top of page
Paola De Simone

Un bis di delicatissima intensità timbrico-espressiva, tornito ad arte con lucidità quasi bachiana e distillato sottovoce nelle linee flessuose di tinta ispanico-partenopea, nelle limpide fioriture, nella genuina tenerezza del melos in tonalità minore. Forse non un caso che, in chiusura del suo brillante e caldamente applaudito esordio al Teatro San Carlo di Napoli siglato da una bellissima esecuzione del Concerto in la minore del norvegese Grieg, il pianista russo Yevgeny Subdin abbia scelto per l'omaggio fuori programma un piccolo gioiello di matrice napoletana e di tutt’altro segno di quanto ascoltato nei precedenti venticinque minuti con l’estroversa partitura tardo-romantica di area scandinava: vale a dire, l’incantevole Sonata in re minore K. 213 di Domenico Scarlatti che, ricordiamo, nacque nel 1685 dal palermitano Alessandro, all’epoca celebrato maestro della nostra Real Cappella, nell’attuale Palazzo della Nunziatura Apostolica in via Toledo lato piazza Carità conservando tra l’altro, nel nome trasmessogli dal padrino, quel saldo legame fra gli Scarlatti e i Carafa di Maddaloni, fondamentale famiglia di mecenati sin dall’arrivo di uno dei compositori e operisti di punta per la scuola musicale di Partenope nei primi anni Ottanta del Seicento. In realtà, al di là della prova strabiliante del pianista, di altezza assoluta si è rivelata la direzione d’orchestra di una piccola, grande donna: Han-Na Chang (nella foto), violoncellista e bacchetta nota al mondo intero quanto già apprezzata due anni fa proprio sul podio dell’Orchestra del Teatro San Carlo per l’efficacia del gesto, l’intelligenza analitica e per la forza delle sue interpretazioni. Esemplare già quanto messo a segno nel rilievo delle prime parti, fra le diverse sezioni o con l’intero organico orchestrale non trattato come in genere, in casi simili, quale mero supporto attento a non coprire il solista, bensì curato e valorizzato al meglio mentre l’“antidivo” Sundin dava, da parte sua, prova di un pianismo autentico e saggiamente al riparo da inutili gesti o effetti da fenomeno istrionico-circense. Un pianismo ben saldo nel controllo ritmico-dinamico e negli attacchi poderosi quanto prezioso nelle articolazioni al platino in special modo all’acuto, attento al respiro concertistico schumanniano e finanche alla Rachmaninov ma, al contempo, memore del Grieg più intimo e naturalistico dei tanti Pezzi lirici per pianoforte solo. Ne è risultato un dialogo raro, con punte elevatissime registrate nell’esordio dei legni, nelle risposte dei due fagotti (Mauro Russo e Giuseppe Settembrino) e del primo corno Simone Baroncini.

A seguire, la Prima Sinfonia scritta dal finlandese Sibelius nelle ultime battute del secolo diciannovesimo (1898-1899), pagina di non frequente ascolto ma di grande effetto e d’indubbio interesse nella convergenza fra gli spunti beethoveniani e gli approdi alla Ciajkovskij entro un tessuto elaborativo complesso e non esente da una spiccata originalità dell’invenzione orchestrale. Grande, anche in tale occasione, ci è parso il lavoro della Chang sia sul piano macrostrutturale che sui minimi dettagli di ciascuno dei quattro movimenti, diretti parimenti a briglia tesa e garantendo sempre il pieno fuoco fra le parti, tanto in amalgama che in contrasto, fra metri, agogiche e accenti lucidi, ben affilati. In apertura, notevolissima la melopea disegnata dal primo clarinetto Luca Sartori, disciplinati a dovere gli archi che eccezionalmente si avvalevano, per il ruolo di concertino, di un violinista mai sufficientemente lodato quale Fabrizio Falasca, ottimi gli interventi dell’arpa (Viviana Desiderio), del timpanista ospite (Mirko Natalizi) e degli ottoni al primo tempo. Quindi, nei movimenti successivi, di gran pregio il canone dei fagotti primo e secondo, il tributo di clarinetti e oboi, l’impegno di tutti i musicisti nelle sezioni fugate e nel trascinante finale. Il che è riprova, lo ribadiamo ancora una volta, delle potenzialità assolutamente non comuni di una compagine orchestrale che necessita e merita, dagli ultimi decenni ad oggi e più di ogni altra fra le analoghe realtà delle Fondazioni lirico-sinfoniche d’Italia, la presenza di un’alta e concreta guida musicale stabile.

SCARICA PDF

In primo piano
RSS Feed
  • Facebook Long Shadow
  • Google+ Social Icon
Recenti
bottom of page