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  • di Paola De Simone

Fra i temi in discussione al Question Time del Consiglio Comunale del 30 luglio mattina, a Palazzo San Giacomo, c’è il Progetto Museo di Napoli per la straordinaria raccolta di Gaetano Bonelli, giornalista originario del Vomero ed ex assessore alla Cultura del Comune di Marano. Bonelli che, da anni e a giusta ragione tra un’infinità di appelli e iniziative persino provocatorie, reclama una sede e una debita valorizzazione per un’immensa collezione di cimeli e pezzi unici, tutti di purissima tradizione meridionale.

Un’intera fetta di storia del Sud compresa fra il Cinquecento e la metà del secolo Ventesimo, a tutt’oggi stipata fra i cassetti della sua semplice abitazione, in provincia di Napoli: locandine, medaglie, stampe, quadri, cartoline di epoca garibaldina, oggetti vari e faldoni zeppi di documenti. Faldoni ad esempio contenenti i tariffari originali dell’epoca della Real fabbrica manifatturiera delle sete di San Leucio e le locandine del Teatro San Carlo pre e post-unitarie (materiale storico del tutto assente, si badi, nel sancarliano MeMus), per un totale di oltre 10.000 pezzi, raccolti in circa trent’anni di ricerche e di risparmi. In parallelo in quanto conservato da Roberto De Simone, quello di Bonelli è in pratica il più grande archivio privato atto a restituire una nuova memoria alla città di Napoli. Fra i pezzi più rari? Alcune matrici per la realizzazione delle carte da gioco, databili intorno al 1825 con tanto di giglio borbonico, una tombola di fine Ottocento, i primi libri scritti in dialetto napoletano risalenti al XVII secolo, la forchetta a quattro denti così come la volle Ferdinando di Borbone e così come il ciambellano Gennaro Spadaccini gliela realizzò per rendere più agevole il consumo della pasta e della pizza; un citofono “ante-litteram” per collegare tutte le stanze del Palazzo, manifesti teatrali, una scultura di Vincenzo Gemito, una ciabatta multipresa in porcellana, i contratti di locazione e alcuni dei primi biglietti del Teatro del Fondo oggi Mercadante, una giocata del lotto datata 4 gennaio 1834, una polizza per il fitto della casa di via Filangieri firmata dal compositore Saverio Mercadante, calendari di fine '800. Ma anche: un originalissimo menù stampato nel 1845 a Napoli per un congresso internazionale di scienziati (pappina al manzo, rilievo di pesce, uova, funghi alla provenzale, fritto di triglie, crema gelato e caffè), lo stato di famiglia di Achille Lauro, datato 1947 e con le marche da bollo con l’effigie del re Vittorio Emanuele, una carta che dimostra come negli anni Venti a Napoli si praticava la raccolta “porta a porta” della spazzatura. Tra le altre mirabilia: dai biglietti per salire sui primi tram a cavallo alle lettere autografe di Matilde Serao e di Enrico De Nicola, dai manifesti (1783) della prima mongolfiera (inventata a Napoli da Tiberio Cavallo che “dimenticò”, dicono, di registrarne il copyright) all’ultimo atto sovrano con cui Francesco di Borbone annunciava agli italiani «la vostra bandiera sarà a tre fasce verticali», dall’autografo di Eduardo Scarpetta alla prima locandina di Miseria e Nobiltà, fino al necrologio che gli americani diffusero nel 1921 alla morte del mitico tenore napoletano Enrico Caruso.

«Penso che ogni raccolta debba avere una propria missione, una missione didattica» spiega Gaetano Bonelli, proprietario e custode dell’archivio. Si era pensato, in occasione del Forum Internazionale delle Culture del 2013, a un allestimento in sinergia con le istituzioni e con quanti hanno a cuore la città per renderne fruibili i tesori ai turisti e soprattutto ai giovani. Poi, il nulla. A seguire però, nello scorso dicembre, l’Archivio Bonelli riceve finalmente un importante riconoscimento dalla Soprintendenza Archivistica per la Campania che ne evidenzia l’assoluta importanza secondo un ampio ventaglio di aree tematiche.

In merito, Bonelli infatti spiega: «vero e proprio unicum della raccolta è l’aspetto composito e multiforme. Non c’è argomento che non vi sia trattato e copiosamente documentato. È un repertorio ricco e affascinante che copre un arco di tempo che va dal ‘500 alla prima metà del secolo scorso. Tra le sezioni più ricche cito quelle del teatro, del cinema, dell’emigrazione, del commercio, del Banco di Napoli, dell’urbanistica e architettura, della fotografia, della ludica oltre alle sezioni religiosa, giuridica, dei trasporti, politica, delle curiosità e delle spigolature. Insomma, un vero e proprio universo napoletano».

Tutti coloro che hanno avuto la fortuna di toccare con mano l’unicità della raccolta Bonelli, dal Sindaco de Magistris all’attuale assessore alla Cultura di Napoli, Nino Daniele, dall’ex sovrintendente del San Carlo, Francesco Canessa, alla sottoscritta, non hanno avuto che parole di stupore e di ammirazione. Tanto più che, alle spalle, c’è l’autenticità di una passione che ha da sempre portato il giovane collezionista Bonelli ad investirvi quasi tutto ciò che guadagnava.

E così, negli obiettivi futuri, non vi è alcuno scopo lucro ma la sola, semplice richiesta, alle istituzioni napoletane e agli imprenditori, di aiutare a realizzare il suo sogno: «un Museo della Memoria che ricordi le cose belle che Napoli ha prodotto nei secoli. Poco più di quattrocento metri quadri, magari – conclude Gaetano Bonelli – in una delle tante, bellissime chiese sconsacrate della città».

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