top of page
  • Paola De Simone

Moderno, denso ma dal fraseggio asciutto, prestante. Il Rachmaninov del Secondo Concerto ascoltato l'altra sera al Teatro San Carlo per la Sinfonica ha confermato del pianista irlandese Barry Douglas, di nuovo a Napoli dopo il recital di dodici anni fa, tempra e sostanza messi a segno nel corso di una cospicua carriera internazionale partita da una prestigiosa medaglia d'oro alla Čajkovskij International Piano Competition, anno 1986. Un Rachmaninov al riparo da facili seduzioni quanto dalle canoniche ridondanze sonore, ben concentrato nei passaggi dalla tecnica vicina quanto libero nei salti e nelle volate accordali più accese secondo la logica di una lettura aggiornata, diciamo con cifra parimenti riconoscibile nell'omaggio offerto al termine della sua prova: il Quinto dei 6 Momenti Musicali op. 16, sempre di Rachmaninov, restituito con lucidità rara nella chiarezza e nella distensione dei dettagli melodici e dinamici. Di ulteriore interesse tuttavia in tale prima parte del concerto, a nostro avviso, è stata la tenuta dell'Orchestra del San Carlo che, nell'occasione diretta da Vladimir Fedoseyev, maestro di grande esperienza soprattutto in materia russa, a fine carriera, per la prima volta sul podio del San Carlo e dotato di un gesto alquanto singolare dalla minuta presa coreutica, si è retta saggiamente autogovernandosi come sull'olio, in bilico fra il pianismo di Douglas e il gesto di Fedoseyev (nelle foto di Luciano Romano).

Fra gli interventi memorabili, se ne citano due particolarmente sorprendenti, entrambi nel movimento centrale del Concerto per pianoforte e orchestra: il primo, così come già notato nel Paisiello della settimana scorsa e come confermato dalla bella Shéhérazade proposta a seguire, era ravvisabile nel tema tornito con cura e sensibilità estreme dal primo clarinetto Sisto Lino D'Onofrio, tema raccolto dal primo flauto Silvia Bellio e letteralmente volto al sublime; dall'altro, al di là dei sempre notevoli rilievi concertanti, segnaliamo il bellissimo pedale del primo fagotto Mauro Russo, momento di musica pura capace di un cambio di colore d'incanto. Due alti talenti, in pratica, a maggior ragione apprezzati in quel capolavoro russo per orchestra che è la Suite Sinfonica di Rimskij-Korsakov ispirata alle fiabe d'Oriente delle Mille e una Notte. Qui l'intesa ritrovata fra l'Orchestra della Fondazione e il direttore ospite ha restituito nella molteplicità delle sfumature di agogica e di tinta quel che è finito col diventare il momento migliore della serata. Un ampio affresco dai chiari accenni descrittivi quanto ricco di effetti meramente strumentali andati ad esaltare le specificità del singolo, della sezione come dell'intero insieme. In primo piano, su tutti, il violino di spalla Gabriele Pieranunzi, intenso e al contempo ben saldo sia nella consapevolezza dell'articolazione stilistica, sia nel gestire al millesimo l'intonazione fin su nei più arditi sovracuti tra i momenti di fiaba ed entro le pieghe sinuose del canto della Shéhérazade divenuta regina. Buona la prova dell'ìntera sezione degli archi, eccellente il tributo dei clarinetti (Sisto Lino D'Onofrio e Stefano Bartoli) così come dei due fagotti (ancora una volta notevolissimi i "soli" di Mauro Russo e gli interventi di Giuseppe Settembrino), spettacolare lo smalto sfoderato dall'intera famiglia degli ottoni a partire dai corni capitanati da Ricardo Serrano (con Salvatore Acierno, Pasquale Pierri, Marco Peciarolo) e fino alle trombe più tromboni rispettivamente guidati dal bravissimo, come sempre, Fabrizio Fabrizi (stavolta accanto all'ospite Marco Vicario) e da Gianluca Camilli. Quindi le percussioni tutte e l'arpista Viviana Desiderio a prezioso complemento del canto distillato verso il pubblico dal violino di spalla Pieranunzi. Caldissimi gli applausi al termine per il direttore e per l'Orchestra.

SCARICA PDF

In primo piano
RSS Feed
  • Facebook Long Shadow
  • Google+ Social Icon
Recenti
bottom of page