fare campeggiare alcune poco decenti protezioni le quali hanno bastantissimo motivo di mormorare. Tu mi dirai: – Come è stato in così poco tempo fabbricato un immenso teatro? – Che dir ti posso? La mia mente ancora stordita dallo spettacolo mi par come immersa in un sogno. Tornando a Napoli vedrai, mia dolcissima Violante, cosa che non ha al mondo intero la somiglianza, per lusso, per ricchezza, per vastità. Più che mai ti desidero vicina in questo riscontro, onde ammirar tu possa ben presto lo sfarzo di Napoli, delle dame e cavalieri in così nobil luogo raccolti. Termino con abbracciarti ripetutamente [...] Con mille e mille baci. – Tua: Sabella Caposele".
Teatro di San Carlo
Venerdì 4 Novembre 2016, ore 20.00
Sabato 5 Novembre 2016, ore 19.00
ACHILLE IN SCIRO
Dramma per musica in tre atti
Musica di Domenico Sarro
Libretto di Pietro Metastasio
Libera drammatizzazione a cura di Filippo Zigante
Voce recitante | Mariano Rigillo
4 novembre 1737, Inaugurazione del Nuovo Grande Real Teatro San Carlo di Napoli
Selezione e revisione critica a cura di Ivano Caiazza
Direttore | Alessandro De Marchi
Interpreti
Licomede, Enrico Iviglia
Achille, Sonia Prina
Deidamia, Raffaella Milanesi
Ulisse, Francesco Marsiglia
Teagene, Lucia Cirillo
Arcade, Francesca Lombardi Mazzulli
Nearco Mariano Rigillo
Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo
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