Dopo la generale aperta al pubblico e il doppio spettacolo messo a segno con successo sia il 30 dicembre che oggi in doppia battuta fra pomeriggio e sera, terminano con l’ultima ripresa di domani 3 gennaio (ore 17) le recite dello Schiaccianoci proposto anche quest’anno dal Teatro San Carlo nel rodato allestimento “di casa” firmato Rubertelli, con pari bacchetta dello scorso anno ma con diverso cast e, soprattutto, nuova coreografia e drammaturgia di Lienz Chang, Maître de ballet della Fondazione.
Fermo restando l’impianto generale coreuticamente fedele alla traccia originaria di Marius Petipa e Lev Ivanov, quindi visivamente sempre ben saldo nelle suggestioni divise a pari merito fra le sempre incantevoli soluzioni scenografiche di Nicola Rubertelli (da anni vertice degli allestimenti al Lirico napoletano) e i deliziosi costumi di Giusi Giustino (con analogo incarico ma della sartoria) creati nel 2003 e ripresi per sei volte a seguire, ruoli e motori sono sensibilmente cambiati per una formula del tutto originale da quel che tradizionalmente si è rappresentato sin qui e andata essenzialmente a valorizzare la Compagnia di Balletto del Teatro. Intanto, al di là della relativa delusione per la mancata crescita meravigliosa dell’albero di Natale nel salotto della casa del sindaco Stahlbaum, quanto meno singolare è apparsa la distribuzione delle parti con il mirato primo piano su alcuni personaggi nella dinamica della fiaba natalizia per eccellenza, ispirata al romantico e un po' noir racconto di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann.
Innanzitutto, Chang ha voluto assegnare un ruolo-chiave e di riferimento costante nell’itinerario di crescita emotiva della protagonista Clara al demiurgo Drosselmeyer, in genere figura misteriosa e dalla magia inquietante, presente a tratti ma, in tal caso, significativamente mentore costante modulato in mille declinazioni espressive e con tornitura tecnica esemplare dal bravo quanto intenso primo ballerino Edmondo Tucci, giocato in alternanza per le pomeridiane con il collega tersicoreo, sempre della Compagnia di Balletto sancarliana, Gianluca Nunziata. Non a caso, al termine, dal portone della casa del sindaco sparisce la carrellata di ospiti da sempre prevista e ne resta, appunto, il focus su i due personaggi sopra citati. Tra le altre diversità: ulteriormente accentuata la comicità ironica sul ballo dei nonni di Clara, con un Fabio Gison dall’esilarante ciuffo e coda bionda più consorte in semi-minigonna, una danza araba finalmente centrata, altre modifiche qua e là per le danze di carattere (ad esempio, tre uomini rispetto alle due donne per la cinese, una coppia anziché un trio maschile per la danza russa) quanto, soprattutto, un’evidenza drammaturgica assoluta data alla coppia della principessa (Fata Confetto) e del principe di zucchero. Binomio assegnato ai primi ballerini ospiti Anbeta Toromani (in apertura, nella foto di Luciano Romano) e Alessandro Macario (quindi a Claudia D’Antonio e a Salvatore Manzo) e che, in realtà, è finita col porre in immeritata ombra (ma alla resa dei conti solo sulle biografie e sugli elenchi scritti in programma) il ruolo invece primario di Clara (qui dunque diviso dalla Fata Confetto) e delle altre coppie in gioco.
Quindi, risistemando le gerarchie: sorprendente e meritevolissima la delicata sensibilità e la freschezza con cui Sara Sancamillo (nella foto accanto; Candida Sorrentino per l’altro cast) ha disegnato la protagonista nel corso dell’intero balletto, tra l’altro lasciando spesso intuire nel suo futuro luminose interpretazioni per Giulietta o addirittura Giselle. Al suo fianco, c’erano lo Schiaccianoci (aiutante di Drosselmeyer?) con Carlo De Martino mentre la coppia “di neve” è stata interpretata da Alessandra Veronetti e da un eccellente Alessandro Staiano (in alternanza con la coppia Roberta de Intinis-Ertugrel Gjoni, quest’ultimo a sua volta distintosi anche nelle danze di carattere).
Ad ogni modo ineccepibile, e forse ancor più bella di sempre, la coppia Toromani-Macario (nella foto a destra): lei, di tecnica superba e adamantina; lui, di alta nobiltà nella perfezione dei salti e, insieme, in variazioni mozzafiato.
Ottimo anche il contributo degli allievi della Scuola di Ballo oggi diretta da Fournial, del Coro di Voci bianche dirette da Stefania Rinaldi e di un’Orchestra guidata da Nicolae Moldoveanu da cui si tirano fuori, fra le cose migliori, gli interventi dei legni (del primo clarinetto Luca Sartori, del primo oboe Hernan Garreffa, del primo fagotto Mauro Russo), delle arpe (Antonella Valenti e Viviana Desiderio), del primo violoncello Amedeo Cicchese e della prima tromba Fabrizio Fabrizi a fronte dei tributi imperfetti dei violini primi, dei corni e degli ottoni gravi. C’è anche da dire che, soprattutto per questi ultimi, non è affatto consono sostenere due Schiaccianoci di fila per quattro ore su sei, laddove le prime parti coreutiche in scena godono, invece, del cambio di cast.
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