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  • Paola De Simone

«Una serata speciale e una grande scenografia per una musica bellissima: è con simili occasioni che il Teatro San Carlo – commenta il sindaco Luigi de Magistris alla “prima” della Fanciulla del West di Giacomo Puccini, in nuova edizione (nelle foto di Luciano Romano) e in apertura della Stagione d’Opera e di Balletto 2017-18 del Lirico partenopeo – si conferma fra i massimi punti di eccellenza della cultura della nostra città. Napoli sta infatti tentando il suo rilancio innanzitutto attraverso tale percorso. Per noi – ribadisce – l'arte e la cultura sono elementi assolutamente fondamentali, per questo cercheremo di fare sempre di più e sempre meglio. Proporre più Settecento? Il nostro patrimonio storico-artistico e musicale è immenso, ma del San Carlo io sono il presidente e, dunque, la scelta spetta alla direzione artistica. Ad ogni modo – conclude il primo cittadino - le nostre intenzioni sono sempre state, e qui lo sottolineo ancora una volta, puntare sui nostri migliori tesori, su tali eventi e sulle nostre più valide risorse umane».

Intorno a lui - in un Palco reale finalmente dotato di sedie in legno e velluto nuove (nella foto accanto) e non più nell’orrendo per quanto griffato plexiglass - in sobria eleganza e pur in assenza dei ministri Dario Franceschini, Roberta Pinotti e del sottosegretario Maria

Elena Boschi, c’è il gruppo istituzionale delle grandi occasioni, con l'unico ministro in sala Claudio De Vincenti, il segretario generale della Presidenza del Consiglio Paolo Aquilanti, il giudice costituzionale Giuliano Amato (il cui figlio Lorenzo è di casa al San Carlo in qualità di consulente alla direzione artistica e alla programmazione), il Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone, il Prefetto Carmela Pagano, il governatore Vincenzo De Luca.

E ancora, sebbene il Teatro fra palchi e platea non sia del tutto pieno, a rendere più brillante la serata concorrono (nelle foto a seguire) sia l’esposizione nel foyer antico di undici storiche gemme più l’inedito “Velario” a cura della Compagnia dei Diamanti, sia l’esposizione fotografica nella Galleria delle Carrozze dedicata alle meravigliose stazioni d’arte della Metropolitana di Napoli. Quindi, una cena esclusiva per 200 persone con menù gourmet dall’inconfondibile marchio campano, targato dall’eccellente ditta Scaturchio stabilmente ospitata nel nuovo foyer realizzato in luogo della cassa acustica sottostante la platea: crema di ricotta allo stufato amalfitano con punte di asparagi casertani in cialda croccante e datterino giallo del Vesuvio, un risotto ai funghi porcini con fonduta di caciocavallo affumicato di Agerola e polvere di tartufo nero irpino, morbido di maiale con caponatina di verdure in agrodolce, uno sgroppino al limone con fragole di bosco e il classico babà Scaturchio con cremoso al cioccolato fondente con spezie natalizie.

La più alta risposta agli obiettivi dell’impegno per la qualità culturale auspicata qui ad incipit dal sindaco-presidente arrivava intanto, sin dalle prime battute e a parte l’ottimamente calibrata quanto efficacissima visione scenico-registica di Hugo De Ana con le belle luci di Vinicio Cheli, dal golfo mistico. Luogo dove, a rileggere in formula preziosa e veramente aggiornata dopo 42 anni di assenza un titolo neanche troppo ideale per un’inaugurazione di Stagione e che a Napoli poco appartiene, c’era sul podio il Direttore Musicale di recente nomina (ottobre 2016) Juraj Valčuha, alla sua prima inaugurazione lirica sancarliana, alla sua prima “Fanciulla” e alla testa di un’Orchestra del Teatro San Carlo in splendida quanto rimpolpata forma con aggiunti di varia estrazione (sotto, nella foto di Luciano Romano). In sinergia, quanto in via autonoma, dal Golden West di Belasco rivisitato da De Ana in appropriata chiave primonovecentesca e lavorando a partire dai sentimenti, motore-chiave dell’intero spettacolo coprodotto con l’Opera Abao-Olbe di Bilbao è stata infatti una direzione d’orchestra in grado di restituire nella formula più intelligente, puntuale e raffinata possibile l’esatta dimensione drammaturgico-musicale della complessa partitura pucciniana. In termini di atmosfere e di immagini, di scavo dell’azione e di ago fra le relazioni, attraversando, con pari rigore e saldo controllo delle dinamiche, le molteplici impennate di fuoco come i momenti dolcissimi, vicini all’incanto di un sogno.

Era quanto da Valčuha dichiarato e promesso nei giorni alla vigilia della première. E così è stato, con un’attenzione calibrata al millesimo per ogni attacco, tema o dettaglio in pentagramma, riuscendo a rendere totalmente coeso il pur eterogeneo organico e a controllarne i livelli sonori per lasciar affiorare, secondo quanto di volta in volta prescritto dal compositore lucchese, la specifica connotazione timbrica: dalla dorata magia delle arpe (bravissima Antonella Valenti con l’ottima Viviana Durante, più Marcella Lamberti per quella interna ad effetto banjo) alle ombre più cupe assegnate agli archi gravi guidati dal primo violoncello Luca Signorini e dal primo contrabbasso Ermanno Calzolari, ai legni scuri (ottima l’intera fila dei fagotti), dallo splendore per il tema del bacio ai tanti rilievi giocati fra le percussioni molteplici o distillati dagli altri fiati fra i quali si citano, almeno, il primo clarinetto Luca Sartori e il primo corno Ricardo Serrano. Con punte di particolare emozione raggiunte nel surreale Valzer battuto in due e nel duetto del primo bacio, nella suggestiva bufera di neve proiettata in video, nel giro di vite della feroce partita a poker, nella caccia all’uomo e nel finale con salvataggio in extremis. Il tutto, esattamente centrando e proiettando attraverso il prisma sinfonico quell’incontro miracoloso fra la grande tradizione melodrammatica italiana e i più moderni linguaggi musicali del primo Novecento, dall’Impressionismo francese alle laceranti tensioni dell’Espressionismo della Mitteleuropa, ma anche, guardando a Stravinskij, Malipiero e a Casella. Ed in pari ricerca di una non facile gamma dinamico-timbrica ha coinvolto anche il Coro maschile della Fondazione, ben preparato da Marco Faelli.

Quanto alle voci protagoniste, di qualità differente ma tutte applaudite con pari entusiasmo dal pubblico, si premia sugli altri con lode lo sceriffo Rance del baritono Claudio Sgura che, oltre alla sicurezza scenica, ha costantemente sfoderato un timbro appropriato e sonoro, sempre corretto per dizione, fiati e intonazione, quanto mirato fonicamente a scoprire un uomo d’onore e dunque migliore – per quanto dal regista spinto fin quasi allo stupro di Minnie – rispetto al ruolo parallelo dell’odiosissimo Scarpia di Tosca. In seconda posizione si segnala quindi la prova del tenore Roberto Aronica per il bandito-amante Dick Johnson/Ramerrez, divaricata fra una convincente piena emotiva in scena e le linee di un canto piuttosto asciutto, ma almeno sempre ben fermo e omogeneo. Stando poi alla fama e alla carta, la scelta dell'interprete per il ruolo del titolo sembrava ideale ma all’ascolto, la voce del soprano Emily Magee nella Minnie inaugurale, evidentemente non passata indenne attraverso il declamato estremo dei non pochi capolavori dell’era moderna fin qui cantati su importanti palcoscenici internazionali, ha offerto al suo debutto partenopeo esiti alterni e soprattutto mal collegati fra i registri così come fra i rari momenti di giusta tempra pucciniana e i costanti affondi a pasta acida, con parole quasi mai chiare a fronte di un buon temperamento drammatico, suoni più lessemi al grave per lo più incomprensibili e acuti prossimi all’urlo verista.

Ben scolpiti tutti gli altri, numerosi personaggi in campo, dal Nick di Bruno Lazzaretti all’Ashby e al Sonora rispettivamente assegnati a John Paul Huckle e Gianfranco Montresor, quindi Paolo Orecchia per Sid, Antonello Ceron per Trin, Tommaso Barea per Bello, Orlando Polidoro per Harry, un bravo Enrico Cossutta per Joe, Ivan Marino per Happy, Donato Di Gioia per Larkens, Enrico Marchesini per l’indiano Billy Jackrabbit, la validissima Alessandra Visentin per l’indiana Wowkle, Carlo Checchi per il cantastorie Jake Wallace, Francesco Musinu per José Castro e Armando Valentino per un postiglione. Si replica fino a domenica 17 dicembre.

Si vieta la riproduzione dell'articolo e di ogni altra sua parte

Sabato 9 dicembre alle ore 19

Teatro di San Carlo

Inaugurazione della Stagione d'Opera e di Balletto 2017-18

La fanciulla del West

Opera in tre atti

Musica di Giacomo Puccini

Libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini

Dal dramma di David Belasco, “The Girl of the Golden West”

Prima rappresentazione

New York, Metropolitan Opera, 10 dicembre 1910

Direttore: Juraj Valčuha

Maestro del Coro: Marco Faelli

Regia, scene e costumi: Hugo De Ana

Light designer: Vinicio Cheli

Interpreti

Emily Magee / Rebeka Lokar Minnie

Claudio Sgura Jack Rance

Roberto Aronica / Marco Berti Dick Johnson

Bruno Lazzaretti Nick

John Paul Huckle Ashby

Gianfranco Montresor Sonora

Paolo Orecchia Sid

Antonello Ceron Trin

Tommaso Barea Bello

Orlando Polidoro Harry

Enrico Cossutta Joe

Ivan Marino Happy

Donato Di Gioia Larkens

Enrico Marchesini Billy Jackrabbit

Alessandra Visentin Wowkle

Carlo Checchi Jake Wallace

Francesco Musinu José Castro

Armando Valentino Un postiglione

Orchestra e Coro del Teatro di San Carlo

Nuova produzione del Teatro di San Carlo

in coproduzione con Abao Olbe - Opera di Bilbao

Repliche

Martedì 12 dicembre alle ore 20

Mercoledì 13 dicembre alle ore 18

Venerdì 15 dicembre alle ore 20

Sabato 16 dicembre alle ore 20

Domenica 17 dicembre alle ore 17

Info e biglietteria: 0817972331 – 412

www.teatrosancarlo.it

Teatro di San Carlo – via San Carlo 98f, Napoli

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