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Paola De Simone

Non la solita Norma belliniana neoclassica, più romana che druidica, con voci da pieno Ottocento. Bensì un immenso affresco di fantasia dalle suggestioni possenti, sospeso in chiave universale e romanticissima nella storia come nel tempo entro la chiave prospettica di un elemento Natura che è rito e foresta, atmosfera lunare e fiamme, amore puro o sacrilego, immenso sacrificio. Ma, anche, colore e coloratura di vere voci del Belcanto con la regina, a tutt'oggi indiscussa, Mariella Devia.

È insomma una grande sorpresa l'allestimento in nuova produzione del capolavoro di Vincenzo Bellini in scena in queste sere al Teatro San Carlo con la regia di Lorenzo Amato, le scene d'incanto firmate da Ezio Frigerio (con le luci di Enzo Raponi) e i preziosi costumi di Franca Squarciapino. Più un cast, alla "prima", di un valore ed omogeneità realmente rari con la Norma di una sempre divina Devia, l'Adalgisa dell'ottimo mezzosoprano Laura Polverelli, l'intenso Oroveso di Carlo Colombara e l'applauditissimo tenore Stefan Pop che, dal secondo cast, all'ultimo minuto ha sostituito il previsto Luciano Ganci. Quindi, alla testa dell'Orchestra e del Coro della Fondazione (quest'ultimo preparato e guidato fra le quinte da Marco Faelli), un grande leone del podio per la lirica di marca italiana: Nello Santi, oggi ottantaquattrenne, che a partitura chiusa ha staccato e tornito a dovere Sinfonia e Introduzione, per poi proseguire laddove un'altra sua bacchetta teneva il segno, attento a tener fede nel dettaglio a quanto prescritto dai pentagrammi del capolavoro belliniano e nel complesso, se si esclude qualche sfasatura con il Coro e pochi attimi di vuoto nella coesione dell'insieme strumentale, ben tese le redini della compagine in buca e ben vivi i colori a supporto del canto in palcoscenico.

Il primo fra gli interpreti di punta ad entrare, accanto ad un Coro timbricamente calibrato con piena efficacia e in felice sintonia con il controcanto dei bravi violoncelli, è stato il sacerdote Oroveso affidato all'emissione densa e vibrante del basso Carlo Colombara, grande protagonista del migliore repertorio lirico verdiano degli ultimi decenni.

A seguire, l'ingresso un po' a colpo di scena del tenore nei panni del fedifrago e romano Pollione: non era infatti il previsto Ganci, ma il rumeno Pop, dal timbro terso, di bel portamento e dall'intonazione d'acciaio, apprezzato sin dalla sua cavatina della scena seconda ma, ancor di più, nelle arie cantabili e nelle cabalette successive conquistando via via crescenti e fragorosi consensi a scena aperta. In terza battuta, l'arrivo della sacerdotessa Norma, una Devia al sommo della propria carriera eppure acuminata negli azzardi tecnici di coloratura e nei filati all'acuto, padrona assoluta e intelligente nei recitativi-ariosi dei sia pur minimi rapporti fra il testo e la musica, interprete di plastico temperamento nel triplice e antinomico ruolo di sacerdotessa-madre-amante. La sua Preghiera, celeberrima, "Casta diva"? Un capolavoro di equilibri fra intonazione adamantina, cesellatura espressiva, fiati e dinamiche, luce della voce. Senz'altro il suo punto più alto (bravo anche il primo flauto Labiausse) giocato, comunque, fra virtuosismi canori talvolta un po' tesi ma comunque sagaci quanto stilisticamente in linea perfetta con il volo e la purezza, classici e romantici ad un tempo, peculiari del canto belliniano. Non meno intensi e interessanti i suoi interventi in assieme, accanto al Pollione di Stefan Pop e, in special modo, nelle vertiginose gare intervallari con l'Adalgisa della non meno valorosa Polverelli, mezzosoprano a giusta ragione abbinata alla Devia (generalmente, nel ruolo, si odono soprani dalla tinta semplicemente più ambrata) in virtù di una sottile radice timbrico-espressiva comune. Completavano il cast, i due figli di Norma registicamente voluti in primo piano, il buon Flavio di Francesco Pittari e la promettente Clotilde di Clarissa Costanzo, originaria di Capua (Caserta) e artisticamente formatasi con lode nel napoletano "San Pietro a Majella".

Quanto allo spettacolo nel suo insieme (nelle foto di Luciano Romano e Francesco Squeglia), nonostante l'anomalia di una première pomeridiana, platea e palchi pieni, sfilata di politici di cui citiamo la sola presenza nel palco reale del sindaco presidente del Lirico, Luigi de Magistris, e di qualche personaggio di spicco come Carla Fracci. Relativamente poi a quanto visto, nel primo atto parzialmente causa postazione lateralissima, nel secondo con visione maggiormente completa, da premiare senz'altro gli effetti in contrappunto con le emozioni dei personaggi e i risvolti della vicenda, con soluzioni di non comune impatto fra poesia del paesaggio ed interventi video come il sangue che solca il volto della divinità druidica sull'immenso scudo d'Irminsul o le fiamme del rogo per Norma che, al termine, divorano l'intera scena realizzata con "armi" semplici quali cartone, legno, proiezioni, luci e gli immaginifici colori della fantasia.

In totale sette recite con repliche fino a martedì primo marzo.

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