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Paola De Simone

Semplicemente fantastico. Ascoltare un pianismo già consapevole di tutto ma dalle mani ben salde, decise e agili di un talento di appena quindici anni. Un pianismo, se si escludono giusto un paio di brevi cali di tensione, complessivamente robusto, dinamico e al contempo dolcissimo, tecnicamente brillante, ben tornito nei profili melodici come scattante nei rilievi del ritmo, pieno nelle sonorità in ogni registro e dalle dense armonie.

Tra l'altro, con un lucido senso della forma quanto sensibile alle diverse pieghe dello stile, a partire dalla forma-sonata del Classicismo viennese e fino al primo Novecento di Francia. È quanto ascoltato e caldamente da tutti applaudito domenica mattina in occasione del bel recital di Davide Scarabottolo, secondo, straordinario talento fra i sei in gara scelti quest'anno dal direttore artistico Michele Campanella per il Maggio del Pianoforte, in terza edizione, a Villa Pignatelli (nelle foto).

Il percorso pianistico ha avuto inizio con il Mozart della Sonata in Fa maggiore K. 332 di cui si premiano, almeno, la perfetta condotta dei temi, l'efficacia del canto al pari dell'appoggio sul ribattuto poco legato, il nitore dei trilli, la spinta propulsiva interna all'intera architettura e, oltre alle tonalità ricercate nell'Adagio, il vivace contrasto fra tecnica vicina e tecnica sciolta nell'Allegro assai di chiusura. Tutt'altro mondo a seguire, con la Suite Pour le piano di Debussy, scolpita equilibrando forza e trasparenza, i richiami alle sensuali suggestioni della "pluie" distillata altrove dallo stesso autore francese, i glissati impeccabili ed una rara sapienza degli accenti. Parimenti sorprendente, poi, lo Schubert dell'Improvviso op. 142 n. 3, fluido, rotondo e un po' salottiero, quindi l'attacco folgorante di una Rhapsodie espagnole di Liszt che, attraversando l'intera tastiera con un unico, ampio gesto sonoro, ha toccato sin dall'incipit vette non prevedibili in una ragazzino di snella costituzione e molto timido all'apparenza. Dal Liszt di Scarabottolo è infatti uscito con grande impatto il Romanticismo virtuosistico migliore: slancio di fuoco e rigore, affondi intensi al grave e voli leggeri verso un acuto puro come il cristallo, raffiche di ottave possenti e movenze raffinate di tradizione iberica.

Al termine in omaggio, fra la pioggia di applausi, il vertiginoso Chopin dello Studio n. 8, Allegro, tratto dall'op. 10, con quelle sue scale corse per salti e a gran velocità: proprio come farebbe, rientrando a casa, un ragazzo della sua età.

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