Una costruzione sinfonica immensa, chiara ma dagli equilibri difficili, con voci soliste, Coro e un’Orchestra dall’organico smisurato, fra palcoscenico e dietro le quinte, con tempi e dinamiche molteplici, colori diversissimi, un’intera gamma di intenzioni espressive, tante citazioni sonore da Beethoven in avanti, interazioni fra parola poetica e musica, un’originalità di elaborazione che è virtuosismo di scrittura e di polso dal podio al contempo. Il tutto, in un unico, vibrante arco di tensione sonora. La Seconda Sinfonia di Gustav Mahler, in cinque movimenti e nota con il titolo di “Resurrezione”, è uno di quei banchi di prova importanti per radiografare il dettaglio quanto la prospettiva d’insieme di tutti gli esecutori in campo, direttore compreso. Ecco dunque che Fabio Luisi (nella foto), il direttore d’orchestra genovese in passato tante volte salito e da noi apprezzato alla testa della gloriosa e oggi non più esistente Orchestra Scarlatti della Rai di Napoli, dal 2011 direttore principale al Met di New York, dal 2012 direttore musicale all’Opera di Zurigo e in futuro bacchetta principale della Danish National Symphony Orchestra, ascoltato una ventina di giorni prima sempre al San Carlo in pari autore ma con diversa, giovanile compagine e in una Sinfonia libera da supporto testuale, si è confermato nell’ulteriore occasione sancarliana guida ed interprete non solo di lucidità rara, ma grande maestro nel potenziare al meglio i vertiginosi effetti dell’agogica, dosando a meraviglia piani e aggregati sonori, attacchi, scelte metriche, esplosioni parossistiche, dissolvenze sussurrate in pianissimo.
Al centro di quanto appunto ascoltato e applaudito da vivo successo in occasione dello scorso capitolo concertistico proposto dalla stagione del Lirico napoletano, l’autenticità di un gesto sempre ben chiaro quanto consapevole dei fenomeni micro e macrostrutturali ad un tempo. Nobilmente solenne nell’ampio Allegro maestoso “Mit durchaus ernstem und feierlichem Ausdruck” d’apertura, intenso nell’Andante moderato “molto comodo” (Sehr gemächlich), fluido e trasparente nello Scherzo “In ruhig fließender Bewegung”, di sensibilità rara in "Urlicht" (Luce primigenia) con un Coro in gran forma e disciplinato mirabilmente dall’attuale maestro Marco Faelli più un contralto dalla voce eccellente, Patricia Bardon, per esaltare e restituire appieno la magia del testo tratto da "Die Wunderhorn" di Ludwig Achim von Arnim e Clemens Brentano. Sublime il finale, “Im Tempo des Scherzo”, con l'inno "Die Auferstehung" (La Resurrezione) di Klopstock rielaborato da Malher e in cui, oltre al Coro e alla brava Bardon, si è distinta anche la giovane voce di soprano di Quiteria Muñoz Inglada.
Parimenti sorprendenti i risultati su un’Orchestra che, per qualità di espressione, specificità del timbro d’insieme e non pochi musicisti di razza, riteniamo senz’altro fra le migliori d’Italia. A patto, che sia ben guidata. Non è un caso che, messo a segno in pochi giorni un lavoro di simil pregio, giri l’auspicio che possa essere proprio Luisi il futuro, nuovo direttore stabile di un podio rimasto ad oggi fin troppo a lungo poco curato o addirittura scoperto. Quanto all’Orchestra, gli esiti migliori sono stati registrati tra i violini di fila, con gli archi gravi (ottima la prova dei violoncelli e dei contrabbassi rispettivamente guidati da Amedeo Cicchese e Carmine Laino), con le due arpe (Antonella Valenti e Viviana Desiderio), nell’intera fila di clarinetti con Luca Sartori al primo, fra gli ottoni tutti e nell’efficace schieramento delle percussioni lanciate in rulli di formidabile impatto.
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