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Paola De Simone

Una matinée natalizia al San Carlo, neanche troppo in primo piano ma, in termini di premesse ed esiti, iniziativa da premiare e promuovere addirittura a modello per la specificità identitaria del patrimonio sonoro in programma quanto per le abilità performative sfoderate da taluni professori d'orchestra della Fondazione chiamati a darvi forma in organico.

Il "Natale al San Carlo. Splendori del '700 Napoletano" ascoltato qualche giorno fa entro il ventaglio di proposte per le occasioni di festa ha infatti offerto più di uno spunto di grande interesse, a partire dalla selezione di pagine rare di Scuola Musicale Napoletana, non solo operistica ma anche strumentale, unitamente all'esordio sul palcoscenico sancarliano di un complesso da camera che, nel nome, riprende quel che fu la compagine numero uno della capitale vicereale e poi reale: ossia, la Real Cappella di Napoli, oggi diretta con dovizia e sapienza di stile da Ivano Caiazza (nella foto sotto, durante le prove), curatore tra l'altro della revisione critica di tutte le partiture in ascolto.

Partiture rare quanto di fattura altissima e alle radici stesse della nostra storia musicale d'oro. Primo tassello in locandina, non a caso, la Sinfonia d'apertura dell'Achille in Sciro, dramma per musica in un prologo e tre atti di Domenico Natale Sarro che, la sera del lunedì 4 novembre 1737, segnava la prima inaugurazione assoluta del Nuovo Grande Real Teatro di San Carlo. Una meraviglia da 3.000 posti costruita dagli architetti Giovanni Antonio Medrano e Angelo Carasale su ordine del re Carlo III di Borbone (di cui, nel 2016, ricorrono i 300 anni dalla nascita), libretto di Silvio Stampiglia (da Pietro Metastasio), direzione di Domenico De Matteis, scenografia dello straordinario Giuseppe Baldi, Francesco Saracino e, tra gli altri, di Vincenzo Re. Nel cast, i soprani Anna Maria Peruzzi detta "la Parrucchierina" (Deidamia) e Agata Elmi, "en travesti" per Teagene (più Gloria e Amore), contralto "en travesti" Vittoria Tesi-Tramontini detta "la Moretta" (Licomede), sopranista Mariano Nicolini (Achille/Pirra), contraltisti Giovanni Manzuoli "Succianoccioli" per Ulisse e Nearco, tenore Angelo Amorevoli (Tempo) più una voce di basso per Arcade.

A seguire, un paio di arie per basso dall'Intermezzo comico La furba e lo sciocco (sempre di Sarro, ma del 1731 e dunque fra gli atti di un'opera seria per il San Bartolomeo) affidate al bravo basso-baritono Antonio De Lisio così come, da Pergolesi (Olimpiade) e Porpora (Polifemo) sono state eseguite due arie per castrato dal contraltista Angelo Bonazzoli, interprete dal colore interessante ma, soprattutto, dall'impegno tecnico assai ammirevole. Quindi ancor più significativa, a nostro avviso, l'idea di inserire tre compositori fuori repertorio ma d'altissimo pregio quali Pietro Marchitelli (Villa Santa Chiara, 1643-Napoli, 1729) con il sorprendente Concerto per due violini principali, archi e continuo, Alessio Prati (Ferrara 1750-1788) con un virtuoso Concerto d'arietes per flauto e orchestra in prima moderna e Gennaro Manna (Napoli, 1715-1779) con una Sinfonia in mi bemolle maggiore del 1770 per orchestra da camera, parimenti in prima esecuzione in tempi moderni. Giusto per precisare, Pietro Marchitelli, detto “Petrillo”, fu primo, straordinario violino della Real Cappella di Napoli al tempo di Alessandro Scarlatti Maestro di Cappella. Straordinario al punto che, in occasione dell’opera Laodicea e Berenice proprio di Scarlatti al San Bartolomeo, pare abbia addirittura messo musicalmente in difficoltà Arcangelo Corelli a sua volta chiamato dal viceré Medinaceli per la parte del «solo». Quanto a Gennaro Manna, compositore di cui quest'anno si sta finalmente riscoprendo il repertorio grazie ai 300 anni dalla nascita, sappiamo che fu nipote per parte materna di Francesco Feo, maestro di Cappella nelle principali istituzioni religiose cittadine (SS. Annunziata, della Cappella del Tesoro di San Gennaro dopo Sarro, al Purgatorio ad Arco), ottimo orchestratore, autore di una gran copia di titoli d'opera, compreso un Achille in Sciro per il San Carlo (1745), primo maestro al Conservatorio Sant'Onofrio e fra i numeri uno della produzione musicale sacra napoletana e non solo.

Detto ciò, in luce anche le belle qualità sfoderate dalle prime parti e dai solisti che, stabili nel più ampio organico della Fondazione, non sempre hanno la possibilità di uscir fuori con le proprie potenzialità. Essendo già note le eccellenti abilità virtuose del primo flauto Bernard Labiausse, solista nel Concerto di Prati, ciò è valso innanzitutto per l'ottimo Fabrizio Falasca (nella foto d'apertura), giovane violinista nato a Sarno (in provincia di Salerno) nel 1988, diplomatosi con lode e menzione speciale al "Martucci" di Salerno, perfezionatosi a Fiesole con Felice Cusano e alla "Stauffer" di Cremona con Salvatore Accardo, vincitore di numerose competizioni nazionali ed internazionali (nel 2010, premiato al "Vittorio Veneto", è stato segnalato dalla critica come "talento eccezionale dotato di una grande maturità stilistica e interpretativa, nonché solista di altissimo valore"). Considerato da Accardo come uno dei migliori giovani violinisti italiani della sua generazione, svolge un'intensa attività concertistica e di spalla presso alcune delle migliori realtà musicali nazionali ed internazionali.

Vincitore di concorso e dunque attualmente di ruolo nell'Orchestra sancarliana fra i violini secondi, abbiamo invece avuto modo di ascoltare e apprezzare stavolta Fabrizio Falasca in qualità di violino di spalla dalla tempra e suono realmente rari. Quindi, in qualità di solista concertante, ne lodiamo il pieno talento per la lucidità della tecnica e la bellezza dello stile accanto al valente Daniele Baione nel Concerto di Marchitelli. Concerto per due violini incantevole con il quale, il ruolo di violino di spalla, è passato momentaneamente ad un'altra musicista degna di non comune attenzione, la puntuale e musicalissima Erika Gyarfas.

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