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Paola De Simone

«In questi luoghi a me sacri, non gettare impulsi sanguinosi, rovine di giovani cuori ribollenti di furori pur non ebbri […], non collocare fra i miei cittadini guerra intestina in reciproca violenza […] lotta di domestici uccelli io rifiuto. Questo puoi ottenere da me: facendo bene, ricevendo bene». E nella divinità, rivoluzionaria, che infonde la persuasione amorosa, addita la chiave emblematica: «Sono grata allo sguardo di Suada (Peithon), perché si è posato sulle mie labbra al cospetto di costoro che selvaggiamente si rifiutavano», con l'immagine, forte, della mano di Atena che stringe quella della corifea che guida le Erinni, ad emblema di un’unione ideale tra Oriente e Occidente. È così che, dal V secolo avanti Cristo, risuona possente, e in tempi di terrore purtroppo attualissimo, il canto epirrematico di Atena sciolto dinanzi alla furia delle vendicatrici Erinni fra le ultime maglie dell’esodo in coda all’ultima delle tre tragedie legate che danno forma all’Orestea di Eschilo, capolavoro assoluto ed altissimo alle radici dell’arte drammatica occidentale quanto di ogni cultura e tempo. Un'Atena emblema di equilibrio e razionalità suprema, che scaccia ogni forma di odio e di vendetta in cui sangue chiama sangue. Volgendo in Eumenidi, ossia benevole protettrici di Atene, le Erinni al cospetto del matricida Oreste e affidando il giudizio di assoluzione alla votazione democratica di un inedito tribunale ateniese istituito al colle dell’Areopago. Dunque puntando sulla forza del logos, sull’apertura al dialogo, sulla garanzia della pace.

Inizialmente destinata a chiudere a metà settembre Benevento Città Spettacolo, ma rinviata per un improvviso infortunio dell’attrice Elisabetta Pozzi interprete di Clitemnestra, l’Orestea coprodotta dal Teatro Stabile di Napoli con lo Stabile di Catania e a firma del regista Luca De Fusco, va in scena in prima nazionale al Mercadante a partire da stasera (ore 19,30) e per quasi un mese (fino al 20 dicembre) nella doppia formula della Trilogia integrale, tipo Ring wagneriano a Bayreuth, o nel pacchetto Agamennone più, in altro giorno, Coefore ed Eumenidi, diventando titolo centrale di questa stagione teatrale napoletana e non solo. «Orestea, unica Trilogia greca a noi giunta, è paragonabile ai più alti prodotti dell’arte occidentale, come la Cappella Sistina o la Nike di Samotracia» ha subito ribadito il regista Luca De Fusco (nella foto sopra) nel presentare lo spettacolo. «A mia memoria, un’intera Orestea qui non si è mai vista: è uno sforzo produttivo importante, ai limiti della rappresentabilità, in linea con le prospettive di un vero teatro nazionale quale il Mercadante oggi è. Dunque, Orestea, occasione unica, da non perdere. Un testo politico, sociale del suo tempo quanto, in questi giorni drammatici, di attualità sconvolgente. Basti la scena finale con la statua immensa, in video, di un’Atena spaccata (foto d'apertura) e, al centro, l’attrice che vi dà forma, Gaia Aprea, che recita le sue avveniristiche parole di alta democrazia in un abito da fantascienza. È un’immagine scolpita fra una dimensione antica, a cui riconduce un’archeologia evidente già nella sabbia nera, quasi lavica con i relativi rimandi alla nostra terra, che ricopre nella prima tragedia lo scavo di una città intera, in realtà una civiltà contemporanea quale proiezione di una civiltà futura, di un tempo nostro con quelle immagini plastiche e preziose distrutte a Palmira per quanto difese allo stremo con la vita dall’archeologo decapitato dall’Isis, l’ottantaduenne Khaled Asaad, uomo straordinario cui infatti lo spettacolo è stato dedicato. Come a dire: Atena è stata conosciuta duemila annifa da una parte del mondo mentre, ad oggi, un'altra parte ancora l'ignora. Ma anche il nostro mondo, se pensiamo ai genocidi della storia neanche da noi troppo lontana, talvolta l'ha dimenticata». Un allestimento di grande impatto e impegno che, dopo Napoli, andrà a toccare i teatri Verga di Catania, Argentina di Roma, Della Corte di Genova e Pergola di Firenze per narrare dall’unica storia sopravvissuta in Trilogia le sorti maledetti della stirpe degli Atridi, dall’assassinio del re Agamennone da parte della moglie Clitemnestra, alla vendetta, dieci anni dopo, del loro figlio Oreste che uccide la madre e il suo amante Egisto (cugino di Agamennone e unico tra i figli di Tieste sopravvissuto all’efferato pasto ordito dallo zio Atreo, per un banale sospetto di adulterio) fino alla persecuzione del matricida da parte delle Erinni e all’assoluzione di Oreste da parte del tribunale dell’Areopago. Cardine della storia, il figlio Oreste (Elettra in Eschilo, rispetto all’omonima tragedia sofoclea o a quella bizzarra di Euripide, esce quasi subito di scena, al verso 584 della tragedia centrale) entro una trama macchiata di sangue familiare e vendetta stretta tra vittime ed assassini lungo la scia dei Pelopidi e, di lì seguendo la discendenza maledetta, quella degli Atridi.

Nella prima modulazione eschilea, in linea con l’impegno politico e religioso dell’autore, l’interesse è puntato sull’azione, sul senso del divino e sulla stirpe, con conseguente primo piano su colui che materialmente compie giustizia attraverso il matricidio: il protagonista è infatti Oreste mentre, Elettra, è specchio di un dolore immenso, più che personale, del palazzo. In Sofocle sarà invece la donna a balzare in primo piano, scolpita com’è nel fuoco dei suoi sentimenti, mentre, in Euripide, in linea con il suo stile in controtendenza polarizzato sulle grandi figure femminili, Elettra diventa figura più umana e borghese, dal dolore psicologico, privata della nobiltà e della statuaria magnificenza sofoclea. I tre capolavori, diversissimi fra di loro, confluiranno nel teatro musicale in bilico fra Espressionismo e Simbolismo firmato Hofmannsthal-Strauss, con quell’Elettra “quasi Cassandra” visionaria (mutuata appunto dal primo dei tre pannelli tragici di Eschilo), creatura selvaggia che trascina la storia entro il dedalo sconvolto della sua mente. Unica quanto inedita la via di uscita, la morte attraverso la danza, a sigillo dell’unione fra la menade arcaica e la donna isterica moderna.

Ad interpretare i personaggi protagonisti della tragedia uno straordinario cast di primi attori: da Mariano Rigillo per il ruolo di Agamennone, a Elisabetta Pozzi per quello di Clitemnestra, Angela Pagano per la Prima Corifea, Gaia Aprea per Cassandra e Atena, Claudio Di Palma per Araldo e Apollo, Giacinto Palmarini per Oreste, Anna Teresa Rossini per Pizia, Paolo Serra per Egisto, Fabio Cocifoglia per il Secondo Corifeo, Paolo Cresta per il Quarto Corifeo e Servo, Dely De Majo per Cilissa e Nutrice, Francesca De Nicolais per la Seconda Corifea, Gianluca Musiu per il Terzo Corifeo, Pilade e Hermes, Federica Sandrini per Elettra, Dalal Suleiman per la Terza Corifea, Enzo Turrin per la Sentinella e il Primo Corifeo. Con loro, per una particolarità di indirizzo drammaturgico da segnalare e premiare per la ripresa di stasimi radicati sullo schema triadico di strofe, antistrofe ed epodo mirabilmente unendo poesia drammatica, intonazione sonora e gestualità coreutica, le danzatrici Chiara Barassi, Sibilla Celesia, Elena Cocci, Sara Lupoli, Marianna Moccia, Rossella Fusco della Compagnia di Danza Contemporanea Körper di Napoli diretta da Gennaro Cimmino. Danzatrici preparate e con nostro orgoglio apprezzate da una punta di diamante della coreografia contemporanea mondiale, l'israeliana Noa Wertheim, portata qui in Campania proprio da De Fusco per il Teatro Festival. Musiche originali di Ran Bagno, parimenti israeliano.

Obiettivo, tornare all’essenza più autentica della drammaturgia classica del V secolo a. C.: ossia, l’unione sinergica delle tre arti temporali, un modello di straordinaria intesa fra poesia, musica (canto leggermente intonato e ritmicamente scandito secondo la metrica quantitativa del verso) e danza (dei coreuti), spesso sfiorato (pensiamo alle riflessioni della Camerata fiorentina alle origini dell’opera o alla riforma di Gluck e Calzabigi del secondo Settecento, e fino all’idea rivoluzionaria della drammaturgia wagneriana ispirata unitamente alla struttura teatrale di Bayreuth a quel riferimento) ma, in realtà, mai più centrata nella perfezione degli esiti messi a segno dai massimi autori di quel tempo antichissimo. L'idea di De Fusco nasce appunto come confronto con l'alta tragedia classica utilizzando, come nel teatro greco, la parola, il canto, la danza per ridefinire un linguaggio di teatro totale: «Uno spettacolo – sottolinea il regista – per alcuni versi classico ma in realtà una messa in scena molto contemporanea, che rinnova lo stile di teatro/video già realizzato in Vestire gli ignudi, Antigone e Antonio e Cleopatra, nel quale si rinnova la felice collaborazione con gli artisti della Vertigo Dance Company di Tel Aviv».

Le scene sono di Maurizio Balò, i costumi di Zaira de Vincentiis, le luci di Gigi Saccomandi, il suono di Hubert Westkemper, l'adattamento vocale di Paolo Coletta e il video di Alessandro Papa.

La durata dello spettacolo è così ripartita

Agamennone 1 ora e 35 minuti

Coefore 55 minuti circa

Eumenidi 55 minuti circa

Calendario e orario delle rappresentazioni

Mar. 24 Nov. ore 19.30 - Agamennone / ore 21.30 - Coefore e Eumenidi

durata (1 ora e 35 minuti + Intervallo + 1 ora e 50 minuti)

Mer. 25 Nov. ore 21.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Gio. 26 Nov. ore 17.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Ven. 27 Nov. ore 21.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Sab. 28 Nov. ore 19.00 - Agamennone / Ore 21.00 - Coefore e Eumenidi

durata (1 ora e 35 minuti + intervallo + 1 ora e 50 minuti)

Dom. 29 Nov. Ore 18.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Mar. 1 Dic. 2015 Ore 21.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Mer. 02 Dic. ore 21.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Gio. 03 Dic. ore 17.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Ven. 04 Dic. ore 21.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Sab. 05 Dic. ore 19.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Dom. 06 Dic. ore 18.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Mar. 08 Dic. ore 18.00 - Agamennone / ore 20.15 - Coefore e Eumenidi

durata (1 ora e 35 minuti + intervallo + 1 ora e 50 minuti)

Mer. 09 Dic. ore 17.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Giov. 10 Dic. ore 17.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Ven. 11 Dic. ore 21.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Dom. 13 Dic. ore 18.00 – Agamennone (durata 1 ora e 35 minuti)

Mar. 15 Dic. ore 18.00 - Agamennone / Ore 20.00 - Coefore e Eumenidi

durata (1 ora e 35 minuti + intervallo + 1 ora e 50 minuti)

Mer. 16 Dic. ore 17.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Giov. 17 Dic. ore 17.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Ven. 18 Dic. ore 21.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Sab. 19 Dic. ore 19.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Dom. 20 Dic. ore 18.00 - Coefore e Eumenidi (durata 1 ora e 50 minuti)

Teatro Mercadante, Piazza Municipio, Napoli

Informazioni: tel. 081.5524214 | info @teatrostabilenapoli.it

www. teatrostabilenapoli.it

Biglietteria: tel. 081.5513396 | biglietteria @teatrostabilenapoli.it

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