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Paola De Simone

«Emilia Zamuner, a wonderful voice»: parole d'oro, per un talento che ci appartiene, quelle pronunciate al microfono dalla regina del jazz Diana Krall sul palco dell'Arena Flegrea di Napoli, andate infatti meritatamente a premiare una giovanissima ma già grande voce della nostra terra dall'alto della sua "prima volta" partenopea in esclusiva per il meridione e di uno spettacolo sonoro di perfezione assoluta, dinanzi a una platea di oltre tremila persone.

Una voce nuova, quella di Emilia Zamuner, ascoltata in trio (nella foto sotto) con i rodati Pietro Condorelli e Sebastiano Esposito ma, stavolta, in formula inedita poiché lodevolmente esposta in prima linea dalla direzione artistica quale protagonista dell'opening act scelto ad introdurre l'atteso evento concertistico della pianista e cantante canadese esibitasi lo scorso 11 luglio in ideale quanto raffinatissimo interplay al fianco di un trio di eccellenza formato da Antony Wilson alla chitarra elettrica, di Karriem Riggins alla batteria e di Robert Hurst al contrabbasso (nella foto d'apertura).

Dunque, prima di entrare nel vivo dell'incanto pianistico e canoro della Krall, è il caso di porre in debita evidenza la rara tempra "alla Fitzgerald" e la straordinaria versatilità timbrica, finanche strumentale, della voce della Zamuner. Figlia d'arte ma con coraggio e tenacia spintasi verso un genere musicale non testato in una famiglia dedita alla "superclassica", Emilia (nella foto in basso a sinistra) nasce a Napoli nel 1993 da una nota coppia di pianisti (Umberto Zamuner e Maria Sbeglia) portando con sé un nome scelto in omaggio alla celebre didatta e straordinaria donna di cultura Emilia Gubitosi, fondatrice del nucleo primigenio dell'Orchestra Scarlatti, maestra della madre e punto di riferimento fondamentale sia sul piano umano che artistico. Quindi, sin da piccola, Emilia dimostra al pari del fratello Riccardo (fra i migliori diplomati a Napoli nello scorso anno accademico e attualmente violinista in brillante ascesa) grandi doti musicali. Inizia lo studio del pianoforte con la nonna, Laura Lamagna, ma la sua grande passione resta il canto che perfeziona con il soprano Marilena Laurenza. Oltre a frequentare, dopo ad aver conseguito la maturità classica, la facoltà di Economia Aziendale alla “Federico II” di Napoli, ha seguito il corso triennale di I livello laureandosi lo scorso marzo in Canto Jazz al Conservatorio "San Pietro a Majella" di Napoli.

Pur essendo giovanissima, si è esibita in pubblico numerose volte partecipando, in parallelo, a spettacoli musical-teatrali. Ha collaborato con diversi musicisti tra cui Marcio Rangel, Marco Sannini, Giulio Martino, Francesco D’Errico, Gianni Conte, ha vinto il primo premio del Contest “Next Sound” in qualità di voce solista del gruppo “Tasso street notes” mentre, nell’estate 2010, è stata la voce solista della Suite Disney del compositore Scardicchio accanto all’Orchestra Sinfonica della Magna Grecia nell’ambito del Festival “dal Barocco al Jazz” ad Anacapri. Ha cantato inoltre ai Giardini Ducali di Modena, a Teramo, al Teatro comunale di Carbonia per l’Associazione Anton Stadler, al Teatro Comunale di Mola di Bari per l’Agimus, ad Anacapri nell’ambito di “Anacaprifamusica”, a Firenze per l’associazione Rami Musicali, in Cilento, a Napoli nella preziosa Cappella Sansevero, all’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, al Circolo Canottieri, al Teatro Sannazaro. Nell’estate 2013, a Taranto e a Matera, è stata voce solista con l’Orchestra Sinfonica della Magna Grecia nei due concerti in ricordo di Whitney Houston mentre, di quest'anno, è la conquista del Premio "Massimo Urbani". Il trio d'apertura parte così nel segno di un guru del grande jazz, l'avveniristico Charles Mingus, reinterpretato scegliendo Duke Ellington sound of love, omaggio dedicato, all'indomani della scomparsa, ad un altro mito agli apici della letteratura musicale di matrice afroamericana. Poi i fratelli Gershwin, con But not for me, Infantil di Wayne Shorter e fino a toccare il cuore un po' di tutti rielaborando il blues partenopeo di Pino Daniele (A me me piace ‘o blues) offerto con tanto di dedica di benvenuto a Napoli per la meravigliosa Diana Krall. Al termine della loro performance, un boato di consensi per l'efficacia del trio e di una voce sorprendente nella vivace molteplicità delle risorse, tra sfumature di stile e sfaccettature del colore.

A seguire, il fenomeno Krall (nella foto sopra) in un florilegio di "cult" del jazz riletti ora con tocco speciale al pianoforte, ora intonati con la sua particolarissima voce d'ambra ma, in ogni caso, filtrati entro la perfezione in quartetto di un sound adamantino: da East of the sun west the Moon di Benny Goodman a Just you, just me citando Nat King Cole, da How Deep Is the Ocean di Irving Berlin a Let’s Face The Music And Dance di Fred Astaire versione Krall e ad Exactly Like You di Jimmy McHugh pensando al canto di Nina Simone e Frank Sinatra. Poi raffica di bis: dalla platea saltano fuori tanti titoli e lei inizia a cantare ancora, fra un Boulevard of broken dreams al Wonderful richiesto a gran voce, da Burt Bacharach (Look of love) a Cheek to Cheek e a Fly me to the Moon posta a sigillo di una serata caldissima e realmente magica per l'Arena Flegrea.

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