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Redazione

Per dirigere sul fronte artistico una grande impresa culturale valgono ancora lo studio, i titoli e le competenze concrete scientificamente riconosciute o contano i curriculum fittizi e le carriere lampo costruite fra nomine e docenze a chiamata diretta, eludendo esami e concorsi grazie alle insane maglie di una rete strategico-politica che, stando almeno ai risultati messi a segno ovunque negli ultimi tempi, hanno distrutto il sistema musica in Italia o, comunque, mai portato nulla di buono? Il quesito nasce spontaneo a commento di una scelta che va a colmare, tramite manifestazione d’interesse varata ai primi di dicembre, il vuoto recentemente creatosi alla guida del Ravello Festival, un tempo gloriosa attività culturale curata da Roman Vlad (compositore, musicologo vero, pianista rumeno classe 1919) e legata alla matrice wagneriana, quindi aggiornatosi secondo le più moderne istanze pluridisciplinari e overcross negli anni del sociologo De Masi e sotto la guida artistica di Stefano Valanzuolo. Semplicemente a dire, in giorni di declino inesorabile e di decennale malgoverno dello spettacolo dal vivo, a fronte dei quali le realtà più intelligenti colmano l’ignoranza dei vuoti collegando radici storiche con progetti di ricerca e di esecuzione, quanto può valere la scelta di un brillante motore manageriale che alle spalle ha buoni risultati artistici ma relativi riscontri finanziari in area Teatro Festival se unito, per le responsabilità artistiche, ad un erede per nome più che per fatti accanto ad uno dei casi più esilaranti (passata per il San Carlo e rapidamente per la Scala, per redazioni locali, per Università private e persino in cattedra al Conservatorio senza averne titolo) della seconda opzione sopracitata?

Ecco l'esito della manifestazione reso noto in queste ore: "Il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Ravello, dopo una attenta valutazione delle 59 domande pervenute (32 per Segretario Generale e 27 per Direttore Artistico), ha scelto i professionisti che andranno a ricoprire il ruolo di Segretario Generale della Fondazione e di Direttore Artistico del Ravello Festival 2016. Il Presidente Sebastiano Maffettone e i membri del Consiglio, Antonio Bottiglieri, Genoveffa Tortora e Paola Mansi nella seduta di oggi (mercoledì 30 dicembre) hanno individuato il dott. Renato Quaglia come nuovo Segretario Generale; la Direzione Artistica sarà affidata al Maestro Alessio Vlad e alla dott.ssa Laura Valente. Il CdA ha dato inoltre mandato al Presidente Maffettone di prendere contatto e perfezionare gli accordi con i candidati selezionati".

Alla luce di un tale risultato preferiamo un'unica risposta: il rispetto della dignità di una storia, così come ce la ricorda lo stesso sito ufficiale della pluriennale manifestazione: «Il Ravello Festival, nella sua attuale configurazione, deriva da una serie di iniziative precedenti che ne fanno uno dei più antichi festival italiani. Va riconosciuto a Girolamo Bottiglieri e a Paolo Caruso l’ideazione dell’evento culturale che più di ogni altro avrebbe contribuito a costruire l’identità di Ravello come “Città della musica”. L’associazione del nome di Wagner alla Villa Rufolo, resa splendida e accogliente dal filantropo scozzese Francis Neville Reid, era troppo allettante per non suggerire l’idea di realizzare concerti in un sito benedetto personalmente dal grande compositore. Per questo motivo, negli anni Trenta, l’orchestra del Teatro di San Carlo vi si esibì più di una volta, con programmi legati appunto a Wagner. A uno di questi concerti presenziarono anche i Principi di Piemonte, e Ravello ricambiò l’onore della loro visita dedicando alla Principessa il belvedere che attualmente separa l’albergo Sasso dall’albergo Palumbo. L’idea rimase nell’aria, così che Paolo Caruso la ripropose, venti anni dopo, aggiungendovi l’ardita soluzione logistica di un palco sospeso nel vuoto. L’iniziativa prese corpo grazie all’impegno dell’Ente Provinciale per il Turismo, allora diretto da Girolamo Bottiglieri e, nell’estate del 1953, in occasione del settantesimo anniversario della morte di Wagner, i “Concerti wagneriani nel giardino di Klingsor” (come diceva testualmente la copertina del programma di sala) presero avvio con due serate affidate all’Orchestra del Teatro di San Carlo diretta da Hermann Scherchen e William Steinberg. Per anni Wagner è rimasto nume tutelare del festival e tuttora un’attenzione particolare viene devotamente riservata alle sue musiche».

Quanto ad organici ed ospiti, la sinossi prosegue: «Nel corso di mezzo secolo, sul palco arditamente proteso verso il mare, si sono alternate eccellenti orchestre (Staatskapelle di Dresda, Münchner Philharmoniker, Royal Philharmonic, London Symphony Orchestra, complessi del Teatro Kirov di Leningrado e della Gewandhaus di Lipsia, Orchestra Nazionale della Rai, Orchestra del Maggio Musicale, Orchestre National de France, Filarmonica di San Pietroburgo, Orchestra Giovanile di Caracas); noti complessi da camera (la Chamber Orchestra of Europe, la Camerata Academica del Mozarteum di Salisburgo, il Trio di Trieste, il Quartetto Italiano); illustri direttori (Ashkenazy, Barbirolli, Barenboim, Chung, Davis, Frühbeck de Burgos, Gergiev, Järvi, Maazel, von Matacic, Mehta, Pappano, Penderecki, Prêtre, Semkow, Sinopoli, Spivakov, Tate, Temirkanov e Tilson-Thomas); importanti solisti (Argerich, Asciolla, Canino, Cassado, Ciccolini, Glass, Kempff, Lindbergh, Lupu, Pogorelich, Rampal, Repin, Rostropovich, Ughi, Weissenberg); famosi jazzisti (Bollani, Caine, Hancock, Marsalis); prestigiosi cantanti lirici (Behrens, Christoff, Cura, Domingo, Jerusalem, Meier, Raimondi, Salminen, Urmana) e pop (Noa, Ranieri, Toquinho); celebri compositori (Battistelli, Nyman, Sciarrino); danzatori e coreografi di successo (Bejart, Bill T. Jones, Bolle, Ferri, Martha Graham Dance Company, Petit); attori e registi di fama mondiale (John Malkovich, Margarethe von Trotta, Abbas Kiarostami, Fernando Meirelles, Dino Risi, Toni Servillo, Valeria Golino, Mario Martone, Palmer)».

Infine, il punto di forza: il binomio fra musica e paesaggio, con quel suo palco sospeso fra cielo, mare e terra sullo sfondo delle tinte del tramonto e delle luci della sera a controbilanciare un’acustica impossibile da rendere perfetta. D’altra parte, questo il commento del grande Gore Vidal: «Spesso, quando l’orchestra suona Wagner, la luna piena si alza dalle montagne i cui contorni ricordano un drago con la testa dolcemente reclinata sulla spiaggia, verso est, mentre gli uccellini di Ravello, musicalmente bene istruiti dopo tutti questi anni, fanno il contrappunto dall’alto dei pini scuri».

E noi contrappuntiamo sottolineando che, la forza delle apparenze e delle immagini, è meglio lasciarla appunto sullo sfondo perché Ravello, in un quadro regionale e nazionale culturalmente laceratissimo, necessita oggi più che mai di figure artistiche dalle storie vere.

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