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Introduzione

Omaggio al Maestro Aladino Di Martino (1908-1989)

nel centenario della nascita

 

        Un uomo d’altri tempi: gentile, di generosa umiltà, di statura minuta, disponibile e sempre sorridente con tutti. Comprensivo quanto ferreo nel rispetto per i valori umani più autentici e per il rigore assoluto dell’alta disciplina: nella vita, come in un’arte dell’armonia e dei colori del suono svelata ai tanti allievi che ebbero il privilegio di conoscerlo e frequentarne le genuine lezioni.

Aladino Di Martino, nato all’aurora del secolo delle avanguardie e delle grandi guerre in un antico borgo del Molise e, lì, scomparso diciannove anni fa dopo una carriera compositiva e didattica intensamente vissuta nel e per il Mezzogiorno musicale d’Italia eleggendone quale fulcro e residenza Napoli, la città del Golfo dalle gloriose radici teatrali e sonore, fu musicista e didatta illustre: una delle ultime figure di primo piano della tradizione e della Scuola musicale napoletana. Scuola del Sud che con lui, napoletano d’adozione diplomatosi al Conservatorio partenopeo di “San Pietro a Majella” seguendo gli insegnamenti di Gennaro Napoli in era Francesco Cilea, e lì tornato dopo un quarantennio ma in qualità di docente e poi di Direttore, avrebbe trovato una guida sapiente sia per l’elaborazione di un versatile linguaggio creativo, che per gli insegnamenti di Armonia, Contrappunto ed alta Composizione. E, ancora, per le direzioni del Conservatorio “Umberto Giordano” di Foggia e del “Cilea” di Reggio Calabria, all’epoca Istituti Musicali Pareggiati; quindi, del “Cimarosa” di Avellino e appunto del “San Pietro a Majella” di Napoli. A Foggia, dove avrebbe incontrato la sua compagna di vita e di arte, Maria De Rienzo, è inoltre ricordato anche come direttore d’orchestra dal gesto efficace e direttore artistico dell’Associazione Amici della Musica.

          E’ tuttavia nell’ambito della didattica e della composizione che vanno rintracciati gli esiti maggiormente significativi nel quadro della vita musicale italiana degli ultimi decenni, attraverso il non facile tentativo di metterne per la prima volta insieme i principali tasselli biografici ed artistici fino a restituire contro l’assurdo vuoto lasciato nei principali repertori bibliografici una prima concreta quanto doverosa testimonianza di quel che il Maestro Di Martino, grande assente nei testi sin qui dedicati alla musica, ha rappresentato tanto per i musicisti delle nuove generazioni che per la stessa storia del settore ad esempio nell’ottica delle programmazioni coeve o attraverso le pagine scritte ad hoc per un organico oggi non più esistente quale l’Orchestra della Rai di Napoli. Ad attestarne la passione e la valenza sempre ribadite dalle recensioni raccolte nel tempo, oggi, restano pertanto i suoi allievi e i suoi lavori, entrambi alimentati con cure scrupolose nell’arco di una carriera artistica durata, senza battute d’arresto, oltre mezzo secolo e terminata con un’uscita di scena quasi “in punta di piedi”, emblematicamente in linea con il garbo di uno stile di vita discreto, essenziale, saggiamente al riparo dai facili clamori.

          Al di là della considerevole varietà degli intenti e dei generi trattati – si citano almeno le partiture per il teatro La caccia al lupo su libretto di Vittorio Viviani e Le sette cotenelle, farsa inedita su testo proprio in napoletano antico tratto dai celebri  cunti del Basile, la Ballata per coro misto, voce recitante e orchestra sui versi di Ugo Betti; la Cantata Nel giorno del Giudizio su testo di Cummings, le numerose pagine vocali, per orchestra, da camera o per un solo strumento, fra cui la Toccata per pianoforte, la Suite per violino e pianoforte  o l’Adagio e Allegro per violino, violoncello e pianoforte – potrebbe infatti dirsi unica la cifra peculiare del corpus di opere a firma del Maestro.

          Una cifra riconoscibile nella fervida inventiva, nella tecnica salda e brillante, nello stile semplice ma raffinato, nella continua ricerca timbrica, nella sintetica funzionalità tra forma e contenuti e, soprattutto, nella consapevole assimilazione delle soluzioni più aggiornate – serialità compresa – fecondate e sublimate in uno stile personalissimo, sagace interprete e anello di congiunzione fra la tradizione degli antichi percorsi compositivi e le prospettive future della Scuola musicale napoletana.  

 

Paola De Simone

 

 

 

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