«Io volevo la fama. Non vi mentirò. Io volevo brillare come una cometa, attraverso il cielo d’Europa. Ma soltanto in una maniera speciale. Con la musica. […] Questo mi è stato negato e, con esso, il senso di ogni cosa. Se non posso essere Mozart, allora non voglio essere niente». Al centro, l’esistenza e la follia – secondo la reinvenzione Amadeus (1978) di Peter Shaffer – di Antonio Salieri, compositore originario del veronese (nasce a Legnago nel 1750 ma per lo più vive a Vienna dove, colpito da una grave malattia mentale, sarebbe morto nel 1825), autore di oltre quaranta titoli teatrali (fra i più celebri, Les Danaïdes) e di numerose partiture sacre, sinfoniche e da camera entro un ultimo Settecento non minore ma oscurato da astri ben più luminosi e acclamati di lui. Ebbene, sempre secondo la rilettura del drammaturgo inglese classe 1926, mentre Salieri (maestro tra l’altro di Beethoven, Schubert e Liszt) stava lasciando l’Italia, ecco arrivare sui palcoscenici e nelle maggiori sale d’Europa «un giovane prodigio. Un virtuoso eccezionale, di dieci anni. Wolfgang Amadeus Mozart».
Ed è a questo punto che, fra le premesse enunciate in esordio fra le righe del suo remake letterario, vi fa scattare la molla omicida. «E ora! Mie graziose signore! Cortesi signori! Ecco a voi – per una sera soltanto – la mia ultima composizione intitolata La morte di Mozart – ovvero, sono stato io?... Dedicata ai posteri in questa ultima notte della mia vita!».
Odio e aspirazioni mancate, gelosia e amor proprio, senso d’impotenza artistica e un amore, forse male indirizzato, per la musica. È il Salieri “noir”, scolpito al negativo a partire dalla reinvenzione narrativa di Puškin (Mozart e Salieri), da lì rimbalzato nel testo di Shaffer e a seguire reso celebre nel 1984 dall’insuperata metamorfosi per il grande schermo (sempre dal titolo “Amadeus”) di Milos Forman. Ebbene, in ulteriore rielaborazione, ora è sulla scena quale pièce teatral-musicale, ma in versione di concerto, con la voce recitante di Luca Barbereschi (nelle foto sopra). Gli appuntamenti sono per martedì 28 e mercoledì 29 luglio (ore 20) al Lirico napoletano, nella formula realizzata dallo stesso direttore d’orchestra, John Axelrod, per il San Carlo Opera Festival, quindi in successiva rappresentazione, giovedì 30 con pari protagonisti, sul Belvedere di Villa Rufolo per il Ravello Festival.
Sul palcoscenico del San Carlo l’attore Barbareschi, dopo aver già interpretato in passato lo stesso ruolo nella versione in prosa dell'Amadeus di Roman Polanski, darà dunque nuova voce al rivale del genio di Salisburgo, a sua volta affidato a Francesco Bonomo mentre Dajana Roncione sarà Costanza. In campo, dunque, la storia di una feroce gelosia, nata nel cuore e nella mente sconvolta del compositore Salieri che, stando alla rielaborazione letteraria di Puškin poi ripresa da Shaffer, arriva per gelosia e invidia ad avvelenare l’allora trentacinquenne Mozart pur di essere ricordato dai posteri, se non come musicista, almeno come assassino.
«Mi sembrava interessante rifare Amadeus dopo tanto tempo e alla luce di tanta esperienza di teatro accumulata in questi anni» afferma in merito Luca Barbareschi. Mettere in scena questo spettacolo? È stata un’impresa colossale, uno dei maggiori successi degli ultimi anni in cui ho avuto il privilegio di essere diretto da uno dei più grandi registi del mondo, Polanski, con i costumi del Premio Oscar Milena Canonero. Sono felice ed emozionato – confessa, nonostante qualche tensione durante una delle ultime prove – di partecipare nuovamente a questa avventura in una cornice straordinaria come quella del Teatro San Carlo di Napoli. Un Amadeus sicuramente diverso nella concezione scenica rispetto al "mio", pur sempre restando una storia di invidia e gelosia, un racconto di sentimenti universali, senza tempo».
«Tutti conoscono Mozart. E molti conoscono Amadeus, il film vincitore del premio Oscar diretto da Milos Forman e basato sull’opera di Peter Shaffer» aggiunge lo straordinario direttore d’orchestra John Axelrod (sotto, nella foto di Francesco Squeglia).
«Chi, a cominciare da noi, non ha mai invidiato il talento di questi grandi? Ciò che rende Amadeus così efficace non è la caratterizzazione delle figure storiche, non la mera riproposizione della musica di Mozart, ma il fatto che dimostri come la musica sia più grande di ognuno di noi, al punto da consentire a un uomo - per quanto ribelle e apparentemente normale - di ricreare la vera voce di Dio. La voce di Dio: è così che Salieri descrive la musica di Mozart. Ed ecco che la pièce – conclude il maestro – offre uno spettacolo dal nuovo format: in sospensione fra teatro e musica, fra repertorio lirico e sinfonico, oltre la nozione tradizionale del concerto, in cui la storia segue la musica, come la musica segue il testo e dove i costumi sono reali, lasciando che il film prenda vita. Il suono, intanto, allude alla voce di Dio: con un respiro».
John Axelrod, oltre ad aver curato la versione da concerto della pièce su musiche di Mozart, sarà nell’occasione alla testa di Orchestra e Coro (preparato da Marco Faelli) del San Carlo, nonché al pianoforte. Le voci soliste sono di Marie-Pierre Roy (soprano), Eva Vogel (mezzosoprano), Alexander Kaimbacher (tenore) e Thomas Tatzl (basso).