Ancor più bella quanto di perfezione assoluta la Carmen della divina Svetlana Zakharova applauditissima nella ripresa del balletto creato nel 1967 dal ballerino cubano, maître de ballet e coreografo Alberto Alonso, fondatore nel 1948 con il fratello Fernando e la cognata Alicia della Compagnia poi assurta a fama mondiale come Ballet Nacional de Cuba per la leggendaria Plisetskaja. Appositamente ripensata nel 2005 per la Zakharova, ultima interprete e dunque erede, vivente Alonso, di quanto voluto dallo stesso autore, la coreografia era arrivata per la prima volta a Napoli lo scorso ottobre nel cuore dell’Autunno Danza nella ripresa a cura della moglie Sonia Calero, quindi ora ritornata nella stessa edizione in doppia serata al Politeama per il Teatro Festival con pari solisti accanto al Corpo di Ballo sancarliano ma in titolo unico e con la grande novità dell’Orchestra del Conservatorio di musica di Benevento in luogo della compagine del Lirico.
Semplicemente spettacolare, innanzitutto, il tris d’assi tornato per dar corpo e ulteriore anima ai protagonisti ispirati alla fonte letteraria originale della novella di Mérimée: per tecnica ed eros magnetica fino a togliere il fiato Svetlana Zakharova, adamantina, impeccabile e tagliente nella purezza delle linee, nello scatto folgorante dei ritmi e nella tensione delle dinamiche. Di una forza erotica talmente raffinata da rivelarsi categoria universale oltre le coordinate dello stile e del tempo. Lo abbiano scritto e qui lo ribadiamo: un emblema di Arte vera e purissima. Ma non meno stupefacenti, al suo fianco, sono stati ancora una volta i due protagonisti maschili pronti a suggellare la spiccata matrice russo-ispanica dell’intero spettacolo: il prestante Mikhail Lobukhin e il bellissimo venticinquenne Denis Rodkin, rispettivamente nei ruoli di uno spavaldo torero Escamillo e di un appassionato Don José. Amore, seduzione, gelosia, libertà e morte ne attraversano il Destino (Martina Affaticato) entro il quadro unico di un’arena con spettatori d'impronta coreutica cubana e di matrice scenica cubista. Pregevoli, intorno, le performance di Edmondo Tucci ( Zuniga) e della Compagnia di Balletto della Fondazione, affidata (ad oggi si è ancora in attesa della nomina di un direttore) al maître de ballet Lienz Chang.
Una speciale nota di merito spetta infine sia ai vertici del Lirico napoletano (per la fiducia accordata ad un organico di studenti in virtù di un illuminato protocollo d'intesa) che all'Orchestra di allievi ed ex allievi del Conservatorio "Nicola Sala" di Benevento (per l'ottima tenuta ai fini della resa) affidata, così come lo scorso ottobre lo era stata l'Orchestra della Fondazione, alla bacchetta di Alexei Baklan. Per nulla facile la partitura (preparata in sede con gli allievi dal docente Giuseppe Camerlingo) che mixa la sensualità di Bizet (Carmen e Arlésienne) con la forza slava di Ščedrin (Carmen Suite), compositore classe 1932 e marito della prima interprete Maja Plisetskaja. A maggior ragione apprezzato il vivido battito delle molteplici percussioni a sostegno delle plastiche linee melodiche ben cavate dal resto della compagine dell'Istituzione musicale diretta da Giuseppe Ilario con la presidenza di Caterina Meglio. Al termine, applausi caldissimi per tutti e un'ovazione speciale per la divina Zakharova.
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