Il malinconico e il sanguigno: di grande forza interiore, poco incline ai mutamenti esterni, introspettivo e riflessivo, il primo; viceversa, il secondo, di spiccata volubilità nel seguire gli interessi circostanti e propenso ad infiammarsi facilmente lasciando, con pari disinvoltura, la presa di un obiettivo ormai raggiunto: si tratta di due dei quattro temperamenti umani (gli altri, sono il flemmatico e il bilioso o collerico) riconosciuti sin dall’antichità attraverso la dottrina medica ippocratea, quindi ripresa nella Roma di Marco Aurelio e fin su, nel primo Novecento da Rudolf Steiner passando, con debito rimbalzo, sulla retorica barocca "degli affetti" o stati emotivi in musica, applicabili ad un intervallo come a un modo maggiore o minore e a un andamento con finalità riparatorie nell’ascoltatore per il riequilibrio umorale delle passioni umane. Di qui il titolo ad effetto, “Il Malinconico e il Sanguigno”, dell’applauditissimo concerto di Enrico Onofri, violinista dalla folgorante virtuosité dell’arco, alla testa del suo Ensemble Imaginarium (nella foto) per la Stagione della Fondazione Pietà de’ Turchini e, quanto agli esiti facilmente prevedibili, altro colpo ben assestato dal Centro di Musica Antica guidato da Federica Castaldo con Marco Rossi e, per la consulenza musicologica, da Paologiovanni Maione entro il quadro delle proposte culturali di caratura realmente internazionale in area campana. L’itinerario d’ascolto, disegnato nella Chiesa di Santa Caterina da Siena seguendo appunto tale alternanza di affetti ma entro le coordinate delle diverse scuole strumentali affermatesi sull’asse Italia-Europa e con tre diversi archetti per il rinomato violinista ravennate classe 1967, toccava il territorio italiano sei-settecentesco entro diversi poli: Venezia in primis, ovviamente con due Sonate Vivaldi ma anche con il compositore nonché cornettista Giovanni Bassano (Ricercata Seconda da “Ricercate”) e il bresciano Giovanni Battista Fontana (Sonata Seconda per violino e basso continuo dalle “Sonate à 1, 2, 3” edite nella città lagunare) attivo fra Roma e Padova. Quindi, l’Italia centrale con il fiorentino Francesco Maria Veracini (l’op. II n. 5 dalle “Sonate Accademiche”) e Giovanni Antonio Pandolfi Mealli (Sonata "La Cesta" per violino e basso continuo dalle “Sonate à Violino solo per chiesa e camera Opera terza”, pubblicata ad Innsbruck) più il Nord rappresentato dal trentino Francesco Antonio Bonporti (Invenzione Quarta Op. X in sol minore, edita a Bologna). Infine, una fondamentale capitale d’Oltralpe quale Parigi con la particolarità di una donna compositrice e clavicembalista, Élisabeth Jacquet de la Guerre, autrice della Sonata Prima in re minore per violino e basso continuo tratta dalle “Sonates pour le Viollon”.
Filo comune e costante, l’intreccio di retorica e coreutica esaltato in misura magistrale fra corde e archetto da Onofri sul buon sostegno del continuo affidato ad Alessandro Palmeri (violoncello), Simone Vallerotonda (arciliuto) e a Riccardo Doni (clavicembalo). Al di là delle pieghe stilistico-espressive puntualmente rifinite e diversificate, nonché a fronte di una tecnica della mano sinistra agilissima quanto ferrea, a colpire è stata innanzitutto l’articolazione del tessuto musicale secondo un’infinità di umori e significati, puramente gestita fra una grande intelligenza analitica e una maestria assoluta delle arcate alla destra. E, dunque, di un arco in grado, virtuosisticamente, di recitare o cantare, di danzare, sussurrare, di sfidare metri e ritmi a velocità supersonica o di fermarsi pensieroso in brevi respiri e, in particolare, di incantare come se a suonare fosse non uno, ma più e differenti violini ad un tempo.
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